I due lati della Manica, d'estate
Inghilterra e Francia, al solito: è tempo di coppe, per lo più, e quindi di confronti tra i club dei due paesi, con i transalpini che nello scorso week-end si sono goduti soprattutto la vittoria del Tolosa sugli Harlequins e del Clermont sul Leicester (nella foto, Morgan Parra che non ha paura dei tallonatori). Il prossimo fine settimana sarà ad alto tasso di battaglia. Ma nel frattempo, succede dell'altro e già ne avevamo dato rapidamente notizia sul tumblr.
I top team tanto inglesi quanto francesi avrebbero pensato di modificare il calendario stagionale, optando per i campionati domestici in estate: l'obiettivo sarebbe quello di "preservare" i proprio top players dagli impegni con le nazionali, compreso il Six Nations. "Il rugby estivo è stato visto come una possibile soluzione", dice una fonte al Telegraph, la stessa che assicura che tra le società di Premiership ci sarebbe unione d'intenti. Parrebbero le solite sparate di positioning nell'eterna contrapposizione di interessi tra Società-Leghe e Federazioni-Unions.
Mark McCafferty, chief executive della Premier, ha confermato che se n'è parlato tra gli alti livelli, come parte di un "normale processo di pianificazione". Migliori condizioni meteorologiche (soprattutto da Dover in su), un tipo diverso di rugby, la possibilità di conquistare altro pubblico: sono tre dei punti discussi. "Ma abbiamo bisogno che tutti partecipino al dibattito", ha aggiunto McCafferty, anche perché - ad esempio - con la bella stagione si tiene il tour dei Lions e si organizzano Test Match che portano le boreali a sfidare in trasferta le australi. L'agenda è piena d'impegni, la soluzione va presa con cautela e non in modo univoco, fa capire il dirigente.
Se il tema pare interessare almeno in linea di principio sia inglesi che francesi, la Manica si riaprirà quando a Los Angeles si terrà l'elezione del presidente della International Rugby Board, il massimo organo di governo mondiale, la Fifa del rugby, per il prossimo quadriennio, prevista in giornata. In lizza l'uscente francese Bernard Lapasset, in carica del 2008 e l'inglese Bill Beaumont oggi vicepresidente.
Pareva già fatta per il secondo, ma la macchina elettorale del nuovo che avanzava s'è inopinatamente inceppata proprio in Nuova Zelanda, Union sua sostenitrice, durante i Mondiali. Là i duellanti han raccolto 13 voti a testa (le otto Unions maggiori han voto doppio: le quattro Home, la Francia e le tre Australi, poi con un voto a testa ci sono 4 Paesi - Italia, Argentina, Giappone, Canada - e sei Aree Continentali), in un Suk vergognoso quanto è stato esplicito, in termini sia di promesse che di minacce. Nello stallo, giocoforza far decantare la situazione, decidendo di rinviare la votazione a Dicembre.
Nel frattempo il francese incombente si dice abbia fatto un miglior lavoro di lobbying rispetto allo sfidante inglese: pare abbia guadagnato alla sua causa il nuovo delegato asiatico (è stato eletto un giapponese contro un "lealista pro-Home Unions" di Hong Kong) e nordamericano (è stato eletto uno statunitense al posto di un canadese). Così i supporter del cambiamento parrebbero ridotti alle Home Unions più Nuova Zelanda, contro uno schieramento basato su uno zoccolo duro franco-italiano - Dondi è un fedelissimo di Lapasset, è stato ricompensato un paio d'anni orsono con l'ingresso nell'Executive Committee e "risarcito" dei mancati mondiali con l'assegnazione della Junior World Cup - che avrebbe aggregato tutto il "Nuovo Mondo rugbistico", assieme al Sudafrica e forse anche alla titubante Australia.
