Close but not enough
Da Christchurch prima a Melbourne dopo, australi e celtiche incrociano nuovamente le spade nei match tra Nuova Zelanda - Irlanda e Australia - Galles e gli esiti si assomigliano molto: tre punti allo scadere che fanno la differenza, che fanno concludere "close but not enough", vicini, ma non abbastanza. Ci si era lasciati la scorsa settimana con qualche considerazione del tipo quando a Sud alzano il ritmo, è dura stargli dietro. Oppure: gli irlandesi sono sulle gambe, hanno sette giorni per rimediare, difficile ipotizzare possano modificare gli equilibri sul campo, a meno che gli All Blacks non diventino jittery, nervosi, agitati. Quanto ai dragoni rossi c'erano le intenzioni, gli schemi e anche l'esecuzione, ma non la velocità necessaria e neppure l'intendimento tra le parti nel momento chiave. Beh, è finita che il drop di Dan Carter da una parte al 79' (foto) e il piazzato di Mike Harris dall'altra a 80' scoccato abbiano levato le castagne del fuoco tanto per i neozelandesi che per i Wallabies al termine di due partite combattute, per certi tratti, a ritmi più bassi rispetto alle prime uscite, ma non per questo con meno foga e battaglia tra le difese.
Nuova Zelanda 22-19 Irlanda
Stava per scapparci la sorpresa: è dai 26 Test Match che gli irlandesi provano a vincere sugli All Blacks e se proprio vittoria non poteva essere, almeno un pareggio, per quanto le condizioni fossero favorevoli agli ospiti - a proposito di condizioni, quelle meteorologiche a Christchurch ricordavano a fine corsa quelle di Newcastle, Australia, quando gli scozzesi batterono gli Aussie proprio per la differenza di una pedata: l'estremo di casa Israel Dagg fuori per dieci minuti per un placcaggio in ritardo su Rob Kearney al 72', Jonathan Sexton che ci prova dalla metà campo mettendoci precisione, ma non la potenza necessaria perché l'ovale passi tra i pali sul risultato di perfetta parità. Con un uomo in meno, gli All Blacks si riversano in avanti fino ad organizzare la base per il drop di Carter che sigilla la pratica.
I campioni del mondo in carica partono bene, gestendo il possesso, determinando il ritmo e sfruttando in un paio di occasioni il cedimento del muro Sean O'Brien - Jamie Heaslip con Julian Savea, l'ala che sabato scorso fece tripletta. Per il resto la trincea irlandese si chiude bene e contesta i palloni nelle ruck come sa fare, mentre Sexton si dedica al placcaggio di chi gli passa attorno. Kearney è il faro nel triangolo allargato in particolare quando gli AB optano per il gioco al piede e lo scontro tra gli avanti diventa sempre più duro: stavolta a portarne i segni saranno tanto Kieran Read quanto Adam Thomson. Sam Whitelock va a caccia dei pezzi più grossi, alle sue spalle c'è il capitano Richie McCaw che compete al meglio con i dirimpettai nel breakdown nel sottolinearne l'indisciplina. Tant'è, bastano meno di dieci minuti agli irlandesi per andare a segno, avanzando nei 22 neozelandesi, arroccandosi dopo una serie di set-up vicini e continui sui 5 metri, quindi guadagnando qualche centimetro in più finché il mediano Conor Murray dà un'occhiata sul lato aperto, quindi raccoglie e va per quello chiuso e marca meta. Nel primo quarto l'Irlanda si porta sul 10-0 e quando al 21' l'arbitro Nigel Owens fischia fallo per i padroni di casa, Carter punta subito i pali per smuovere il punteggio così come fa al 29' e al 33', mentre alla fine del primo tempo la conclusione on ha buon esito e dunque l'Irlanda va negli spogliatoi in vantaggio per 10-9.
