lunedì 27 febbraio 2012

Italia, l'assassino è ... il maggiordomo?

Eccoci qui, a mente più freddina e con qualche minuto calmo a disposizione per ragionare sull'Italia post terza prova - e sconfitta - all'Aviva Stadium per il torneo delle Sei Nazioni.
La partita l'abbiamo vista e rivista, cronache e commenti ne abbiam letti; qui procederemo asincroni, per argomenti "coram populo".  Diamo subito un indizio su  quale sia a nostro modesto avviso   "l'assassino" della partita: guardate attentamente la foto sopra, è rivelatrice. No, non è Zanni il colpevole, non personalizziamo. Ci arriveremo per gradi, occhio che  come al solito qui ci si ritrova a dissodare terreno abbastanza vergine. Non per posa intellettuale, purtroppo.

1) Il contesto
Prima di abbandonarci voluttuosamente al tema dei temi, Botes no Burton si, una premessa a nostro avviso colpevolmente trascurata da tutti. A leggere analisi e commenti infatti, non ce n'è uno che non prescinda dal fatto che si giocasse nella tana degli irlandesi. Chi ha praticato il rugby un po' oltre il livello scapoli contro ammogliati lo sa: fuori casa è quasi un altro sport, di certo serve un approccio completamente diverso. Non si va in casa d'altri, soprattutto se son forti e tu no, a fare i fenomeni in uno sport di combattimento. Si sta sghisci, si cede l'iniziativa - tanto se la prendono i padroni di casa, a meno che non siano scamorze  - e l'ospite gioca d'incontro, di ripartenza. Francia al Murrayfield docet.
La critica nostrana pare invece pretendere i Garibaldini sulla breccia indifferentemente dalla latitudine del campo. Il risultato è che guarda caso, i nostri paiono giocare (o meglio, reggere il confronto: è diverso, ne parleremo poi) solo un tempo. Non è questione di modulo più o meno espansivo: se caricano tutti, è un Tir addosso a un altro Tir e a parità di potenza, nel rugby vince quello con più benzina ... quel tipo di benzina che ti dà il pubblico, si chiama carica. A maggior ragione se la squadra ospite ha in più la tara atavica di prolungare psicologicamente i momenti di debacle. Cominciate a mettere a fuoco l'immagine sopra riportata?

2) L'apertura
E' l'argomento più nazional-popolare, Tobias Botes all'apertura si o no. Fortunatamente nei più pare prevalere la logica, il confronto delle opzioni a disposizione. Facciamoci al proposito le domande e diamoci le risposte oneste: chi abbiamo disponibile nel ruolo di apertura ? Oggi solo Kris Burton, un 31enne. Mezza risposta ce la siamo già data solo con l'anagrafe, dato che l'Italia s'è detto essere un cantiere: è opportuno testare qualcuno con prospettive più sul medio lungo periodo. Nella prospettiva dei lavori in corso (che prima iniziano prima finiscono), non avrebbe alcun senso nemmeno provar la coppia Botes -Burton (cosa che magari avverrà, pronostichiamo, quando il "cantiere" verrà provvisoriamente chiuso perché ci sarà da vincere a tutti i costi: in casa con la Scozia).
Il problema di Botes non è certo l'affiatamento con Gori, peraltro suo compagno di club anche lui. Piccolo flash su quest'ultimo: cresce un pochino alla volta, ha fatto solo un paio di topiche evitabili (un calcetto a scavalcare sfasato mentre i trequarti si ripiazzavano, un imbambolo mentre la palla schizzava fuori dalla ruck sotto i suoi piedi); certo che l'alternativa Semenzato pare persa, a giudicare dalla irrazionalità con cui gioca il suo scampolo di gara.
L'unico motivo per cui varrebbe la pena di schierare Burton sono i piazzati, tema non certo da trascurare in cui l'italo-sudafricano zoppica; eppure prima dell'arrivo di Burton a Treviso due stagioni fa piazzava lui: probabilmente si tratta solo di riprendere l'esercizio sotto pressione. E poi non è che l'italo-australiano sia un Morné Steyn (dal 50% al 70-75% fan comunque tre-cinque punti in più a partita).