A breve sapremo, ma qual'è l'oggetto del contendere, personalismi a parte? "Il ne s'agit pas d'un combat d'hommes, mais d'une vision différente du rugby", scandì a suo tempo Lapasset, non certo per fare downplay. Il francese, tacciato dai nemici di voler usare la rielezione come mero trampolino di lancio per arrivare al Comitato Internazionale Olimpico, intende proseguire le politiche di espansione favorevoli ai Paesi rugbisticamente emergenti (mondiali in Giappone, quelli dopo forse in America); i nuovi Paesi gradiscono e sono attratti dall'operazione Sevens alle Olimpiadi di Rio 2016 made by Lapasset. Beaumont invece sarebbe il paladino di "chi produce fatturato", propugnando una revisione della spartizione della torta, rivendicata da Union di Paesi meno popolosi ma dal rugby più "solido" come quella neozleandese ma non solo (Galles, Irlanda). Come ciò si concili con gli interessi della più grande delle Union, quella inglese che supporta Beaumont, non è dato sapere ma passa probabilmente attraverso una accelerazione della transizione al Professionismo in tutte le sue sfaccettature commerciali e televisive. Temi non da poco, già emersi durante il Mondiale.
Nel nostro piccolo, il movimento italiano ha poco da guadagnare e molto da perdere dalle confrontation troppo tese, ora che la dipendenza 100% francese tradizionale nostra è venuta meno, dall'ingresso in Celtic League. E ora di fatto ci troviamo contrapposti a tutti i Partner celtici e soli coi francesi avverso tutto il resto del Sei Nazioni. Comunque se una vittoria di Beaumont potrebbe risultare catastrofica, respingendo l'Italia indietro tra le minori, quella di Lapasset significherebbe rinsaldare la presa di Dondi sul movimento domestico.
UPDATE SERALE: i primi a annunciarlo sono gli argentini di rugbytime per motivi di fuso orario: a Los Angeles Bernard Lapasset è stato confermato alla guida dell'IRB per il prossimo quadriennio, ottenendo i 14 voti preventivati. A suo favore s'è espresso il "blocco latino" - Francia Italia e Argentina - più Sudafrica (che ha strappato al candidato inglese la vicepresidenza con Oregan Hoskins, dopo una votazione finita pari) assieme a Australia, Giappone e a tutte le Aree Continentali meno una - resto dell'Asia, resto d'Europa, resto del Sud America, Centro-Nord America e resto dell'Africa. A Beaumont sono andati i 12 voti delle 4 Home Unions più Canada, Nuova Zelanda e Oceania. Troubles in vista per i neozelandesi, massimi sostenitori del cambio al vertice, che già han minacciato di non prender parte ai prossimi Mondiali 2015 se le regole (economiche) non cambieranno. Positioning play pure questo?
I top team tanto inglesi quanto francesi avrebbero pensato di modificare il calendario stagionale, optando per i campionati domestici in estate: l'obiettivo sarebbe quello di "preservare" i proprio top players dagli impegni con le nazionali, compreso il Six Nations. "Il rugby estivo è stato visto come una possibile soluzione", dice una fonte al Telegraph, la stessa che assicura che tra le società di Premiership ci sarebbe unione d'intenti. Parrebbero le solite sparate di positioning nell'eterna contrapposizione di interessi tra Società-Leghe e Federazioni-Unions.
Mark McCafferty, chief executive della Premier, ha confermato che se n'è parlato tra gli alti livelli, come parte di un "normale processo di pianificazione". Migliori condizioni meteorologiche (soprattutto da Dover in su), un tipo diverso di rugby, la possibilità di conquistare altro pubblico: sono tre dei punti discussi. "Ma abbiamo bisogno che tutti partecipino al dibattito", ha aggiunto McCafferty, anche perché - ad esempio - con la bella stagione si tiene il tour dei Lions e si organizzano Test Match che portano le boreali a sfidare in trasferta le australi. L'agenda è piena d'impegni, la soluzione va presa con cautela e non in modo univoco, fa capire il dirigente.
Se il tema pare interessare almeno in linea di principio sia inglesi che francesi, la Manica si riaprirà quando a Los Angeles si terrà l'elezione del presidente della International Rugby Board, il massimo organo di governo mondiale, la Fifa del rugby, per il prossimo quadriennio, prevista in giornata. In lizza l'uscente francese Bernard Lapasset, in carica del 2008 e l'inglese Bill Beaumont oggi vicepresidente.