La ripresa - sarà un caso? - si apre con la prima frustata offensiva di Sonny Bill Williams che riceve palla dentro i 22 e pesta sui piedi, non tenta nemmeno un off load dei suoi quando la linea di meta è prossima e così il mediano Aaron Smith chiude lui l'azione con il touchdown replicando a Murray. E' la meta del sorpasso nel punteggio e gli All Blacks non andranno più sotto per il resto dell'incontro. Non c'è nemmeno il tempo per i tifosi locali di considerare l'ipotesi che ora sarà tutto più semplice: Sexton accorcia al 44' (16-13) e anzi, più che marea nera sono scogliere nere, quelle che gli irlandesi non riescono a superare in un paio di occasioni sul più bello. Intanto Gordon D'Arcy cede il posto a Ronan O'Gara che passa a numero 10, mentre Sexton scala sulla linea dei trequarti. Doppio registra in campo, dove resta Cian Healey: nell'andata la spalla lo aveva tradito, questa volta tiene alta la cresta con tutta la prima linea, non tanto nell'ingaggio, quanto nel gioco aperto. Con l'ingresso nell'ultimo quarto Carter allunga sul +6, il sempreverde Brian O'Driscoll vince un confronto diretto con SB Williams. Sexton prima accorcia al 63', quindi al 68' fa in modo che il sogno possa almeno bussare: Ali Williams commette fallo in ruck, quindi bisticcia con O'Brien prendendosi dieci metri di penalità e per il cecchino di Dublino è tutto più semplice per fissare sul tabellone il 19-19.
E si giunge così nei dieci minuti che portano alla conclusione, con il giallo a Dagg per il placcaggio alto su Kearney, il tiro dalla distanza che non arriva a destinazione, il meteo che non vuole passare inosservato e un ovale perso in avanti dal pilone Mike Ross che consente agli All Blacks di riorganizzarsi: close, but not enough. Non una, ma due volte Carter va di drop: nella prima occasione esce largo, nella seconda, sul passaggio di Piri Weepu dalla mischia, non sbaglia.
Australia 25-23 Galles
E' l'abbraccio a Mike Harris da una parte, la forte delusione sui volto di Sam Warburton e Adam Jones dall'altra la scena finale di quanto accaduto a Melbourne: per Harris era il 2° cap con i Wallabies, entrato entrato per Berrick Barnes al 72', dopo che l'apertura sbaglia un facile piazzato sul 23-22 gallese, colpa anche di un fastidio alla gamba sinistra che lo accompagnava da qualche minuto e così il cambio è immediato. I gallesi in maul non rimangono ai loro posti, squilla la sirena e l'arbitro neozelandese Chris Pollock indica un vantaggio per i padroni di casa, l'azione s'interrompe e Harris si presenta alla piazzola dall'angolo sinistro, fa due bei respiri e manda il pallone a segno.
Al Galles di Warren Gatland che torna in tribuna bastano i minuti iniziali dei due tempi per andare a segno: sono gli istanti in cui producono maggiore mole di gioco in un match che si combatte per tutto il campo, eccetto che per gli ultimi metri. Al 2' è George North ad aprire le danze, dopo che Alun-Wyn Jones fa suo il calcio d'inizio di Rhys Priestland e i dragoni guadagnano terreno, arrivano nei 22, sotto i pali e l'ala passa di lì, raccoglie l'ovale e allunga il braccio in area di meta. I Wallabies reagiscono alla doccia fredda mantenendo la calma e muovendo palla tanto al largo, quanto sullo stretto o muovendosi con Will Genia, ma stavolta la linea difensiva gallese non concede spazi per innestare la marcia più alta e quando Digby Ioane o Cooper Vuna sfondano, si riordina. Il capitano David Pocock sviluppa arti diplomatiche quando scambia qualche battuta con Pollock, Scott Higginbotham viene più volte ripreso così come Dan Lydiate. Intanto Barnes accorcia sul 7-6 alla mezz'ora e se la sua serata al piede è ancora perfetta, eccetto per un errore iniziale, non vale lo stesso discorso tra i gallesi: Mike Phillips non trova la rimessa laterale dalla base, Adam Ashley Cooper può così rilanciare l'azione, Barnes corre e crea superiorità al largo dove arriva Ron Horne che va a schiacciare in meta al 38' e la prima frazione si chiude sul 13-7 per l'Australia.