Com'è andato l'esperimento?  Beh, diciamolo onestamente, è difficile trovar cose belle in quantità nella partita di Botes. Oltre al contesto non facile e al piano di gioco dispendioso, per un emotivo come lui la gara parte male (un piazzato fallito di poco) e prosegue nella sfortuna: traversa alla mezz'ora, un paio di palle perse su incursione personale senza mai sfondare o scaricare al volo, un calcio in touch e un drop falliti. Botes ha ingranato nel secondo tempo (ma lì ha fallito gravemente un penalty importante), mostrando di essere in grado di giocare con imprevedibilità e qualche efficacia a ridosso della linea. Su tutto però si staglia, assieme al piazzato nel primo tempo, l'invenzione di quella finta di passaggio che libera Sergio Parisse in meta. Un assist, scusate se è poco per questa Italia. Tutto del resto va contestualizzato: quale trequarti italiano s'è distinto? Solo Gibbì Venditti merita la sufficienza, per la crescita mostrata. Insomma, non mi sentirei di metter Botes tra i peggiori anzi, è un esperimento che continuerei. Sapendo che non sarà mai Dan Carter (notare il fisico non mega galattico dell'All Blacks), ma ha belle mani e colpo d'occhio; per quanto riguarda i piedi, non sta scritto da nessuna parte che sia l'apertura a dover calciare.

3) Giocare per sessanta minuti, poi basta
Ci siamo dilungati su Botes ma era inevitabile nella patria degli eterni orfani di Dominguez (uno che trascinò una mediocre nazionale a vittorie impensabili quasi da solo; ma facciamocene una ragione, erano altri tempi e uno così non nasce tutti gli anni.
C'è chi crede di vedere che l'Italia giochi solo un'ora e da tale presupposto si fa domande sulla preparazione atletica dei nostri. Come se non fossimo nel pieno della stagione, per di più Celtica e non più solo italiana. Come se la costruzione della resistenza allo sforzo fosse questione di un paio di settimane. Senza spacciarci per esperti di preparazione fisica, in tale lasso di tempo ci pare che al massimo si possa far conditioning, cioè mantenimento della forma. Certi team usano la criogenia (Galles) per aumentare  i tempi di allenamento, in modo da poter lavorare di più su schemi e sincronismi più che sulla resistenza.
A riguardare la partita, mi pare che gli Azzurri fossero in chiaro affanno fisico solo negli ultimi cinque minuti, con due mete subite; solo la prima linea ha cominciato ad annaspare prima, ma per meriti avversi  (spingevano ancora bene ma cedevano alla seconda spinta) più che per crollo fisico. Nel primo tempo gli Azzurri han provato a sprazzi a fare la partita,  quando consentito dagli avversari (e dall'arbitro, ne riparleremo); nel secondo, dopo aver subito il 17-10 a fine del primo tempo senza scomporsi psicologicamente ("Nell'intervallo eravamo convinti di poter vincere", ha dichiarato Parisse), han provato a stare incollati, producendo i 5-6 minuti migliori della nostra partita: avevamo ai piedi la palla per chiudere il gap sul 17-13.
La svolta della gara non è stata fisica, è come al solito più psicologica. Il fallito calcio di Botes passa quasi senza conseguenze, tranne che per lui medesimo; da quel momento si avverte una accelerazione del ritmo irlandese sul medesimo canovaccio e poco prima dell'ora di gioco arriva la punizione del 20-10; pochi minuti dopo arriva la terza meta, fotocopia delle prime due (ne parliamo al punto successivo).
Anche sul 30-10 i nostri han provato a ripartire e hanno avuto una opportunità di marcare, con una maul ben impostata da Bortolami in rimessa laterale a ridosso dell'area di meta irlandese, smontata in modo molto dubbio da quel furbone di O'Connell. Avrebbe potuto essere 30-20, sarebbe stato un punteggio più consono. Gli Azzurri han comunque continuato a provarci, pur non essendo più "in partita" nel senso del punteggio, sino al 70'-75'.
La quarta meta irlandese arriva al 76', la quinta è in pieno garbage time - una palla rubata a Semenzato che si isola e la difesa è già negli spogliatoi.
No, non trovo ci sia stato un problema di mera tenuta fisica negli Azzurri, almeno fino al 70'-75' e con l'importante eccezione della mischi ordinata. Trovo si faccia confusione tra l'essere in partita (ma chi l'ha detto che lo eravamo, sul 17-10?) e il reggere quel ritmo partita che anche noi abbiamo contribuito, con un po' di masochismo, a determinare (vedi punto uno) e che veniva ulteriormente accelerato. Quando lo scattista si alza sui pedali, il passista non gli sta dietro ma non perché quest'ultimo non abbia più fiato.

