I boscaioli canadesi placcano Tonga
Scappare in avanti di dieci punti, ritrovarsi al punto di partenza per poi andare sotto e invece dare la zampata finale nell’ultimo quarto, come si comanda ad una squadra che non ha alcuna intenzione di mollare il mazzo. Il Canada si è regalato un’importante e storica vittoria al suo debutto in questo Mondiale dove sosta nella Pool A, quella che contiene gli All Blacks, la Francia, il Giappone e Tonga, sconfitta a Whangarei per 25-20 e mettendo a segno tre mete contro le due dei pacifici.
La prima, quella ha rotto il giacchio, l’ha firmata la seconda linea Jebb Sinclair al 12’, quando DTH van der Merwe (in forza ai Glasgow Warriors) fugge ai placcaggi (chiamiamoli così) degli avversari per servire il collega di reparto Ryan Smith. Sinclair ha chiuso la catena. L’estremo tongano Kurt Morath sbaglia due calci che alla fine dei conti sarebbero stati pesantucci, alla luce anche dei penalty che i canadesi concederanno a Tonga nel secondo tempo, quando la bilancia della partita cambia momentaneamente verso.
Il dirimpettaio James Pritchard invece allunga dalla piazzola per il +10 al 25’ e Tonga comincia a legarsela al dito, chiudendo il primo tempo con la marcatura pesante del centro Siale Piutau che chiude al meglio dopo 15 fasi di gioco che i Canucks non riescono ad arrestare. Si va negli spogliatoi sul 10-7 pro Canada, destinato a diventare pareggio una volta rientrate in campo le due squadre. Prima va di piede Morath, un minuto dopo (43’) Pritchard riporta avanti i suoi.
I tongani continuano a non placcare (scene già viste contro la Nuova Zelanda) salvo poi presentarsi di prepotenza quando i canadesi hanno combinato già più fasi di gioco e alla lunga smarriscono il focus: gli isolani si lanciano tra le linee con armadi e comodini incorporati e in qualche modo riescono a fare loro il possesso, forzando gli errori dall’altra parte. Sono anche nervosi, si mettono a gesticolare in rimessa laterale imponendo loro stessi ai canadesi le distanze secondo regolamento, anziché attendere che siano arbitro e guardalinee a intervenire.
Però passano, con un incrocio nei 22 avversari che permette al solito Pitau di andare a marcare nei pressi dei pali al 52’ per il 17-13 che diventa 20-13 grazie ad un altro penalty di Morath.
I Canucks si buttano all’arrembaggio, tentando di velocizzare il gioco fuori dai raggruppamenti e si affidano alle forze fresche del mediano arrivato dalla panchina Conor Trainor che serve al 66’ l’ovale che riapre definitivamente i giochi al Numero 8 Aaron Carpenter con una dritta percussione nei 22. Pritchard manca la conversione, ma a sette dalla fine, con l’inerzia canadese che non cessa (e i placcaggi tongani che rimangono dispersi), arriva chirurgicamente la meta dell’ala Phil Mackenzie, che mette in mostra una buona rapidità di piedi per cambiare passo quando si ritrova quasi ingabbiato. Il biondo ossigenato viene abbracciato dai compagni che sanno di essere ad un passo dal concludere la missione.
Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che abbiamo noi prima di andare in Canada/ che ben sicuri mai non siamo che quel posto dove andiamo non c'inghiotte e non torniamo più. Ecco, questo è quello che si sentiva in testa un po' di mesi fa quando il Canada, terra che ha mantenuto una buona tradizione rugbystica anche dopo l'esplosione del football nei vicini USA, aveva asfaltato l'Italia A per 26 a 12 nella Churchill Cup. Se ascoltassero – e capissero - anche Paolo Conte a Tonga e non solo quelle danze etniche che eseguono in ogni momento della giornata, di sicuro l'avrebbero in mente anche loro oggi. E a vedere le facce un po' così, le espressioni un po' così che hanno gli avanti canadesi, un pack di boscaioli cappuccini arrabbiati... chi se le scorda più? Gente come Sinclair – autore di una meta e un futuro ai London Irish – o Adam Kleeberger, barbe chilometriche e placcaggi (14 per lui) che arrivano dappertutto.