Pareva già fatta per il secondo, ma la macchina elettorale del nuovo che avanzava s'è inopinatamente inceppata proprio in Nuova Zelanda, Union sua sostenitrice, durante i Mondiali. Là i duellanti han raccolto 13 voti a testa (le otto Unions maggiori han voto doppio: le quattro Home, la Francia e le tre Australi, poi con un voto a testa ci sono 4 Paesi - Italia, Argentina, Giappone, Canada - e sei Aree Continentali), in un Suk vergognoso quanto è stato esplicito, in termini sia di promesse che di minacce. Nello stallo, giocoforza far decantare la situazione, decidendo di rinviare la votazione a Dicembre.
Nel frattempo il francese incombente si dice abbia fatto un miglior lavoro di lobbying rispetto allo sfidante inglese: pare abbia guadagnato alla sua causa il nuovo delegato asiatico (è stato eletto un giapponese contro un "lealista pro-Home Unions" di Hong Kong) e nordamericano (è stato eletto uno statunitense al posto di un canadese). Così i supporter del cambiamento parrebbero ridotti alle Home Unions più Nuova Zelanda, contro uno schieramento basato su uno zoccolo duro franco-italiano - Dondi è un fedelissimo di Lapasset, è stato ricompensato un paio d'anni orsono con l'ingresso nell'Executive Committee e "risarcito" dei mancati mondiali con l'assegnazione della Junior World Cup - che avrebbe aggregato tutto il "Nuovo Mondo rugbistico", assieme al Sudafrica e forse anche alla titubante Australia.
A breve sapremo, ma qual'è l'oggetto del contendere, personalismi a parte? "Il ne s'agit pas d'un combat d'hommes, mais d'une vision différente du rugby", scandì a suo tempo Lapasset, non certo per fare downplay. Il francese, tacciato dai nemici di voler usare la rielezione come mero trampolino di lancio per arrivare al Comitato Internazionale Olimpico, intende proseguire le politiche di espansione favorevoli ai Paesi rugbisticamente emergenti (mondiali in Giappone, quelli dopo forse in America); i nuovi Paesi gradiscono e sono attratti dall'operazione Sevens alle Olimpiadi di Rio 2016 made by Lapasset. Beaumont invece sarebbe il paladino di "chi produce fatturato", propugnando una revisione della spartizione della torta, rivendicata da Union di Paesi meno popolosi ma dal rugby più "solido" come quella neozleandese ma non solo (Galles, Irlanda). Come ciò si concili con gli interessi della più grande delle Union, quella inglese che supporta Beaumont, non è dato sapere ma passa probabilmente attraverso una accelerazione della transizione al Professionismo in tutte le sue sfaccettature commerciali e televisive. Temi non da poco, già emersi durante il Mondiale.
Nel nostro piccolo, il movimento italiano ha poco da guadagnare e molto da perdere dalle confrontation troppo tese, ora che la dipendenza 100% francese tradizionale nostra è venuta meno, dall'ingresso in Celtic League. E ora di fatto ci troviamo contrapposti a tutti i Partner celtici e soli coi francesi avverso tutto il resto del Sei Nazioni. Comunque se una vittoria di Beaumont potrebbe risultare catastrofica, respingendo l'Italia indietro tra le minori, quella di Lapasset significherebbe rinsaldare la presa di Dondi sul movimento domestico.
UPDATE SERALE: i primi a annunciarlo sono gli argentini di rugbytime per motivi di fuso orario: a Los Angeles Bernard Lapasset è stato confermato alla guida dell'IRB per il prossimo quadriennio, ottenendo i 14 voti preventivati. A suo favore s'è espresso il "blocco latino" - Francia Italia e Argentina - più Sudafrica (che ha strappato al candidato inglese la vicepresidenza con Oregan Hoskins, dopo una votazione finita pari) assieme a Australia, Giappone e a tutte le Aree Continentali meno una - resto dell'Asia, resto d'Europa, resto del Sud America, Centro-Nord America e resto dell'Africa. A Beaumont sono andati i 12 voti delle 4 Home Unions più Canada, Nuova Zelanda e Oceania. Troubles in vista per i neozelandesi, massimi sostenitori del cambio al vertice, che già han minacciato di non prender parte ai prossimi Mondiali 2015 se le regole (economiche) non cambieranno. Positioning play pure questo?








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