sabato 11 ottobre 2008

Rugby per signorine


Di seguito l'articolo scritto dal nostro Brett aka Ringo e dal collega Tommaso Lorenzini, pubblicato su Libero di oggi


Max Guazzini è un tipo tutto particolare. E tutto particolare è lo Stade Français, la formazione parigina di rugby che l’ex cantante gay ha rilevato e rilanciato nel mondo della palla ovale, portandola al vertice non solo del rugby francese ed europeo, ma anche delle chiacchiere. Prima la maglia rosa firmata Kenzo, con tanto di decorazione floreale, ora la nuova creazione, una terza divisa con una serigrafia multicolor a firma di Andy Warhol, icona della pop art, che riproduce Bianca di Castiglia, regina francese del 1200. Nulla di cui scandalizzarsi, in fondo, perché il rugby sport macho per eccellenza, non è solo muscoli e placcaggi.
fiammeggiante
Guazzini, dicevamo. Nato a Nizza ma di origini toscane («ho ancora il doppio passaporto e ne sono orgoglioso»), avvocato, sodale di Dalida fino alla sua tragica morte, nel 1992 diventa presidente dello Stade Français, club glorioso ma precipitato in terza divisione. In sei anni lo guida al titolo. Il suo ingresso nell’“Ovalia” francese, estremamente tradizionalista, è un terremoto, come il primo calendario senza veli dei giocatori. Era il 2000. Guazzini lancia anche le maglie rosa («ispirate a quelle della Juventus per il centenario», confessa) e le partite del suo club diventano un evento nell’evento, sul modello del Super Bowl americano: 80 minuti di rugby in mezzo a spettacoli e musica. Come quella volta che ha portato allo Stade de France i Gipsy Kings, e il pubblico tinto di rosa, impazziva sulle note di “Djobi djoba” e “Bamboleo”. «Non c’è niente di male, semplicemente hanno un presidente che è un grande comunicatore», commenta Vittorio Munari, dirigente del Benetton Treviso e vulcanico commentatore di Sky che vanta un curriculum rugbistico mica da ridere. «Guazzini ha fatto grande il rugby a Parigi; è come se qualcuno riuscisse a fare la stessa cosa a Milano o Roma». Una studiata operazione di marketing per una squadra che vince, sulla quale magari in molti fanno battute, «ma sono gli stessi che vorrebbero giocare nello Stade e indossarla. Anche a Treviso abbiamo un prototipo di maglia con i fiori: i Benetton, dopo tutto, mica fanno bulloni», continua Munari. Lo stesso discorso vale per la nuova edizione del calendario che ritrae i giocatori del club parigino, “Les Diex du Stade” , nudi alla meta, con i muscoli bene in vista e il capitano azzurro, Sergio Parisse, in copertina. «Io in ufficio non le metterei mai, ma le donne single e i maschietti a cui piacciono altri maschietti, beh, un pensierino ce lo farebbero», sorride Munari. I rugbisti allora, sono un po’ narcisisti? «Eccome. Hanno il gusto del fisico, del tatuaggio e secondo me sono narcisisti pure a letto», conclude.
i nuovi dei
Tra quelli che hanno lasciato un segno fra le ragazze francesi ci sono anche i fratelli Bergamasco che militano nello Stade. Basta visitare il loro sito ufficiale (www.mbergamasco.it) per capire che i due non si fanno desiderare quando si tratta di posare come modelli per grandi firme, una passione trasformata in attività commerciale con la boutique al numero 42 di boulevard Jean Baptiste Clement. Mauro, il maggiore, ammette che in un primo momento, di fronte alla riproduzione della Bianca di Castiglia, si era detto: «Hanno messo la Madonna sulla maglia?». E ammette pure che la sua è una squadra stravagante, come Parigi: «Per noi giocatori la maglia è uno strumento di lavoro, però ad indossarla non c’è niente di imbarazzante», rassicura, «ovvio, se sei una squadra che perde, è un conto, ti prendono in giro; non è il nostro caso». E riguardo al calendario? «Ottima operazione di marketing: ha dato un’immagine un po’ differente del rugbista, non più visto come uno che mangia le donne». Desiderato? «Sì, anche se non ho notato un aumento delle corteggiatrici, non conviene fermarsi solo al calendario» sorride la terza linea padovana.
calendari sexy
La mette sul ridere anche Mirco: «All’ inizio ero conosciuto più per le pose in foto che per le prestazioni in campo, poi le cose sono cambiate», anche se quest’anno non ha potuto ancora indossare la maglia pop. «Però l’ho vista dalla tribuna addosso ai miei compagni e posso dire che fa una bella figura. È simpatica, magari indossarla al momento è un po’ strano, però mi piace».
Il rugby però è soprattutto, ancora, tradizione. Anche quando si tratta di maglie, come suggerisce il buon Munari: «La più bella rimane quella del giocatore dilettante che la compra dal club per giocare e poi la indossa pure fuori dal campo. Perché quella maglia è la sua identità, anche quando la lava, sbiadisce, e magari da nera diventa grigia».

