venerdì 19 dicembre 2008

Rugby Revolutions in Italy


Dal Comunicato stampa odierno della Federazione Italiana Rugby:
"Roma – Il Consiglio Federale della FIR, riunitosi oggi a Roma presso la sede dello Stadio Olimpico sotto la presidenza di Giancarlo Dondi, dopo aver analizzato con scrupolosa attenzione le molteplici problematiche lo sviluppo dell’alto livello ed aver espresso apprezzamento per gli sforzi sostenuti negli anni dai Club partecipanti al Campionato Italiano d’Eccellenza, ha deliberato all’unanimità l’adesione del movimento rugbistico italiano al circuito attualmente denominato Magners Celtic League.
Tale decisione scaturisce dalla presa di coscienza collettiva, da parte dell’ente che governa il rugby italiano, della necessità di adeguarsi nel minor tempo possibile all’alto livello professionistico.
La Federazione percorrerà pertanto da subito, presso gli organi competenti, tutte le iniziative volte a garantire la partecipazione di quattro squadre alla Magners Celtic League, o comunque di due Selezioni. In ambo i casi, la partecipazione economica della FIR sarà limitata alla sola utilizzazione dei giocatori di interesse nazionale, mentre il numero massimo di atleti a lista gara non eleggibili per la Squadra Nazionale non potrà superare il numero di cinque.
Il Consiglio ha altresì ravvisato, qualora venisse accettata la partecipazione di quattro squadre alla Magners Celtic League, la necessità di garantire una continuità tra tale manifestazione ed il campionato italiano, con la promozione della vincente di quest’ultimo nella competizione internazionale in luogo della squadra italiana peggio classificata, ferma restando la sussistenza dei requisiti strutturali, tecnici ed economico finanziari che consentano l’ammissione a tale campionato".
Il commendo di Dondi: “Penso che oggi il Consiglio abbia preso all’unanimità una decisione epocale, imprimendo una svolta al movimento di vertice italiano per adeguarlo alle Federazioni dell’alto livello mondiale. Desidero ringraziare tutti i club di Super 10 per gli sforzi ed i sacrifici profusi sino ad oggi, ma purtroppo con l’apertura al professionismo abbiamo dovuto effettuare delle scelte in proiezione del nostro futuro”.

Da rimanere senza parole: decisionismo, determinazione e testa bassa, roba da pack!
Complimenti alla Fir, evidentemente le ultime prestazioni della nazionale hanno esasperato Dondi e i consiglieri federali tutti, inclusi quelli di emanazione societaria: face the truth, non c'erano alternative al seguire le implorazioni/intemerate di Nick Mallett.
Non sarà una passeggiata di salute, lo si sappia, da qui presumibilmente al 2010; dettagli operativi a parte (c'è tempo), tanto per cominciare attendiamo le risposte dalla Magners-Celtic League (ma pare che il direttore David Jordan e perfino i gallesi siano favorevoli in linea di principio).
Accettassero quattro squadre italiane, sarebbe tutto più semplice: al fine di allineare il numero di italiani di livello alle regole, presto o tardi i club potrebbero superare i campanilismi e formare tra loro delle "federazioni spintanee" con una logica intelligente, fondata sul territorio, dal basso, stile gallese neozelandese o irlandese (ad es. Neath + Swansea che diventano Ospreys).
Ad esempio potremmo avere le padane Zebre e Ducali Parma, Viadana, Calvisano federate assieme, come i Dogi di Padova Rovigo Venezia; il Benetton potrebbe rimanere squadra a sè (è l'unica col profilo organizzativo e la solidità per farcela da sola) e infine i Lupi del centro sud (Roma, l'Aquila etc.).
La ragione ci fa purtroppo essere scettici: ci parrebbe strano che i Celtici accettino ben quattro squadre italiane al pari delle irlandesi e gallesi e tenendone solo due scozzesi; con 14/16 squadre poi, sarebbe fin peggio del Top14 francese.
Verosimilmente finirà che parteciperanno due selezioni italiane che faranno anche la Heineken Cup, mentre i 4 club migliori (opportunamente dapauperati dei migliori italiani e rimpinzati di stranieri?) andrano in Challenge - Vedarem, ma quel "purtroppo" riferito da Dondi ai club che han fatto "sforzi e sacrifici sino ad oggi" è significativo.