4) Le mete irlandesi fotocopia
Quattro mete su cinque dei padroni di casa sono pressocchè identiche: il pack guadagna metri con percussioni insistite e veloci, arriva a ridosso della linea di meta, concentra la difesa, poi apre veloce a una incursione dei tre quarti in superiorità numerica al largo. Parziale eccezione nella quarta, dove basta il peso del fresco Tom Court, non servono i trequarti ma siamo al 76'. La quinta meta non conta, avviene in quello che nel basket chiamano garbage time. Quattro mete quasi uguali son tante.
E si legge in giro: ecco, sbagliamo i placcaggi! A parte un paio di incursioni dell'inarrestabile Kearney (mica solo per i nostri: anche i gallesi han trovato lungo con lui) e un buco di quella forza della natura di nome Ferris (il vero Man of the Match a mio avviso), nessuno è scappato ai nostri difensori. Piuttosto, gli Irish han guadagnato metro dopo metro fino alle mete. Come fanno? Semplice, Ferris-O'Brien-Heaslip han vinto la sfida contro Barbieri-Zanni-Parisse. Una vittoria senza smash, una sfida fatta di vittorie non appariscenti, piuttosto un interminabile braccio di ferro durato settanta minuti.  Se poi si aggiunge il contributo di Paul O'Connell e quelle folate di Earls, Kearney e Bowe ...
C'è anche da dire che le squadre moderne (vedi il Galles) sono abili a creare mismatch nell'uno-contro-uno, muovendo per il campo i ball carrier a cercare i trequarti avversari, che si trovano placcaggi problematici e quindi perdita di terreno garantita. Non è tanto il singolo quindi a romperci le righe e scappar via come han fatto i francesi, quanto una moderna operazione di attrito uno-contro-uno molto dinamica, ben  studiata e portata, alla costante ricerca del mismatch individuale non finalizzato al break definitivo, ma a guadagnar metri.
Sveliamo quindi l'arcano, il segreto di Pulcinella simboleggiato dall'immagine sopra: oltre al tema del contesto (la carica) e assieme alla solita inconcludenza Azzurra vuoi dalla piazzola come in zona rossa, la partita l'han vinta gli avanti irlandesi abr-adendo il suolo e sottraendolo ai nostri. Spingendo e sostenendo all'unisono nel punto giusto. Zanni resiste, ma il verde (Ross?) lo spinge indietro.
A partire dal 60' poi, s'è aggiunto dolore al dolore: la mischia ordinata loro ha messo sotto la nostra. Molti dei commentatori forse a quello fan riferimento. A quel punto ci rimaneva comunque la rimessa laterale, assieme allo spirito combattivo a quel punto un po' fatalisticamente rassegnato. E i cambi non all'altezza o meglio, non in grado di farci cambiar passo.

