Come volevasi dimostrare
E dunque il novembre a tutto ovale si è chiuso. E' stato un mese lunghissimo che con la memoria ci ha riportati ad un anno fa, quando questo blog era nato con l'intento di seguire la Coppa del mondo per poi proseguire la sua avventura. Le emozioni non sono mancate nemmeno questa volta, ma a differenza di un torneo, a questo punto è l'ora di trarre degli spunti tecnici che in una competizione come un Mondiale non hanno sempre la ragione sulle altre, perché quella è tutta un'altra faccenda. La vera ed unica considerazione tratta da questo mese è che il Sud ha stritolato il Nord. Non una novità, d'accordo. Ma la ennesima conferma.
La Nuova Zelanda ha applicato alla lettera il motto di Cesare: veni, vidi, vici. Un anno fa eravamo qui a cercare di capire perché avesse perso l'ennesimo Mondiale. 365 giorni dopo la risposta l'abbiamo trovata in Graham Henry che è rimasto sulla panchina All Blacks e ha saputo continuare il progetto messo in piedi qualche tempo fa nonostante un passaggio in avanti di troppo e la fuga di pezzi pregiati nel Vecchio Continente. Lui mica ha fatto la vittima, è stato zitto, non ha fiatato, ha ammesso che non si aspettava di essere riconfermato e ha covato la vendetta come sanno fare solo i grandi strateghi. In silenzio, per l'appunto. Così oggi la Nuova Zelanda è la prima nazionale sul pianeta, ha portato a casa il Grand Slam in terra britannica e affini (leggi Irlanda), ha dimostrato che lei è un passo avanti alle altre. Come gioco, come intensità, come ritmo nelle gambe. Pur essendo alla fine della sua stagione. Lei ha 80 minuti di rugby, le rivali no e la matematica non si discute. Non ha concesso una meta che fosse una e quando si è trattato di soffrire, lo ha fatto con ordine prima di sferrare l’offensiva finale. Con buona pace di tutte le nemiche.
Il Sud Africa non è stato da meno. Ha sopportato la pressione politica, sociale e razziale, permetteteci. Ha stravinto contro l’Inghilterra nel replay della finale di un anno fa, espugnando Twickenham come mai nessuna aveva fatto prima. Ha una vecchia guardia che corre come un giovanotto (rimane ancora impressa nella memoria la volata di Bakkis Botha per fermare l’ala tutta bianca lanciata in meta, una seconda linea con le leve al posto delle gambe). E’ stato un anno di alti e bassi, con un Tri Nations da scordare, ma dal quale ha saputo ripartire perché era solo questione di mettere ordine e di affidarsi a volti nuovi che non hanno mancato all’appuntamento. Insomma, pure loro, i Boks, hanno dimostrato che il mondo ovale è pure australe. Australe come l’Australia. E’ l’unica ad aver ceduto il passo nell’ultimo appuntamento con il Galles, ma forse non è un caso. I titolari del 6 Nations sono gli unici che hanno meglio applicato le nuove regole e non è un caso nemmeno questo che in panchina abbiano un neozelandese a comandarli, tale Warren Gatland. Eppure, l’Australia, è arrivata in Italia dove ha scoperto di avere rimpiazzi che sanno aggiustare i match senza il bisogno degli innesti che contano, ha conquistato Parigi (operazione che non è mai facile) e hanno battuto gli uomini di Martin Johnson a casa loro, vendicando l’eliminazione ai quarti sempre di un anno stramaledettissimo fa. I professori del rugby, mica per niente, che hanno saputo tenere testa agli All Blacks nel Tri Nations grazie all’innovato killer istinct. Intelligenza applicata, direbbe il buon Vittorio Munari.
Le boreali. Eccoci. Insomma, detto del Galles che ha saputo riscattarsi nell’ultimo impegno stagionale, confermandosi la migliore al Nord, prima passiamo in rassegna le promosse. Ossia Irlanda e Scozia. Perché mica cavoli, hanno lottato come leoni e si sono goduti momenti di gloria. Compresa Munster, provincia irlandese, che per poco non rovinava la expedition kiwi. La Scozia, che teoricamente sarebbe quella con la quale siamo destinati a giocarci il cucchiaio di legno, è in forma e si vede. Ha fatto sudare sette camicie al Zud Afrika, è scesa in campo convinta dei propri mezzi e con confidenza. Cosa che non ha saputo fare l’Italia, perennemente in stato di cantiere aperto, anche se qui lancio l’ovale al socio Danny che ne sa più del sottoscritto.