Vedremo le reazioni dei club che sino a ieri con qualche eccezione (segnatamente le romane, con Rovigo astenuto) avevano fatto barriera dura, non credo contro il concetto Selezioni in sè ma correttamente contro l'esproprio da parte di un dirigismo centralista staccato dalle logiche dei territori.
Il punto infatti non è tanto quante, bensì come e dove le faranno queste selezioni.
La base territoriale è fondamentale in tutti gi sport ma soprattutto nel rugby, come insegnano proprio i celtici precursori delle Selezioni Regionali. Da noi probabilmente c'è Roma da "premiare" indipendentemente dai meriti del suo movimento (sono stati i più rapidi ad "allinearsi" alla Fir, e vorrei anche vedere; e poi c'è lo stadio federale), cosicchè il Nord, dove sta il grosso della base, si ritroverebbe accumulato tutto assieme? E come verranno distribuiti i giocatori in questa logica evidentemente squilibrata? Tiriamo su una frontiera tra le due Selezioni sul Po o sull'Adige?
Sistemata la selezione del CentroSud al Flaminio, quella del "Nord" (o NordEst?) dove giocherà? A Milano che l'è semper un gran Milan, ma dove, al Giuriati? Sul delicato "green" dell'Olimpico di Torino per via degli sponsor, oppure nella centro padano del politically correct, la Reggio Emilia dove ti invitano per iscritto a non fischiare i calci avversari? Piuttosto all'Euganeo di Padova: dimensioni giuste (20.000), centro del bacino rugbistico per eccellenza, a 25km da Venezia per la gioia del terzo tempo degli ospiti celtici? Un tempo si parlava anche di Genova, nursery italiana ai primi del Novecento di tutti gli sport di squadra di derivazione anglosassone rugby incluso ... peggio di tutto sarebbe fargli fare i pellegrini itineranti.
E i giocatori di interesse nazionale prelevati dalla Fir e messi a disposizione delle selezioni, chi saranno? Sottrarranno i migliori ai club italiani? Saranno quelli all'estero che giocano poco? Non credo infatti che sia economico riscattare Parisse o Castrogiovanni dallo Stade e dai Tigers ...
Un sacco di punti concreti e importanti rimangono da chiarire.

La preoccupazione forte è pensare ai club rimossi e schiacciati da logiche dirigistiche stile Gosplan e piani quinquennali, con squadre lontane da tifosi e vivai e piazzate con logiche di sponsorship o degli stadi "giusti": in un Paese dove rugby e scuole stanno su due pianeti diversi e quindi i giovani giocano solo dove ci sono club e crescono com'è ovvio nei club più esperti ed organizzati, affossare i club significherebbe assestare un colpo micidiale a tutto il movimento, a partire dalle giovani leve.

La nostra posizione, si sarà capito, è scettica a livello diremmo ideologico nei confronti delle decisioni centraliste top-down , con tanto di mavalà a quelli che si stracciano le vesti sul degrado del rugby italiano tutta colpa dei club che si permettono di incassare venti punti dagli Ospreys (!!!).
Si vede che non hanno mai visitato un college anglosassone o visto una partitella in un qualsiasi paesino del SudOuest francese: provare a sviluppare un movimento agendo solo dall'alto e prescindendo dal territorio sarebbe come giocare a rugby senza pack.

Al contempo siamo consci che dopo il salto quantico dell'adesione al Cinque (poi Sei) Nazioni del 2000, il movimento rugbistico italiano sta progredendo a passo troppo lento rispetto agli altri; inoltre l'introduzione delle nuove regole oggettivamente non ci aiuta per le caratteristiche del nostro gioco.
Serve realismo e non ideologie, come per superare la crisi economica globale: non è purtroppo praticabile attendere che "la libera iniziativa imprenditoriale" sistemi da sola le cose, un kick off garantito come in tutto il resto del mondo (Inghilterra e Francia a parte) dalle "Union" nazionali, serve anche da noi.

Il compromesso raggiunto ci pare ragionevole nella misura in cui verrà innestato nel modo giusto sui club senza contrapporsi ad essi o espropriarli, quindi se ci saranno le corrette ricadute economiche e tecniche.
Ben vengano quindi le Selezioni o (meglio sarebbe) le federazioni di club. E' importante smovere le acque, a questo stadio non si può fare i grilli parlanti critici e immobilisti: certo che la differenza tra il successo e l'avventurismo la farà l'implementazione pratica della risoluzione strategica della Fir, del cui coraggio diamo atto a Dondi e a tutta la dirigenza.
Se ne parlerà per fine 2009 (difficile) o per il 2010/11 (too little too late in funzione mondiali 2011?); nel frattempo prepariamoci a un anno intriso di infiammate ( e forse sterili) discussioni.