5) L'arbitro
Joubert è stato l'arbitro della finale mondiale, dove personalmente non m'è piaciuto granché. Non l'ho gradito nemmeno in questa prova. Nulla di scandaloso, sia chiaro, la partita l'avremmo persa comunque. Probabilmente però con un arbitro più capace di valutare gli offside nelle maul, avremmo perso 37-20. Ho trovato poi irritante da parte sua quel chiamar subito "maul" quando erano gli irlandesi a tenere in piedi i nostri portatori di palla, e mai in quel paio di volte che c'eran riusciti i nostri. Anche quel fallo di tenuto fischiato a Parisse, con Rory Best a mo' di zainetto sulla schiena che non si toglie: una vera e propria mancanza di rispetto, tanto grossa che Joubert s'è prodotto in una classica excusatio non petita con lui.  Arbitraggio insufficiente insomma, ma non in maniera decisiva.
Anche perché, mica le scopriamo da ora le sottili arti sporche degli avanti irlandesi: proteggiamole meglio quelle maul dagli ingressi laterali, altrimenti è tutto inutile, è chiaro che i marpioni in meta non ti lasciano andar gratis! Qualcuno ha lamentato anche un blocco (su Benvenuti) in occasione della terza meta, ma ci è parsa onestamente veniale.  Lì l'errore l'ha fatto McLean, scegliendo di tentare l'intercetto su Bowe; se gli riusciva era meta coast to coast.

In sintesi: la partita l'han vinta gli irlandesi (ovvio: l'assassino era il maggiordomo, no?) molto ma molto di più di quanto la si sia buttata via noi. L'han fatto grazie a una condotta di gara centrata sulla continuità degli avanti, sulla loro dislocazione tattica e sulla capacità di gestire le accelerazioni, di sfruttare le occasioni di superiorità numerica dei trequarti. Il tutto agevolato dalle scelte (moderatamente) espansive e quindi dispendiose degli Azzurri e dalla loro cronica incapacità di "quagliare", sia dalla piazzola che soprattutto nel bersaglio grosso. Più una spruzzatina d'arbitro, ed ecco il bis di Dunedin servito. Ci sarebbe qualcosina da dire anche sui cambi di Brunel, ma è quel che passa il convento, sarebbe dettaglio.
Si poteva vincere? Contro questa Irlanda e con questa Italia, no: ci manca "l'inventore", quel che a tratti l'anno scorso fu Masi e anche ad averlo, il divario è troppo importante: loro non son più quelli del Flaminio, son completi, veloci, skillati, grandi e grossi. Si potevan limitare i danni? Si, con più attenzione ai dettagli (maul, piazzati). Ma gli Azzurri non hanno granché da rimproverarsi o recriminare: devono solo riconoscere la netta superiorità avversaria.
Altro che apertura insomma: se insistiamo a puntar tutto sul "cuore" e non ci mettiamo un po' più di testa - e umiltà -  soprattutto fuori casa, il meglio che potrà capitarci è far la fine della Scozia: polmoni d'acciaio, più di 200 passaggi per partita, dopo lunghi sforzi pure qualche meta, ma non ne vincono mai una.

17 commenti:

reda ha detto...

Bell'articolo. una sola sottolineatura: è vero che l'italia non cala fisicamente nel secondo tempo (discorso diverso il calo d'attenzione/psicologico); per contro vediamo alcuni cali di singoli giocatori che, in difficoltà con il fiato, tendono a cadere nell'indisciplina o comunque a calare nel rendimento. in particolare, la citata prima linea benetton è abituata a giocare per 50/60 minuti,e si vede: assoluta efficienza per il tempo suddetto e poi crollo. un'altro che soffre è probabilmente bortolami: probabilmente occorre portare un'altra seconda salterina, se si vuole farlo partire titolare (anche se van zyl era malconcio e quindi il buon brunel non aveva molte scelte).
forse in quest'ottica, in assenza di locicero (che comunque un po' soffre i finali) e castro, converrebbe avere due piloni in panca, anche in considerazione del fatto che botes può giocare sia 9 che 10...