A dire il vero, anche mani e piedi che vanno dappertutto e senza regole in ruck... l'indisciplina canadese ha dato una buona mano a Tonga. Un numero 8, Carpenter (e qui ritorna il motivo del legno, del falegname, ma anche di San Giuseppe, visto che sembrano boscaioli ma anche cappuccini, cristiani) che gioca nella RFU Championship in Inghilterra, che dirige la mischia, placca (11) e segna. Piloni che placcano come terze (una ventina di placcaggi i titolari), ma in generale è tutta la squadra a placcare (con percentuali del 90%), ad aggrapparsi agli isolani che non per una volta non riescono ad andare avanti con gli offload.
Qualità e corsa tra i trequarti, con DTH van der Merwe dei Glasgow Warriors e Mackenzie, di Esher, autore di una meta oggi. E poi il piede, quello di Pritchard, dei Northampton Saints, che va a condire molte cose buone dei suoi aggiungendo punti al tabellino e quello dell'apertura Ander Monro, passato anche da Colorno, che ha segnato un drop alla nostra rappresentativa A a giugno.
Grazie a Dio ci sono capitati gli Statunitensi. Grazie a Dio.
Carlo M.
Ps: e grazie a Dio i canadesi ci hanno lasciato Robert Barbieri.
La prima, quella ha rotto il giacchio, l’ha firmata la seconda linea Jebb Sinclair al 12’, quando DTH van der Merwe (in forza ai Glasgow Warriors) fugge ai placcaggi (chiamiamoli così) degli avversari per servire il collega di reparto Ryan Smith. Sinclair ha chiuso la catena. L’estremo tongano Kurt Morath sbaglia due calci che alla fine dei conti sarebbero stati pesantucci, alla luce anche dei penalty che i canadesi concederanno a Tonga nel secondo tempo, quando la bilancia della partita cambia momentaneamente verso.
Il dirimpettaio James Pritchard invece allunga dalla piazzola per il +10 al 25’ e Tonga comincia a legarsela al dito, chiudendo il primo tempo con la marcatura pesante del centro Siale Piutau che chiude al meglio dopo 15 fasi di gioco che i Canucks non riescono ad arrestare. Si va negli spogliatoi sul 10-7 pro Canada, destinato a diventare pareggio una volta rientrate in campo le due squadre. Prima va di piede Morath, un minuto dopo (43’) Pritchard riporta avanti i suoi.
I tongani continuano a non placcare (scene già viste contro la Nuova Zelanda) salvo poi presentarsi di prepotenza quando i canadesi hanno combinato già più fasi di gioco e alla lunga smarriscono il focus: gli isolani si lanciano tra le linee con armadi e comodini incorporati e in qualche modo riescono a fare loro il possesso, forzando gli errori dall’altra parte. Sono anche nervosi, si mettono a gesticolare in rimessa laterale imponendo loro stessi ai canadesi le distanze secondo regolamento, anziché attendere che siano arbitro e guardalinee a intervenire.
Però passano, con un incrocio nei 22 avversari che permette al solito Pitau di andare a marcare nei pressi dei pali al 52’ per il 17-13 che diventa 20-13 grazie ad un altro penalty di Morath.
I Canucks si buttano all’arrembaggio, tentando di velocizzare il gioco fuori dai raggruppamenti e si affidano alle forze fresche del mediano arrivato dalla panchina Conor Trainor che serve al 66’ l’ovale che riapre definitivamente i giochi al Numero 8 Aaron Carpenter con una dritta percussione nei 22. Pritchard manca la conversione, ma a sette dalla fine, con l’inerzia canadese che non cessa (e i placcaggi tongani che rimangono dispersi), arriva chirurgicamente la meta dell’ala Phil Mackenzie, che mette in mostra una buona rapidità di piedi per cambiare passo quando si ritrova quasi ingabbiato. Il biondo ossigenato viene abbracciato dai compagni che sanno di essere ad un passo dal concludere la missione.
Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che abbiamo noi prima di andare in Canada/ che ben sicuri mai non siamo che quel posto dove andiamo non c'inghiotte e non torniamo più. Ecco, questo è quello che si sentiva in testa un po' di mesi fa quando il Canada, terra che ha mantenuto una buona tradizione rugbystica anche dopo l'esplosione del football nei vicini USA, aveva asfaltato l'Italia A per 26 a 12 nella Churchill Cup. Se ascoltassero – e capissero - anche Paolo Conte a Tonga e non solo quelle danze etniche che eseguono in ogni momento della giornata, di sicuro l'avrebbero in mente anche loro oggi. E a vedere le facce un po' così, le espressioni un po' così che hanno gli avanti canadesi, un pack di boscaioli cappuccini arrabbiati... chi se le scorda più? Gente come Sinclair – autore di una meta e un futuro ai London Irish – o Adam Kleeberger, barbe chilometriche e placcaggi (14 per lui) che arrivano dappertutto.
A dire il vero, anche mani e piedi che vanno dappertutto e senza regole in ruck... l'indisciplina canadese ha dato una buona mano a Tonga. Un numero 8, Carpenter (e qui ritorna il motivo del legno, del falegname, ma anche di San Giuseppe, visto che sembrano boscaioli ma anche cappuccini, cristiani) che gioca nella RFU Championship in Inghilterra, che dirige la mischia, placca (11) e segna. Piloni che placcano come terze (una ventina di placcaggi i titolari), ma in generale è tutta la squadra a placcare (con percentuali del 90%), ad aggrapparsi agli isolani che non per una volta non riescono ad andare avanti con gli offload.
Qualità e corsa tra i trequarti, con DTH van der Merwe dei Glasgow Warriors e Mackenzie, di Esher, autore di una meta oggi. E poi il piede, quello di Pritchard, dei Northampton Saints, che va a condire molte cose buone dei suoi aggiungendo punti al tabellino e quello dell'apertura Ander Monro, passato anche da Colorno, che ha segnato un drop alla nostra rappresentativa A a giugno.
Grazie a Dio ci sono capitati gli Statunitensi. Grazie a Dio.
Carlo M.
Ps: e grazie a Dio i canadesi ci hanno lasciato Robert Barbieri.
13 commenti:
Bello. la vedo giusto come te.
E' stata una sorpresa per gli allibratori, che davano i Canucks vincenti su Tonga a 3.35 e qualcuno (mio cuggino) che sapeva di Churchill Cup e dei warm up con Usa e Barbarians australiani, ne ha saputo approfittare ;)
(detto in altre parole: chi segue questo blog con assiduità, capace che CI GUADAGNA)
E dunque lascia una fetta a questo blog, giusto?
GIUSTO: le commissioni ... :)
Che poi nel 2011 questo sport sa regalare sempre qualcosa di bello. Perché barbone Kleeberger nel 2010 dopo due apparizioni ad Auckland è tornato in Canada - causa infortunio - dove ha prestato servizio per la University on Victoria nella British Columbia Premier League. Un po' di bianco e nero aggiornato all'era del 3D. Altro che le scarne cifre di Pierantozzi...
tra l'altro nel ranking IRB il Canada sale a 77.73 punti e per poco non ci supera..
Vince
Bellissimo pezzo, congrtulazioni...! e fino ad un'oretta fa ero d'accordissimo con la conclusione.
Leggendo i tweet e i commenti sulla prima metà di USA-RUS, non ne sono più così sicuro......! In realtà io ho una grandissima paura che l'Italrugby prenda sottogamba i prossimi due match, e poi non mi stupirebbe se vincessimo con l'Irlanda...!