9 commenti:

Abr ha detto...

'sti parigini "sondano" nuove fasce di mercato ;)

Interessante l'emergere da questi fenomeni di socio-marketing, di fenomenologie dejà vu.
Con buona pace dell'arcigay et similia, riemerge una categorizzazione di "gender" altrettanto netta e discriminante di quella maschio - femmina: quella tra "attivi" (che giocano e fanno i narcisi) e "passivi" (che appendono sospirosi il calendario)...
Progresso? Nella realtà stiamo tornando ai paradigmi precristiani greci e romani, dove il maschio attivo era beautiful e il passive, maschio o femmina, era serie b.

Ma qui a rightrugby ce se stà ad allargà ;)

Anonimo ha detto...

la sola discriminazione, a giudicare dal successo delle iniziative di guazzini, è fra chi entra allo stadio e chi rimane fuori senza biglietto, dato che, sembra, a Parigi di gente ce ne vada parecchia... il genere o l'appetito sessuale di ognuno non mi sembra venga messo in discussione

tommaso, uno degli autori

Abr ha detto...

Grazie per l'intervento Tommaso.
Non vorrei esser stato frainteso, il tema mi ha dato l'occasione di esprimere delle considerazioni generali aldilà delle scelte di Guazzini.

Nello specifico, ho esordito parlando di "nuove fasce di mercato": si tratta evidentemente di una operazione di marketing smart, volta a attirare audience mediante un approccio originale, rivolgendosi a nicchie di pubblico molto diverse da quello calciofilo, per giunta in una città cosmopolita dai gusti molto diversi da quelli dei circuiti classici territoriali del rugby che ci sono anche in Francia non solo in Italia (il Sudovest nel loro caso come il Nordest nel nostro).

Una volta giustificata la lungimiranza marketing dell'operazione, comprenderai come tra i puristi (della palla ovale non del sesso, almeno tra noi; della pruderie degl'inglesi invece, che pure non hanno lesinato critiche, non rispondo) la cosa possa far alzare un sopracciglio, uno solo alla Ancellotti?

11 ottobre 2008 18.05

ringo ha detto...

Vanità, tutto è vanita :D
Brett aka Ringo, l'altro autore.

Abr ha detto...

Munariano :D

note disambigue ha detto...

E' che io proprio non capisco niente di rugby. :|

Abr ha detto...

Beh note, se ti interessa frequentaci, qui cerchiamo di renderlo più "digeribile", per come siamo capaci.

Anonimo ha detto...

ottimo! sono perfettamente d'accordo e legittimo l'alzata di ciglia! ah, complimenti per il sito, quando ci vediamo con brett ringo facciamo una bella bevuta !


tommaso

Abr ha detto...

Oh ora si che se parla come se magna! Più che volentieri, e grazie per i complimenti!

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