Si torna a giocare e la coppia di centri gallese Jonathan Davies e Ashley Beck dialoga bene: il primo mette in mostra le sue abilità al piede spingendo la palla nella profondità sguarnita di difensori e al 42' la situazione si ribalta: Leigh Halfpenny non sbaglia la conversione del 14-13 e nei successivi cinque minuti sfida Barnes per il 17-16 ospite al 50'. E' un match che si gioca sul filo del rasoio, non solo perché è ormai chiaro che vale la serie intera, ma perché per come le squadre di comportano in campo altra variante non può esserci. La disciplina conta: al 58' Barnes firma il controsorpasso, ma entrati nell'ultimo quarto i Wallabies restano in 14 per il giallo a Vuna per l'intervento pericoloso su Halfpenny mentre è in aria per raccogliere l'ovale e l'ala lo stende prendendolo di spalla le gambe - e chiedendo poi scusa per l'accaduto. L'estremo smaltisce la botta e firma il 20-19, ma Barnes replica di lì a poco. Intanto cambiano le prime linee, con gli ingressi di Stephen Moore e Ben Alexander per gli australiani, mentre Richard Hibbard prende il posto di Matthew Rees nel tallonaggio ospite. Entra anche Rhys Webb in mediana per un Phillips che attacca a pasticciare un po' troppo, dopo aver comunque regalato una delle emozioni offensive della partita, sgusciando via a tre uomini sulla fascia destra in quello che sarebbe potuto essere il più classico dei contropiede, se non fosse per un in avanti in seguito che interrompe tutto.
La mischia gallese cede alla spinta avversaria sul 23-22, Barnes può quindi puntare ai pali da posizione centrale, ma sbaglia: zoppica, forse un colpo al ginocchio, ma molto più probabile un risentimento muscolare fattosi vivo dopo un calcio in profondità qualche minuto prima. Se ne esce dal campo arrabbiato, l'occasione era ghiotta e dalla panchina assiste ad un paio di errore di gestione dei suoi che possono costare cari, regalando palla al Galles. Ma quando l'1-1 e palla al centro sembra lo scenario che accompagna Australia e Galles alla bella di settimana prossima, ci pensa Harris. E scorrono i titoli di coda. Close but not enough. Next time, baby.
Nuova Zelanda 22-19 Irlanda
Stava per scapparci la sorpresa: è dai 26 Test Match che gli irlandesi provano a vincere sugli All Blacks e se proprio vittoria non poteva essere, almeno un pareggio, per quanto le condizioni fossero favorevoli agli ospiti - a proposito di condizioni, quelle meteorologiche a Christchurch ricordavano a fine corsa quelle di Newcastle, Australia, quando gli scozzesi batterono gli Aussie proprio per la differenza di una pedata: l'estremo di casa Israel Dagg fuori per dieci minuti per un placcaggio in ritardo su Rob Kearney al 72', Jonathan Sexton che ci prova dalla metà campo mettendoci precisione, ma non la potenza necessaria perché l'ovale passi tra i pali sul risultato di perfetta parità. Con un uomo in meno, gli All Blacks si riversano in avanti fino ad organizzare la base per il drop di Carter che sigilla la pratica.