Lo so che nel rugby vince chi è più forte, ma sarebbe proprio tipico nostro....!!!
Spero di sbagliarmi....!
Vince, l'ho già detto da qualche parte (forse sul Tumblr) ma conviene andarci cauti col ranking in queste fasi, coi punti che valgono doppio, ogni settimana sarà shakeout. Alla fine della guerra invece ...
Ciò detto, il Canada va più che bene e si confronta tranqui con noi e soprattutto Giappone.
Mah Stork, dopo due di orette, lo ridiresti?
A mio avviso gli Usa si riconfermano squadra certo ben organizzata, ma molto meno concreta e soprattutto disciplinata dei Canucks, dalla quale han perso meno di un mese fa due volte di fila.
Il rischio "classico" per l'Italia con 'ste qui a mio avviso è il contrario del sottogamba, è l'eccesso di "irrigidimento", la cautela eccessiva.
Dal mio punto di vista, sarò anche un irresponsabili facilone, ma la visione di Russia Usa, passati i primi 30 minuti è stata abbastanza rassicurante: chiari punti deboli e soprattutto ben identificati punti di forza (da svellere) e poche strade alternative per entrambe.
Vanno affrontate col massimo rispetto, ma se non ci beviamo il cervello stile secondi venti minuti con il Giappone, potremmo agevolmente sfruttare tali punti deboli.
A mio avviso l'ideale sarebbe di farlo risparmiando le risorse nostre più pregiate
Ideale a mio avviso sarebbe che i Parisse, Semenzato, Castro, Masi, Canale etc. giocassero 40-60 minuti su 160 complessivi delle due prossime gare. My idea.
Purtroppo, ripensando al Giappone e al finale con l'Australia, c'è da temere i buchi mental-esperienziali di Gori, Bocchino e di altri trequarti di riserva.
Benvenuto a Stork, che è arrivato a RR dalla succursale che tiene il sottoscritto (http://www.linkiesta.it/blogs/club-house) dove lo spirito è lo stesso e infatti non si chiama Bar Sport ;)
Con gli USA scendere in campo tranquilli, concentrati e pazientare se questi tentano da subito una frustata: oggi nella ripresa praticamente non hanno messo piede nella metà campo russo nell'ultimo quarto, eccezione per un paio di occasioni naufragate. E' un po' come la Scozia pre Robinson, quando manovravano e facevano tutto da soli: prima avanzavano, poi regalavano il possesso. Certo bisogna tenere alta la guarda in difesa, ma quello in ogni match.
o la vedrei in un modo un po' diverso, ringo.
Pazienza? Ci mancherebbe solo che l'iniziativa la dessimo a loro, sorry ma abbiamo uno status da difendere.
Loro han mostrato di avere una gran terza linea e dei centri che, se gli dai spazio, prima o poi qualcosa combinano. Ergo, vanno ASSORBITI. E sgretolati, dominando le fasi statiche.
Scozia insegna, con la Georgia: ci si deve rimboccar le maniche e immergesi con voluttà nel lavoro "sporco". Purtroppo non ci sono scorciatoie.
Mitigato da un po' di sano gioco tattico, per far tornare indietro il loro pack ogni volta che guadagnano campo (frustration).
Poi ci vorrebbe uno che centra i piazzati ma pazienza, mal che vada al limite si può provare a guadagnar rimesse e poi via di maul.
Puntare a marcare due mete nel primo tempo partendo determinati, una col pack e una su rapido rovesciamento di fronte, e passa la paura.
Per pazienza non intendo lasciare l'iniziativa agli americani. Per pazienza intendo proprio quel rimboccarsi le maniche per darsi al lavoro sporco. E disciplina.
bah sai, qui nessuno ha ragione per definizione, sulla carta ognuno di noi può dire la sua e confrontarci. Da bravi "mediani da salotto" :)
Tanto poi sono quelli in campo che eseguono quello che sanno, a volte quel che han preparato, spesso quel che viene.
E' una questione di semantica, via. Che spreco.
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