Abr ha detto...

Tnxs reda. Concordo sul calo psico., che meglio definirei nel morale: un classico da partita contro squadra tosta fuori casa, quando non sai più a cosa puoi votarti.
La prima linea abituata a giocare 50/60 min.: vero, infatti abbiam detto "con l'eccezione della prima linea". Again, ci sembra di poter dire che è più sforzo irish che crollo nostro (Rizzo intervistato conferma).
Bortolo: è stato protagonista dell'azione azzurra più vicina alla meta del secondo tempo (rimessa conquistata poi maul con fallo non rilevato di O'Connell); in più, ha ben retto in difesa. Forse nel secondo tempo con Gelde. non han sostenuto appropriatamente la prima linea in mischia chiusa, ma quello non è sfinimento, è un dettaglio.

Due piloni in panca: scelta controcorrente, ti privi di un mediano (noi) o di un extra trequarti (molti altri). Io ci starei, anche se preferirei piloni che reggano il minutaggio (anche lgi avversari sono in tre), ma implica aver fatto delle scelte chiare in mediana. E soprattutto non lo troverei risolutivo o soluzione adatta al medio/lungo termine.

Anonimo ha detto...

ottimo ottimo .pensare di vincere a dublino con questa squadra è da pazzi molto più grave secondo me non vincere a roma con l'inghilterra moscetta anzichè no ,zio jacques da solo non può far molto se non ha una legione di collaboratori all'altezza che permettano al ns XV di produrre un rugby efficace per 80 min .questo deve essere l'obiettivo cardine, i risultati arriveranno per forza.

Abr ha detto...

Tnxs anonimo.
Sarà un percorso lungo quello che accenni, perché a questi livelli ti puniscono alla minima sbavatura. Serve una straordinaria attenzione ai dettagli, un elemento in contrasto con la nostra mentalità nazionale stessa, portata ad apprezzare più i g"genio e sregolatezza" che i metodici costruttori poco appariscenti ma senza errori.

Avremo mai la pazienza di seguire il coach lungo tale strada, che NON riguarda la nazionale bensì tutto il movimento? Non so, con Mallett non l'abbiamo avuta.

Willysupertramp ha detto...

Io sono fiducioso, la prima linea Benetton ha dimostrato di poter tenere gli 80 minuti, vedi partita contro Saracens.

Abr ha detto...

Vero Willy.
Lo confermava, ripeto, anche Rizzo a fine partita:" stanco? no, dura ma normale, roba cui siamo abituati con la Celtic".

Alessandro Cossu ha detto...

Grande articolo, quasi meglio di quello sulla Scozia vista contro la Francia (l'unico articolo che ho letto in giro ad avere sottolineato l'improduttività dell'approccio mostrato dagli scozzesi). Quando ho visto la foto sopra con la misteriosa didascalia, ammetto che l'unica cosa che mi è venuta in mente è che Healy (mi pare lui, no?) non stia effettuando un placcaggio regolare (non è neanche un placcaggio, almeno nello scatto pubblicato, visto che non ha cinto Zanni ma gli deve aver dato una spallata che ammazzerebbe un toro). Insomma, ho pensato che la soluzione fosse: le solite bastardate messe in atto dal pacchetto irlandese quando ci incontrano e che, regolarmente, ci fanno perdere la bussola (cmq, non ho visto la partita)... Una proposta: nel prossimo Brown Ribbon potreste scrivere qualcosa sui siti pseudorugbistici che pullulano in Italia (non c'è solo il filone nazionalpopolare: c'è anche quello "fascio", quello aziendalista etc etc)... Statemi bene.

Abr ha detto...

Grazie mille Ale, I appreciate.
Si, le solite bastardate irish, come detto si sanno e quindi colpa nostra se non riusciamo a gestirle.
Quello in foto mi par l'altro pilone, non Court subentrato autore di meta che è mezzo rossiccio, ma Ross.
bella l'idea per il Brown Ribbon! eh eh eh, qualcuno potrebbe rimanere offeso ...