I campioni del mondo in carica partono bene, gestendo il possesso, determinando il ritmo e sfruttando in un paio di occasioni il cedimento del muro Sean O'Brien - Jamie Heaslip con Julian Savea, l'ala che sabato scorso fece tripletta. Per il resto la trincea irlandese si chiude bene e contesta i palloni nelle ruck come sa fare, mentre Sexton si dedica al placcaggio di chi gli passa attorno. Kearney è il faro nel triangolo allargato in particolare quando gli AB optano per il gioco al piede e lo scontro tra gli avanti diventa sempre più duro: stavolta a portarne i segni saranno tanto Kieran Read quanto Adam Thomson. Sam Whitelock va a caccia dei pezzi più grossi, alle sue spalle c'è il capitano Richie McCaw che compete al meglio con i dirimpettai nel breakdown nel sottolinearne l'indisciplina. Tant'è, bastano meno di dieci minuti agli irlandesi per andare a segno, avanzando nei 22 neozelandesi, arroccandosi dopo una serie di set-up vicini e continui sui 5 metri, quindi guadagnando qualche centimetro in più finché il mediano Conor Murray dà un'occhiata sul lato aperto, quindi raccoglie e va per quello chiuso e marca meta. Nel primo quarto l'Irlanda si porta sul 10-0 e quando al 21' l'arbitro Nigel Owens fischia fallo per i padroni di casa, Carter punta subito i pali per smuovere il punteggio così come fa al 29' e al 33', mentre alla fine del primo tempo la conclusione on ha buon esito e dunque l'Irlanda va negli spogliatoi in vantaggio per 10-9.
La ripresa - sarà un caso? - si apre con la prima frustata offensiva di Sonny Bill Williams che riceve palla dentro i 22 e pesta sui piedi, non tenta nemmeno un off load dei suoi quando la linea di meta è prossima e così il mediano Aaron Smith chiude lui l'azione con il touchdown replicando a Murray. E' la meta del sorpasso nel punteggio e gli All Blacks non andranno più sotto per il resto dell'incontro. Non c'è nemmeno il tempo per i tifosi locali di considerare l'ipotesi che ora sarà tutto più semplice: Sexton accorcia al 44' (16-13) e anzi, più che marea nera sono scogliere nere, quelle che gli irlandesi non riescono a superare in un paio di occasioni sul più bello. Intanto Gordon D'Arcy cede il posto a Ronan O'Gara che passa a numero 10, mentre Sexton scala sulla linea dei trequarti. Doppio registra in campo, dove resta Cian Healey: nell'andata la spalla lo aveva tradito, questa volta tiene alta la cresta con tutta la prima linea, non tanto nell'ingaggio, quanto nel gioco aperto. Con l'ingresso nell'ultimo quarto Carter allunga sul +6, il sempreverde Brian O'Driscoll vince un confronto diretto con SB Williams. Sexton prima accorcia al 63', quindi al 68' fa in modo che il sogno possa almeno bussare: Ali Williams commette fallo in ruck, quindi bisticcia con O'Brien prendendosi dieci metri di penalità e per il cecchino di Dublino è tutto più semplice per fissare sul tabellone il 19-19.
E si giunge così nei dieci minuti che portano alla conclusione, con il giallo a Dagg per il placcaggio alto su Kearney, il tiro dalla distanza che non arriva a destinazione, il meteo che non vuole passare inosservato e un ovale perso in avanti dal pilone Mike Ross che consente agli All Blacks di riorganizzarsi: close, but not enough. Non una, ma due volte Carter va di drop: nella prima occasione esce largo, nella seconda, sul passaggio di Piri Weepu dalla mischia, non sbaglia.
Australia 25-23 Galles
E' l'abbraccio a Mike Harris da una parte, la forte delusione sui volto di Sam Warburton e Adam Jones dall'altra la scena finale di quanto accaduto a Melbourne: per Harris era il 2° cap con i Wallabies, entrato entrato per Berrick Barnes al 72', dopo che l'apertura sbaglia un facile piazzato sul 23-22 gallese, colpa anche di un fastidio alla gamba sinistra che lo accompagnava da qualche minuto e così il cambio è immediato. I gallesi in maul non rimangono ai loro posti, squilla la sirena e l'arbitro neozelandese Chris Pollock indica un vantaggio per i padroni di casa, l'azione s'interrompe e Harris si presenta alla piazzola dall'angolo sinistro, fa due bei respiri e manda il pallone a segno.
