Arriba Brunel
Nei report sulla presentazione ufficiale del nuovo Responsabile Tecnico della Nazionale Azzurra di rugby Jaques Brunel, avvenuta stamane a Bologna, i paragoni enfatici si sprecano. C'è quello che evoca James Bond, l'altro Winston Wolf il "risolvi-problemi" di Pulp Fiction; ubi major minor cessat, straccia tutti il corrispondente della Gazzetta dello Sport che paragona il nostro ad Asterix. Forse scordando la sua connotazione anti-romana ...
Morto un papa, ne arriva uno nuovo, accompagnato da quel certo tocco di stupefatta provincia celebrante stile applausi all'atterraggio che dai cantori del rugby nazional-popolare purtroppo non ci vien mai fatto mancare. Analoga fu l'accoglienza riservata al suo predecessore quattro anni prima, per chi la ricorda; salvo poi accusarlo di ogni nefanda incompetenza dopo un po' di delusioni, inevitabili appena i problemi di fondo del movimento inizino fatalmente ad emergere.
Non vogliamo esser freddi col tecnico Guascone (per nascita - proprio nel dipartimento del Gers, quello di d'Artagnan - e non certo per carattere), al contrario ci piace il rugby francese e il suo modello organizzativo e stimiamo l'ex tecnico del Perpignan. Solo, non ci accodiamo a chi penda dalle sue labbra prima che inizi a produrre fatti, per contrapporlo a Nick Mallett, il coach più vincente della storia Springboks e non solo, vincente anche a Parigi e ultimamente coi Barbarians ma con gli Azzurri invece no: meno del 20% di successi, peggio di lui solo Brad Johnstone (persino Biscardi capirebbe che c'è stato qualcosa d'altro, sotto).
Tornando a Brunel riteniamo fallace creare false aspettative fideistiche sul demiurgo di turno, pronti all'occorrenza a trasformarlo in capro espiatorio utile a nascondere i veri problemi. Lasciamo certi approcci al calcio, se desideriamo per davvero agire anche a livello narrativo e preservare la "antropologica differenza" - a tal contenuto corrisponde una tal forma, diceva De'Sanctis il critico letterario, non l'arbitro.
Nella sua presentazione, Brunel ha affermato di non voler nessun tipo di cesura col recente passato: si ricomincerà col Sei Nazioni confermando l'intelaiatura dell'Italia Mondiale e lo staff tecnico, "Ho sempre accettato di lavorare con le persone che già c'erano quando ho sposato un nuovo progetto, la loro conoscenza dell'ambiente aiuta". Sperimentazioni più corpose arriveranno a giugno, nei test con Argentina, in California e nella British Columbia canadese.
Sulle sue dichiarazioni "programmatiche" invece, già giganteggiano i virgolettati: "Italia vincitrice del Sei Nazioni nel giro di due-tre anni", "Azzurri tra le prime sei nazionali del Mondo" (davanti a Scozia, Argentina, Galles, Irlanda e anche Inghilterra?!). Del resto uno scalatore che dica, scordatevi di arrivare in cima, meglio cambi mestiere; inserite nel contesto - "l'Italia progredisce da tempo, lavorerò per accelerare tale sviluppo" - si tratta di auspici più che programmi e come tali andrebbero intesi.
Il nuovo CT ha iniziato come d'uopo in italiano virando subito al francese, enfatizzando due concetti, equilibrio e collaborazione.
Il primo viene erroneamente considerato una questione di priorità tra difesa e attacco e contrapposto alle scelte di Mallett. Nella realtà, l'idea (a nostro avviso sana) di quattro anni or sono era che servisse "rifondare" la nazionale prima fisicamente che tecnicamente. Tant'è, per Brunel il concetto "più equilibrio in campo" parrebbe piuttosto essere indirizzato a risolvere un classico del rugby italiano: la prevalenza degli avanti (e più davanti sono e più "peso", anche politico, hanno) rispetto ai trequarti. Senza equilibrio si perde, afferma Brunel. Ben detto.
Quanto alla collaborazione, qualche indicazione la offre Dondi: "La Nazionale è il punto d'arrivo del lavoro dei nostri due super club che partecipano alla Rabo Pro 12, Brunel ha le idee molto chiare e dobbiamo aiutarlo”. Aldilà di quel "nostri" che suona tanto "proprietà federali", speriamo ne sorga una nuova stagione di dialogo, ascolto e sostegno reciproco tra club-Fir, esteso all'Eccellenza e ai settori giovanili; una nuova fase che scalzi sordità e imposizioni passatiste. Nessuno auspica il predominio dei club sulla Federazione come in Francia e Inghilterra; basterebbe copiare i "federalissimi" irlandesi, siam fin stanchi di ripeterlo: là i successi dei club di vertice sono prodromici e non contrapposti a quelli della nazionale, là è primario mettere i club nelle condizioni di vincere campionati e coppe, là si sa che se avviene, allora nazionale avrà poi inevitabilmente successo. Il viceversa, il concetto di "nazionale traino del movimento", è superato, valeva dodici anni fa, è tempo di adeguare i programmi.