Anonimo ha detto...

Siccome hai diviso il tuo articolo in 5 punti, proverò a darti la mia personale opinione su ognuno di essi:
1)Il fattore campo..hai ragione, giocare all'Aviva Stadium con 60.000 tifosi che ti incitano non è la stessa cosa che farlo al Flaminio/Olimpico con i tifosi dalla tua parte. Però cavolo, siamo al 6 Nazioni da oramai 12 anni, non possiamo sempre nasconderci dietro alle solite scuse. Non penso che si potesse vincere, questo mai, però dobbiamo dare un segnale al mondo rugbystico internazionale, che si sta iniziando a chiedere :"ma quelli con le maglie azzurre, cosa ci stanno a fare nel 6N?!" Non possiamo mettere il naso fuori dall'Italia e prendere almeno 30 punti ogni volta.
2)L'apertura: come dici tu, l'argomento più nazional-popolare. Mi trovo d'accordo con te, questi abbiamo e con questi non possiamo fare i miracoli. Vale la pena sperimentare Botes perchè Burton non si sa nemmeno se al prossimo mondiale ci arrivi, però il sudafricano a mio avviso non ha la fisicità per giocare 10 a livello internazionale e pure le altre squadre lo sanno.. lo puntano sempre in attacco e finchè hanno potuto Zanni e Barbieri gli hanno dato una mano, ma non potevano essere onnipresenti. E' anche vero però che Botes ha un X factor che altri non hanno, il problema è che spesso l'idea è buona ma scarsa l'esecuzione (vedi alcuni calcetti o penetrazioni tentate non andate a buon fine)
3) Giocare 60 minuti.
E' ovvio che per reggere la fisicità e lo scontro fisico dobbiamo produrre uno sforzo superiore alla media. Se nel primo tempo reggiamo e giochiamo alla pari, è anche fisiologico un calo fisico in primis, in secundis mentale nel secondo tempo.
A mio modesto avviso il primo tempo doveva finire col punteggio di 16-10 per noi. Aggiungi all'Italia 6 punti al piede (2 calci tra le 2 punizioni e il drop DOVEVANO entrare) e togli 7 punti all'Irlanda, arrivati in risposta alla meta di Parisse e in seguito al SOLITO ERRORE che commettiamo nei momenti decisivi: restituiamo subito la palla agli avversari non vincendo il calcio d'inizio, con 2 minuti da giocare.Conclusione=meta di Bowe e trasformazione di Sexton. (La sconfitta allo scorso 6N proprio contro l'Irlanda a Roma è arrivata proprio così,ricordate?). Andare a riposo in vantaggio in Irlanda è tutt'altra cosa che andarci sotto di 7, sia per il morale che per il fisico.
4 e 5): Mete fotocopia e arbitro.
Mi trovi perfettamente d'accordo con te,soprattutto sulla questione arbitro. Siamo poco rispettati da loro, punto e basta.
Scusami se son stato prolisso ma volevo cercare di esprimere al meglio i miei pensieri.
-Andrea-

Anonimo ha detto...

Da GiorgioXT
Articolo "Spot-On" come dicono gli anglos. - solo un commento

La questione arbitro si risolve solo con un metodo - lo stesso usato dai Francesi nel dopoguerra : Imporre la presenza di arbitri nazionali con la responsabilità di partita.
Questo non risolve i problemi degli errori, però riduce parecchio (non del tutto a sentire i transalpini...) l'impostazione attuale che vede gli ultimi arrivati arbitrati in modo diverso dagli avversari.
Parrebbe un dettaglio (e va contro molte delle frottole che si dicono su questo sport) ma conoscendo la presenza di arbitri italiani a comandare le partite delle proprie nazionali porta ad un approccio -magari inconscio- ma diverso.

Abr ha detto...

