venerdì 19 ottobre 2007

Grandiosi Pumas!

Argentina-France 34-10
Per i francesi è la finalina dopo la sconfitta contro l’Inghilterra. Certo, è pur sempre una finale per il 3°-4° posto in un Campionato del mondo, ma dopo la vittoriosa sera di Cardiff è giunta la tragica notte di Parigi di una settimana fa a rovinare i sogni di gloria dei galletti che così si ritrovano di fronte ai Pumas, autentica rivelazione in positivo del Mondiale 2007. Per loro, per l’Argentina, a corto di forza e di fiato, è comunque il successo tanto atteso per ricordare all’Irb che ci sono anche loro tra i top team sparsi tra emisfero nord ed emisfero sud. Gli argentini stanno a sud, ma i suoi talenti si dividono nei campionati del nord. Un miscuglio di anime che conclude stasera, comunque vada, un anno d’oro. Si va in scena al Parco dei Principi. Dopo le lacrime di Chabal e quelle di Pichot, torna a dettare legge la palla ovale.
Si percepisce sin dall’inizio che la Francia vuole giocare alla mano, mentre gli argentini iniziano sornioni, attenti a non lasciare sul campo le ultime fatiche sin dai primi istanti di gara. A dettare i tempi è Michalak, polemico in settimana con il tecnico Laporte e ormai non le valige pronte per il Super 14: il prossimo campionato vestirà la maglia dei Natal Sharks. Così la Francia arriva vicino alla prima meta al 7’ con una percussione di Dominici, ma l’azione si ferma per un tenuta a terra. I nervi sono tesi, si sono di mezzo le vecchie ruggini del campionato francese e quel 17-12 alla prima giornata di Mondiale.
Al 17’ i primi tempi dell’incontro con Elissade per il vantaggio francese. Tre minuti dopo altri tre punti con Contepomi per il pareggio. La Francia riprova a muovere palla, sperando di cogliere impreparata l’Argetina che si difende, costringendo i francesi ad un passaggio in avanti che vanifica l’ennesimo l’attacco alla mano. Si distingue la terza linea Nyanga, vispo ed elegante nel placcare e nell’evitare i placcaggi.
Al 25’ lunga fase di ruck per la Francia a pochi metri dalla meta, poi palla fuori con un cross kick di Michalak che non ottiene i frutti sperati. E così, ad occasioni sprecate, i Pumas rialzano la testa e, attaccando la linea difensiva unendo abilmente il gioco dei trequarti e quello degli avanti, arrivano alla meta con Felipe Contepomi che poi trasforma: 10-3 al 28’. L’Argentina suona la carica: drop che finisce sul palo di Hernandez, sulla respinta come falchi si gettano gli uomini di mischia e arriva la seconda meta che stravolge tutti i pronostici: 17-3 al 31’. Terribili fantasmi occupano gli incubi del team d’Oltralpe. Tutte le cose vanno per il peggio: anche in mischia, dove Roncero guida i suoi nell’ultima grande battaglia di questa lunga campagna europea. Il fatto è che, pur giocando alla francese, i francesi sono sotto un’altra volta.
Ed in campo i nervi sono altro che tesi, proprio si gioca con il fuoco. Placcaggi duri, da sano spirito rugbistico, prima di tutti da parte dei Pumas che sentono l’odore della paura degli avversari. L’arbitro neozelandese Honiss non gestisce sempre al meglio gli attriti e sorvola su un uno-due del francese Ibanez ai danni di un argentino e altre faccende.
I galletti ci riprovano per l’ennesima volta e per l’ennesima volta non segnano la meta. Giocatori ancora alle mani. I quaranta minuti intanto sono scaduti da un pezzo. L’arbitro chiede di stare calmi e di giocare a rugby, i cartellini gialli vengono solo minacciati. Si continua in un fazzoletto di terra, quello dei cinque metri sul lato sinistro. Così si conclude il primo tempo, con Ibanez e Fernandez Lopez che staranno in panchina nei primi dieci minuti del successivo.
Il secondo tempo inizia come logica comanda: Francia in avanti, ma l’Argentina rimane concentrata e concede poco muovendosi con tempismo. La matassa non si scioglie per i padroni di casa.
Anzi, si complica tremendamente. Manovra a tutto campo dei Pumas, iniziata con un taglio di Corleto che manda in balla la retroguardia francese, poi palla da sinistra a destra e meta, la terza dell’Argentina con Aramburou: 22-3, perché Contepomi non trasforma. Tutto quello che ci vuole per i Pumas, che erano dati per morti e forse non sono mai stati così vivi.
Al 60’ entra l’uomo delle caverne, Chabal, che dopo due minuti si prende il ben servito da Leguizamon: placcaggio duro e un po’ alto che lo stende. Giallo per l’argentino. Ma nemmeno in quattordici i Pumas si spaventano: al 64’ Corleto conclude con la quarta meta un’azione di ripartenza iniziata dagli argentini nei propri 22. Una fuga verso altri cinque punti e verso il terzo meritatissimo posto al Mondiale di Francia. Non un Mondiale qualsiasi. 27-3, 27-3, 27-3. Hai voglia il rugby champagne e la grandeur: è l’alma che conta.
A dieci dalla fine arriva la meta francese con l’Argentina costretta a difendere in 13 per un infortunio a Longo. Ora però i Pumas non ne hanno più. I francesi alzano il ritmo nella disperata rincorsa. Da una parte paiono attaccare in venti, dall’altra difendersi in tredici. E’ una lotta contro il tempo che deve scorrere veloce per i sudamericani.
Ma è l’alma a contare e Contepomi chiude un’altra azione corale splendida dei splendidi Pumas: 34-10. C’è il fiatone, ci sono i crampi, c’è la stanchezza di una avventura durata 40 giorni. Ma ci sono il cuore e l’organizzazione di una squadra fatta per vincere. E’ un terzo posto che vale oro, che vale il gradino più alto con la doppia umiliazione ai danni dei galletti. A Parigi si è spenta la luce. Per Laporte e i suoi uomini, è chiaro. Invece per l’Argentina è il trionfo più bello, il più meritato e il più grandioso. Ha vinto per knock out contro la Francia. Taglia la cresta al gallo e torna a casa con la lacrime cha accompagnano ogni successo che scrive la storia di una nazionale. Vanno ringraziati questi ragazzi. Ci hanno fatto divertire. Grazie gauchos.