Al Galles di Warren Gatland che torna in tribuna bastano i minuti iniziali dei due tempi per andare a segno: sono gli istanti in cui producono maggiore mole di gioco in un match che si combatte per tutto il campo, eccetto che per gli ultimi metri. Al 2' è George North ad aprire le danze, dopo che Alun-Wyn Jones fa suo il calcio d'inizio di Rhys Priestland e i dragoni guadagnano terreno, arrivano nei 22, sotto i pali e l'ala passa di lì, raccoglie l'ovale e allunga il braccio in area di meta. I Wallabies reagiscono alla doccia fredda mantenendo la calma e muovendo palla tanto al largo, quanto sullo stretto o muovendosi con Will Genia, ma stavolta la linea difensiva gallese non concede spazi per innestare la marcia più alta e quando Digby Ioane o Cooper Vuna sfondano, si riordina. Il capitano David Pocock sviluppa arti diplomatiche quando scambia qualche battuta con Pollock, Scott Higginbotham viene più volte ripreso così come Dan Lydiate. Intanto Barnes accorcia sul 7-6 alla mezz'ora e se la sua serata al piede è ancora perfetta, eccetto per un errore iniziale, non vale lo stesso discorso tra i gallesi: Mike Phillips non trova la rimessa laterale dalla base, Adam Ashley Cooper può così rilanciare l'azione, Barnes corre e crea superiorità al largo dove arriva Ron Horne che va a schiacciare in meta al 38' e la prima frazione si chiude sul 13-7 per l'Australia.
Si torna a giocare e la coppia di centri gallese Jonathan Davies e Ashley Beck dialoga bene: il primo mette in mostra le sue abilità al piede spingendo la palla nella profondità sguarnita di difensori e al 42' la situazione si ribalta: Leigh Halfpenny non sbaglia la conversione del 14-13 e nei successivi cinque minuti sfida Barnes per il 17-16 ospite al 50'. E' un match che si gioca sul filo del rasoio, non solo perché è ormai chiaro che vale la serie intera, ma perché per come le squadre di comportano in campo altra variante non può esserci. La disciplina conta: al 58' Barnes firma il controsorpasso, ma entrati nell'ultimo quarto i Wallabies restano in 14 per il giallo a Vuna per l'intervento pericoloso su Halfpenny mentre è in aria per raccogliere l'ovale e l'ala lo stende prendendolo di spalla le gambe - e chiedendo poi scusa per l'accaduto. L'estremo smaltisce la botta e firma il 20-19, ma Barnes replica di lì a poco. Intanto cambiano le prime linee, con gli ingressi di Stephen Moore e Ben Alexander per gli australiani, mentre Richard Hibbard prende il posto di Matthew Rees nel tallonaggio ospite. Entra anche Rhys Webb in mediana per un Phillips che attacca a pasticciare un po' troppo, dopo aver comunque regalato una delle emozioni offensive della partita, sgusciando via a tre uomini sulla fascia destra in quello che sarebbe potuto essere il più classico dei contropiede, se non fosse per un in avanti in seguito che interrompe tutto.
La mischia gallese cede alla spinta avversaria sul 23-22, Barnes può quindi puntare ai pali da posizione centrale, ma sbaglia: zoppica, forse un colpo al ginocchio, ma molto più probabile un risentimento muscolare fattosi vivo dopo un calcio in profondità qualche minuto prima. Se ne esce dal campo arrabbiato, l'occasione era ghiotta e dalla panchina assiste ad un paio di errore di gestione dei suoi che possono costare cari, regalando palla al Galles. Ma quando l'1-1 e palla al centro sembra lo scenario che accompagna Australia e Galles alla bella di settimana prossima, ci pensa Harris. E scorrono i titoli di coda. Close but not enough. Next time, baby.
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