Grazie Andrea per l'articolato contributo e nessuna scusa :) è esattamente quel che cerchiamo, il civile confronto birretta in mano che fa crescere le opinioni di tutti.

La mia replica:
1) Non mi pare sia "le solite scuse", pochi lo sottolineano e invece dovremmo farcene una ragione "strategica". Benetton ha vinto la prima partita fuori casa dopo un anno di Celtic, dopo aver trasformato Monigo in un posto molto tosto per chiunque ci capiti, Munster incluso.
se iniziassimo a vincere di uno o due in casa, stile l'anno scorso con la Francia, ci credi che fuori perderemmo di cinque e non di trenta?
2) la fisicità dell'apertura: quando c'era Gower tutto fisico non andava bene, Dominguez al contrario senza fisico andava benissimo (eran altri tempi). C'è chi la vuol cotta e chi cruda. Sul resto siamo d'accordo.
3) Poteva esser 10-16 per noi a fine primo tempo? Si, in caso di super stellone fortunato. Cose che capitano una volta in vita, fuori casa: tu centri tutte le tue opportunità e gli avversari no. Concorderai che così ci s'illude e basta.

Sull'episodio seconda meta: riprendiamoci i calci di avvio, concordo. Ma dopo? Se avessimo finito PARI il primo tempo (risultato a mio avviso più corretto), gli irish avrebbero spaccato tutto a inizio del secondo. Il punto son quelle 4 mete fotocopia: dimostrano una superiorità attualmente per noi inarrestabile: quando han deciso han marcato.

Sull'arbitro: siam poco rispettati perchè non ci facciamo rispettare: (1) costruendo vittorie in casa, tanto per cominciare. In inglese "sfigato" si dice "loser", non c'è rispetto in quella cultura per chi perda sempre.

Abr ha detto...

Sono d'accordo GiorgioXT.
Ricordo le polemiche ferocissime di Ulster contro Penné, direttore della gara che persero in casa con la Benetton. Commentai: adesso iniziate a capire dodici anni di frustrazioni nostre, eh? Perchè non ci sono solo i regolamenti, ci sono anche i modi di interpretarli.

Le manderei in fotocopia, quelle polemiche ulsteriane, a certi provinciali nostrani, quelli che "le decisioni degli arbitri non si contestano mai" (errore, sono i risultati finali che non si contestano), perchè "altrove hanno cultura sportiva, non come voi che rovinate questo sport bellissimo...".
Grazie Francia del SudOvest, che da cento anni e passa col tuo muso duro e polemiche a gogo, ti prodighi a rovinare il perfetto giocattolo anglosassone :D

(ora che il cricket è usucapito da India Pakistan Bangladesh e solo Australia resiste, l'è dura per l'Impero di mollare l'osso rugby).

Anonimo ha detto...

Iniziamo dal correggere i piccoli (grandi) errori se vogliamo avere speranze di vincere le partite, vedi i calci di inizio, i placcaggi sbagliati, i tanti (troppi) falli stupidi concessi all'Irlanda(ne ho contati almeno 3 all'interno dei 22 irlandesi..non hanno bisogno del nostro aiuto per risalire il campo..
Se avessimo finito 10 pari il primo tempo avrebbero comunque vinto ma li avremmo "fatti pensare" di più.
Seguo e gioco a rugby da oramai quasi 20 anni, sono cresciuto con la palla ovale sempre in mano e di partite dal vivo ne ho viste oramai più di qualcuna e sai quante volte ho visto vincere l'Italia dal vivo?!?! NESSUNA!! Son stato testimone persino della prima vittoria in assoluto dei Pacific Islanders..insomma, parliamone!!
Sono frustrato quando guardo la nazionale, finisco che sono ancora più incazzato di quando perdo un match di campionato, non va bene per la mia salute!
a me non interessa se si perde di 1 o di 40, il risultato è lo stesso!!! Andiamo sulla banalità ora...sono stanco delle SCONFITTE ONOREVOLI,basta perdere!! Giusto dare spazio e tempo ad un allenatore, Brunel, che ha dimostrato di saper fare "qualcosa"..no? ma iniziamo a chiederci se il resto dello staff lo è..Troncon, Orlandi, sono allenatori di altissimo livello? io un'idea me la son fatta, non so voi.
Perchè le grandi nazionali hanno costruito qualcosa( ergo: vincere un mondiale) lasciando tanto tempo a disposizione dei propri coach( 8 anni sono rimasti sulla panchina Woodward ed Henry prima di vincere un mondiale) invece noi li cambiamo come se fossero dei pannolini sporchi?
-Andrea-