La versione di Danny
Bisognerà cambiar definizione al gioco del rugby dopo questa partita: è diventato lo sport che smaschera, umiliando, chi scenda in campo armato di motivazioni spuntate; come disse Munari, uscire per passeggiata e gelatino al parco e rientrare con due occhi neri ...
A questi livelli la spocchia e il "diritto di nascita" non bastano più; persino i sudditi di Sua Maestà sono giunti in finale, per dirla alla Sacchi, dopo poderosi bagni di "straordineria umiltè" (che ce li hanno fatti diventare quasi simpatici e comunque più graditi dei francesi).
Sforzi immani da parte degli avanti transalpini a fine primo tempo, ripetutamente frustrati a un metro dalla meta; rutilanti azioni alla mano all'ala e al centro per tutta la partita, schiantate addosso a terze linee e centri avversari, o sull'arbitro (due mete annullate per passaggi in avanti): è stata una partita di modern rugby, vinta dalla squadra più efficace contro quella più orientata alla quantità.
Le cifre confermano questa svolta "antistatistica" del rugby moderno, tutto qualità e meno quantità: non è più fatale lasciare l'iniziativa agli avversari (65% possesso palla ai francesi) se si è solidi in difesa fino alla fine (134 placcaggi argentini contro 60 dei francesi); si riesce anche a bypassare l'indisciplina (13 penalità concesse dai Pumas contro 4), a patto di possedere qualità in attacco, per infilare in rimessa gli avversari approfittando degli inevitabili sbilanciamenti difensivi delle loro linee arretrate all'assalto (5 mete contro una).
A proposito di qualità offensive contro quantità, un paio di dati su tutti:
- entrambe le squadre commettono il 15% circa di errori sui placcaggi (un po' stanchini), solo che gli argentini sfruttano i dieci mancati placcaggi dei Galletti per realizzare 5 mete, mentre i francesi invece ne sanno ricavare solo una dai 21 errori dei Pumas;
- che dire poi dell'incapacità francese di sfruttare ben 23 rimesse laterali vinte contro le 6 degli avversari?
Oggi ancor più di ieri, nel rugby di livello vince la squadra che lo vuole veramente.

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