L’Inghilterra di Johnno? Beh, bocciarla sarebbe una vigliaccata. Pure lei è in stato di work in progress. Ha talenti da coltivare (leggi Cipriani) e segugi che ci sanno fare (leggi Lipman e Matt Stevens). Occorre però il bilancino perché comunque di batoste se ne porta dietro almeno due, quelle con gli Springboks e All Blacks. Poi va a finire che è data per spacciata e a febbraio si presenti in stato di grazia. Da quelle parti funziona così: si ritrovano attorno al tea con un goccio di latte, fanno due conti e poi si trasformano in commandos. Chi li dava finalisti in Francia 2007? Nessuno, ed invece… Ed invece ora non hanno più Jonny Wilkinson, ma davvero bastano aggiustatine di qui e di là per tornare a fare paura a chi di dovere. Non ai sudisti, che loro ormai si sono presi la vetta del mondo e non la lasceranno tanto facilmente.
Experimental Law Viariations: hanno contato, eccome. Nel senso che hanno segnato il divario che esiste tra le due regioni. Prendiamo sempre gli All Blacks: pure un po’ bastardi in campo, non rotolano mai via dopo un placcaggio, Richie McCaw non c’è una volta che sia una che non si stacchi in fase di mischia. Epperò sono rapidi, fulmini, nei break down non lasciano respirare e si sono adeguati (nuovamente) all’ennesimo cambio in corsa delle regole. Io mi ci sono perso in questo labirinto, loro (e con loro i soci sudisti) hanno sempre avuto le idee ben chiare.
Ps: non scrivo di Francia? E' sottointeso: di roba latina se ne occupa sempre il Socio ;)
1 commento:
A domanda rispondo:
- gli italiani di Mallett ad ogni uscita eseguono un solo schemino, una sola lezioncina tattica.
Con tanto impegno ma da bravi soldatini. Nel frattempo che noi facciamo le nostre belle provine e confidiamo sull'insuperabile pack , gli altri vanno avanti "allround" e ci spiazzano.
Non so se ne verremo fuori, ci manca il materiale umano, l'esperienza in campo e fuori.
Quanto alla Francia di Lievremont è un cantiere, anche se "lievremonte" messo meglio, più avanti di quello inglese.
Li vedremo al sei nazioni se continueranno a adattarsi del tutto agòi avversari come han provato sinora, giocando aggressivo contro il Galles, saggiamente con la Scozia enormemente progredita, rocciosi contro pack di Munster (uguale Irlanda).
La vera questione è: ma come fanno i Boreali con le loro facce stanche, ad essere già a novembre più indietro degli australi logorati di fine stagione?
Due risposte: la prima è che gli australi danno molta più importanza ai test che noi, la seconda è che le LORO nuove regole rafforzano il loro selezionare atleti prima che rugbisti, per non parlare dell'evoluzione tattica.
Alla fine comunque, c'è veramente tutta questa differenza tra noi e loro? Se si guarda il Galles la risposta è no.
L'indizio si corrobora se consideriamo le prove tutto sommato non negative di Irlanda e Scozia nei Test: loro una scelta chiara di movimento l'hanno fatta, privilegiare le nazionali e noni campionati.
Se ne deduce che i Boreali "nobili" Francia e soprattutto Inghilterra non possono più permettersi sia un campionato nazionale stressante tiratissmo e colmo di campioni che una nazionale sempre al massimo livello. Ragion per cui ... vincono i campionati cioè i soldi .
I valori alla fine ci sono anche al Nord, prova ne sia l'Inghilterra in finale nel 2007 o la Francia (pur aiutata) che elimina gli All Blacks dal Mondiale.
Che sia questa la chiave: negli anni inter-mondiali al Nord predominano le ragioni "locali" e non nazionali e quindi dominano gli All Blacks; quando poi arrivano i Mondiali e il gioco si fa duro, allora i duri inizianoa giocare e vince ... il Sudafrica il Paese australe con tutte le pressioni (più quelle politiche) dei Nordici "nobili". :)
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