Abr ha detto...

Di partite ne ho viste tante anch'io, italiane e non, ma senza errori non ne ricordo, Andrea, da nessuno.
Quella fanatica attenzione ai dettagli che serve per non sbagliare (quasi) mai (duro lavoro di preparazione incluso,) rappresenta a mio avviso un (arduo) punto d'arrivo, non un semplice inizio. Soprattutto per mentalità nazionali come le nostre, più portate a plaudire ai "geni" che non ai metodici faticatori.
Il punto di partenza a mio avviso è un altro, lo dico dopo.

Sul perdere sempre, che dire ... il rischio è che l'esasperazione porti proprio a quegli errori che stigmatizzi tu stesso. Non è solo questione di tenere gli allenatori, è anche il "clima". Anche se il pubblico del rugby italiano è forse la cosa più bella e "pulita" che ci rimane.

Lo staff: dici ben, ma credo sia anche un problema di costi. Certo che poi vedi Wayne Smith, candidato alla panca inglese, che va a vare il vice a Waikato, e qualche pensierino lo fai.

Le nazionali che ham vinto il mondiale? Son sempre quelle Andrea, manco la Francia c'è ancora arrivata. Vincere il Sei Nazioni entro 3 anni come ha detto Brunel?

dal canto mio ripeto ancora, mi basterebbe partire dal voler vincere (quasi) sempre in casa.
Quello sarebbe un bel punto di partenza, su cui poi edificare: CREDIBILITA' arbitrale, rispetto etc.etc. E allora poi stai tranqui che arriverebbero anche le vittorie nei tornei "in campo neutro" come i mondiali, arriverebbero campioni E ALLENATORI in grado di far fare il salto non tanto alla nazionale quanto ai club, alla base, e poi ....
insomma instaurare la classica spirale virtuosa. Partendo dal basso e dal piccolo della casa tua però, non focalizzando alfa e omega su 'sta nazionale.
Ecco l'idea che mi son fatto personalmente, Andrea.

ringo ha detto...

Domenica però hanno battuto il Pakistan. Ora sono a posto per anni ;)

ivanot ha detto...

Abr le tue ultime parole mi piacciono tantissimo, si costruisce dalle fondamenta, le nostre fondamenta sono i clubs di qualsiasi età e categoria. Se non vincono i clubs difficile che vinca la nazionale, se veniamo costantemente "asfaltati" in tutte le partecipazioni europee (tranne qualche volta) è estremamente difficile andare a vincere nei fortini degli altri. Dobbiamo crescere in primis dal management e far si che il terreno di casa diventi minato per qualsiasi "foresto" venga a calpestarlo.

Abr ha detto...

giusto: management, strumenti finanziari, territorio, meno vincoli e regolette per chi ha volgia di cacciar la grana (ex: benetton: avercene! se volessero aprire una squadretta serie B a Paese, perchè non possono?), un quadro normativo fatto di certezze per poter costruire e perchè no, far sano business coi e dai vivai, stop alla concorrenza surrettizia delle accademie.
Attualmente non è così.
In Italia zompiamo troppo facile sulle conclusioni (allenatore, apertura ...) invece di edificare pazientemente dalle fondamenta. E' quel che piace a chi poi fa quel che vuole sul territorio.

Il concetto di partire a costruire dalle vittorie in casa l'ho imparato dalla Benetton.

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