Speriamo; sicuramente "denso" sotto tale profilo sarà stato il dopo presentazione bolognese a microfoni spenti e taccuini lontani, con Amerino Zatta presidente del Treviso e Silvano Melegari degli Aironi.
Spazio per altre domande interessanti ce n'è poco, e non certo per indisponibilità di Brunel. A chi lo sollecitava sull'annoso problema dei mediani di apertura nazionali, il neo ct rispondeva "alla francese", allargando il discorso a tutta la "cerniera" mediana (pochi l'avran compreso): “Per il mediano di mischia ci sono 3-4 giocatori da livello internazionale". Aggiungendo che all'apertura serve qualche Pro "che giochi nei club (celtici)", come Burton e Botes o anche Orquera ma non Bocchino.
Nella realtà la domanda è mal posta e Brunel non può cogliere le ansie degli eterni orfanelli di Diego Dominguez. Ricordiamo che il tecnico riportò il Bouclier de Brennus a Perpinyà dopo oltre 50 anni, impiegando come apertura Nicolas Laharrague, poco più di un onesto lavoratore dell'ovale, ma potendo contare sulla precisione nei piazzati dell'estremo Jerome Porical. Il piazzatore nazionale più che l'apertura, questo è il vero urgente problema che Brunel dovrà affrontare e risolvere per primo.
Morto un papa, ne arriva uno nuovo, accompagnato da quel certo tocco di stupefatta provincia celebrante stile applausi all'atterraggio che dai cantori del rugby nazional-popolare purtroppo non ci vien mai fatto mancare. Analoga fu l'accoglienza riservata al suo predecessore quattro anni prima, per chi la ricorda; salvo poi accusarlo di ogni nefanda incompetenza dopo un po' di delusioni, inevitabili appena i problemi di fondo del movimento inizino fatalmente ad emergere.
Non vogliamo esser freddi col tecnico Guascone (per nascita - proprio nel dipartimento del Gers, quello di d'Artagnan - e non certo per carattere), al contrario ci piace il rugby francese e il suo modello organizzativo e stimiamo l'ex tecnico del Perpignan. Solo, non ci accodiamo a chi penda dalle sue labbra prima che inizi a produrre fatti, per contrapporlo a Nick Mallett, il coach più vincente della storia Springboks e non solo, vincente anche a Parigi e ultimamente coi Barbarians ma con gli Azzurri invece no: meno del 20% di successi, peggio di lui solo Brad Johnstone (persino Biscardi capirebbe che c'è stato qualcosa d'altro, sotto).
Tornando a Brunel riteniamo fallace creare false aspettative fideistiche sul demiurgo di turno, pronti all'occorrenza a trasformarlo in capro espiatorio utile a nascondere i veri problemi. Lasciamo certi approcci al calcio, se desideriamo per davvero agire anche a livello narrativo e preservare la "antropologica differenza" - a tal contenuto corrisponde una tal forma, diceva De'Sanctis il critico letterario, non l'arbitro.
Nella sua presentazione, Brunel ha affermato di non voler nessun tipo di cesura col recente passato: si ricomincerà col Sei Nazioni confermando l'intelaiatura dell'Italia Mondiale e lo staff tecnico, "Ho sempre accettato di lavorare con le persone che già c'erano quando ho sposato un nuovo progetto, la loro conoscenza dell'ambiente aiuta". Sperimentazioni più corpose arriveranno a giugno, nei test con Argentina, in California e nella British Columbia canadese.
Sulle sue dichiarazioni "programmatiche" invece, già giganteggiano i virgolettati: "Italia vincitrice del Sei Nazioni nel giro di due-tre anni", "Azzurri tra le prime sei nazionali del Mondo" (davanti a Scozia, Argentina, Galles, Irlanda e anche Inghilterra?!). Del resto uno scalatore che dica, scordatevi di arrivare in cima, meglio cambi mestiere; inserite nel contesto - "l'Italia progredisce da tempo, lavorerò per accelerare tale sviluppo" - si tratta di auspici più che programmi e come tali andrebbero intesi.
Il nuovo CT ha iniziato come d'uopo in italiano virando subito al francese, enfatizzando due concetti, equilibrio e collaborazione.
Il primo viene erroneamente considerato una questione di priorità tra difesa e attacco e contrapposto alle scelte di Mallett. Nella realtà, l'idea (a nostro avviso sana) di quattro anni or sono era che servisse "rifondare" la nazionale prima fisicamente che tecnicamente. Tant'è, per Brunel il concetto "più equilibrio in campo" parrebbe piuttosto essere indirizzato a risolvere un classico del rugby italiano: la prevalenza degli avanti (e più davanti sono e più "peso", anche politico, hanno) rispetto ai trequarti. Senza equilibrio si perde, afferma Brunel. Ben detto.
