Cosa hanno fatto gli inglesi al Mondiale
Sono la moda, a quanto pare, i leaks: mentre la Rugby Football Union alle prese con la commissione sulle spedizione Mondiale dell'Inghilterra, i primi risultati finiscono nero su bianco, attraverso un articolo pubblicato sul Times. E allora la RFU tenta di correre ai ripari, lanciando un'investigazione interna per capire chi avrebbe fatto la soffiata, ma la macchina ormai si è messa in moto.
Uno spogliatoio diviso tra anziani e nuovi arrivati, lo staff manageriale minimamente preso in considerazione, giocatori che smascherano colleghi a loro detta strettamente legati ai soldi e nulla più. Sono questi i risultati del lavoro fino ad ora svolto da Rob Andrew (director of élite rugby), dalle associazioni degli atleti e dei club professionistici.
Il 90% degli intervistati avrebbe ammesso che il gruppo non era unito, con i senatori e le matricole che hanno vissuto su due mondi opposti, mentre l'ex coach Martin Johnson è stato accusato di circondarsi solo di persone con le quali aveva familiarità, tralasciando gli altri - compresi quelli che gli si erano presentati garantendo una real leadership - e di non avere gli attributi (bollocks), in particolare quando si è trattato di gestire l'affare Mike Tindall. Brian Smith, l'allenatore dell'attacco, verrebbe descritto come un tipo indeciso e con il quale era impossibile parlare. L'unico a salvarsi, nel gruppo di allenatore e assistenti, sarebbe Graham Rowntree, addetto alla mischia.
Al contrario, John Wells, preparatore degli avanti, avrebbe smarrito del tutto dettagli su alcune fasi chiave come le rimesse laterali: "Devono esserci in Premiership 20 allenatori capaci di fare meglio", il giudizio di uno che c'era nel viaggio neozelandese. Mentre Mike Ford diceva cose incomprensibili "e non avevamo idea di cosa stesse parlando".
"Ecco 35.000 sterline... giù per il cesso", è uno dei commenti raccolti e riportati dopo la sconfitta con la Francia ai quarti di finale. "La cosa mi ha amareggiato. I soldi non dovrebbero nemmeno entrare nella mente di un giocatore", ha aggiunto il testimone della scena, uno dei giocatori della nazionale inglese. Un altro, invece, ha aggiunto come per alcuni fossero soltanto i premi e il fatto di ottenere un cap a contare realmente, non la volontà di migliorarsi.
Una gita movimentata.
Uno spogliatoio diviso tra anziani e nuovi arrivati, lo staff manageriale minimamente preso in considerazione, giocatori che smascherano colleghi a loro detta strettamente legati ai soldi e nulla più. Sono questi i risultati del lavoro fino ad ora svolto da Rob Andrew (director of élite rugby), dalle associazioni degli atleti e dei club professionistici.
Il 90% degli intervistati avrebbe ammesso che il gruppo non era unito, con i senatori e le matricole che hanno vissuto su due mondi opposti, mentre l'ex coach Martin Johnson è stato accusato di circondarsi solo di persone con le quali aveva familiarità, tralasciando gli altri - compresi quelli che gli si erano presentati garantendo una real leadership - e di non avere gli attributi (bollocks), in particolare quando si è trattato di gestire l'affare Mike Tindall. Brian Smith, l'allenatore dell'attacco, verrebbe descritto come un tipo indeciso e con il quale era impossibile parlare. L'unico a salvarsi, nel gruppo di allenatore e assistenti, sarebbe Graham Rowntree, addetto alla mischia.
Al contrario, John Wells, preparatore degli avanti, avrebbe smarrito del tutto dettagli su alcune fasi chiave come le rimesse laterali: "Devono esserci in Premiership 20 allenatori capaci di fare meglio", il giudizio di uno che c'era nel viaggio neozelandese. Mentre Mike Ford diceva cose incomprensibili "e non avevamo idea di cosa stesse parlando".
"Ecco 35.000 sterline... giù per il cesso", è uno dei commenti raccolti e riportati dopo la sconfitta con la Francia ai quarti di finale. "La cosa mi ha amareggiato. I soldi non dovrebbero nemmeno entrare nella mente di un giocatore", ha aggiunto il testimone della scena, uno dei giocatori della nazionale inglese. Un altro, invece, ha aggiunto come per alcuni fossero soltanto i premi e il fatto di ottenere un cap a contare realmente, non la volontà di migliorarsi.
Una gita movimentata.








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2 commenti:
Di queste storie "è tutta colpa del capo" non appena viene licenziato, con relativi altarini relativi alla sua incompetenza o mancana d icontrollo, son piene le fosse.
Ricorda quel topos politico classico: "la nuova amministrazione appena insediata ha scoperto buchi di bilancio lasciati dalla vecchia".
Un più che notevole scaricabarile di tutti nei suoi confronti.Vabbé il turmoil ai vertici, ma Rob Andrew ad esempio, quello attaccatissimo alla cadrega che ora fa tante inchieste - e leaks - dove diamine era? Guadagnarsi lo stipendio dando una mano sul piano del controllo e del dialogo coi vecchi, nisba?
Inutile dire che questo blog già settimana scorsa si era posto la questione ;)
http://rightrugby.blogspot.com/2011/11/johnno-lascia-rob-andrew-si-divincola.html
A proposito di amministrazione che escono e che entrano: quando vinse GW Bush, lo staff di Clinton levò dalle tastiere dei pc le lettere G e W. Lo staff di Bush, per risposta, fece sbarrare la porta dalla quale entrava la Lewinsky per far visita a Clinton. Non c'entra una mazza, ma mi è saltato in mente.
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