Quanto alla collaborazione, qualche indicazione la offre Dondi: "La Nazionale è il punto d'arrivo del lavoro dei nostri due super club che partecipano alla Rabo Pro 12, Brunel ha le idee molto chiare e dobbiamo aiutarlo”. Aldilà di quel "nostri" che suona tanto "proprietà federali", speriamo ne sorga una nuova stagione di dialogo, ascolto e sostegno reciproco tra club-Fir, esteso all'Eccellenza e ai settori giovanili; una nuova fase che scalzi sordità e imposizioni passatiste. Nessuno auspica il predominio dei club sulla Federazione come in Francia e Inghilterra; basterebbe copiare i "federalissimi" irlandesi, siam fin stanchi di ripeterlo: là i successi dei club di vertice sono prodromici e non contrapposti a quelli della nazionale, là è primario mettere i club nelle condizioni di vincere campionati e coppe, là si sa che se avviene, allora nazionale avrà poi inevitabilmente successo. Il viceversa, il concetto di "nazionale traino del movimento", è superato, valeva dodici anni fa, è tempo di adeguare i programmi.
Speriamo; sicuramente "denso" sotto tale profilo sarà stato il dopo presentazione bolognese a microfoni spenti e taccuini lontani, con Amerino Zatta presidente del Treviso e Silvano Melegari degli Aironi.
Spazio per altre domande interessanti ce n'è poco, e non certo per indisponibilità di Brunel. A chi lo sollecitava sull'annoso problema dei mediani di apertura nazionali, il neo ct rispondeva "alla francese", allargando il discorso a tutta la "cerniera" mediana (pochi l'avran compreso): “Per il mediano di mischia ci sono 3-4 giocatori da livello internazionale". Aggiungendo che all'apertura serve qualche Pro "che giochi nei club (celtici)", come Burton e Botes o anche Orquera ma non Bocchino.
Nella realtà la domanda è mal posta e Brunel non può cogliere le ansie degli eterni orfanelli di Diego Dominguez. Ricordiamo che il tecnico riportò il Bouclier de Brennus a Perpinyà dopo oltre 50 anni, impiegando come apertura Nicolas Laharrague, poco più di un onesto lavoratore dell'ovale, ma potendo contare sulla precisione nei piazzati dell'estremo Jerome Porical. Il piazzatore nazionale più che l'apertura, questo è il vero urgente problema che Brunel dovrà affrontare e risolvere per primo.
7 commenti:
Come sempre un articolo puntuale e preciso su cui non si può che non essere d'accordo; il "nostri" usato da Dondi penso continui a far girare gli zebedei a chi ci mette la stragrande maggioranza dei schei nei club, speriamo cambi mentalità perché solo se i clubs vincono forse la nazionale potrà vincere, ma da clubs perdenti non ho mai visto e sentito di una nazionale vincente, spero vivamente non succeda mai più quello che è successo dopo Italia/Irlanda nel 6N e Treviso/Munster di celtic!!
Con la mediana dei Leoni Botes/Burton risolverebbe subito il problema del piazzatore.
Grazie Invanot.
Speriamo bene. Purtroppo il fatto che Brunel provenga da un contesto in cui i club comandano, non significa nulla: ora è dall'altra parte della barricata.
Il tempo di Brunel è in ogni caso contato: anche Mallett ebbe un periodo di "carta bianca", sia da Dondi che dalla critica. Poi, stop. E interventismo. Speriamo lo usi bene. Lo capiremo presto. Proprio guardando come si rapporterà coi due club celtici.
Sul piazzatore, si da domani ci sarà Botes.
Quel che voglio dire, primo lo scelga e lo investa subito, secondo il piazzatore non è detto sia per forza l'apertura.
Anzi personalmente nella "mia" squadra, gradirei idealmente avere un Romain Teulet o un Jerome Porical appunto, uno un po' defilato dalla linea.
Botes by the way: 82kg per 1,82m, in grado di giocare sia apertura che mediano di mischia. Alla francese, appunto.
E lo vedrei in coppia con ... Semenzato.
Lo capiremo se interessa a Brunel, nel momento in cui la cosa venisse sperimentata dalla Benetton.
apertura, mediano di mischia, eventualmente centro, ala o estremo... botes dove lo metti gioca, trovargli spazio non è un problema!
:)
(il futuro è dei versatili)
prima di tutto .. faccio i miei auguri a Brunel.. spero in quanto tifoso della nostra Nazionale.. che . il nuovo allenatore riesca.. dove altri hanno fallito . non ultimo . un eccellente allenatore come Mallet.. ma . troppo come dire. lontano dalla nostra cultura... il fatto che sia un Francese...a parte le stupide diatribe.. soprattutto alimentate dai tifosi .. calcistici .. e soprattutto Italiani ... e' un bene.. visto che .. dal mio punto di vista... noi . rugbisticamente parlando .. siamo una emanazione del loro rugby..
Spero . che . si parta piano.. per arrivare.. non dico forte.. ma almeno allegro :) .
buon rugby a tutti...
Sailorci
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