UPDATE: Cominciano a parlarne anche fuori Italia. E ovviamente credono più alle due Selections che ai 4 Club. La BBC chiarisce: " The select XVs are likely to be amalgamations of existing Italian clubs or a collection of Italian players who are not already signed up by top teams in England or France".

9 commenti:

Paolo C ha detto...

Che bomba oserei dire. Molto provincialmente, penso che un campionato italiano decapitato e le avventure celtiche di due anonime selezioni con poca storia alle spalle paiono cose ben poco appassionanti. Meno del super 10 attuale, perlomeno.
Poi magari lo scintillante spettacolo offerto dalle 2 squadre italiane mi costringera' a rimangiarmi tutto e lo spettacolo prevarra' sul campanile.

Abr ha detto...

Già Paolo. Personalmente non sono contrario per principio alle selezioni, solo ne sottolineo i pericoli perchè vedo troppi atteggiamenti "Curva Sud" in giro, coi club presi a capro espiatorio di un movimento il cui reale problema è la scarsa dimensione della base e la voglia di infilare la testa in ruck.

La differenza tra il successo e l'avventurismo con le Selezioni la farà l'implementazione pratica della risoluzione strategica della Fir.
In questa luce concordo con te che le radici, la "storia alle spalle" come la definisci tu, siano l'elemento cruciale per il successo dell'operazione: si può addirittura riuscire a radicare le selezioni tra le tifoserie locali ancor meglio dei club, come è riuscito alle selezioni di Irlanda o Galles. Serve però solide fondamenta "localiste" per l'appunto, non fecondazioni in vitro lontane dalla base.

Se invece faranno la solita vaccata di quel tipo, centralista e verticistica con la patetica scusa di "allargare la base" e "portare il rugby nelle grandi città" (già sentita questa?), allora buonanotte.

Paolo C ha detto...

domanda: i tradizionali club "celtici" che hanno lasciato spazio alla selezioni o quelli sudafricani,australiani e neozelandesi preesistenti alle squadre del super 14 (ci sono delle specie di selezioni anche li', giusto?) che fine hanno fatto? continuano l'attivita' a livello giovanile? ci sono dei piccoli campionati nazionali?

Io sinceramente penso che i nostri pubblici veneti, gia' di per se' non numerosi, difficilmente diventeranno pubblici di una squadra che gioca a Milano, formata per piu' di meta' da oriundi argentini e stranieri vari, che non saranno rovigotti o petrarchini d'azione come quelli che giocano adesso nelle nostre squadre. Certo, se questa ipotetica squadra ci offrira' uno spettacolo da heineken cup... ma voglio proprio vedere.

Di certo un campionato italiano restera', probabilmente una versione allargata rispetto alle 10 attuali, includendo le migliori di serie A.

Abr ha detto...

Paolo, sopravvivono campionati locali in tutti i paesi che citi: sono "vivi" perchè rappresentano guarda caso i vivai da cui pescano le Selezioni, un po' come i campionati Ncaa dei college americani seguitissimi dal pubblico.

Il rischio di selezioni verticistiche e giocate "dove ti porta lo sponsor" o dove sta lo stadio federale è proprio la lontananza dai vivai e dagli appassionati.
Il pubblico in Veneto è poco? Beh, credo che un Dogi - Ospreys avrebe un appeal lievemente più alto di un Rovigo - Gran Parma, m ala differenza tra succesos e flop è proprio quelal che dici tu: il distacco dai vivai (che in un paese privo di rugby scolastico per forza sono i club) e dal seguito di appassionati. Va ben che i soldi arrivano oggi dalle tv, ma quelle pagano solo se staccano abbonamenti e quindi se c'è passione e colore in campo.

Anonimo ha detto...

Capisco le perplessità di voi del nordest, dove il rugby è effettivamente radicato.
Qui a Milano l'ultima partita di un club italiano che ho visto era al Giuriati. Giocavano i fratelli Cuttitta, Dominguez che aveva 20 anni e David Campese!
Però, da totale profano e ignorante, mi pare di cogliere, nella decisione "dittatoriale" della FIR un "adesso basta" nei confronti dei club.
Tu stesso, abr, ammetti che l'unica squadra italiana che assomigli vagamente a una società (è poco romantico, lo so, ma ormai servono società che fanno soldi) è la Benetton. Le altre sono poco più che associazioni oratoriali con una (sanissima e vitale) passione per il rugby. I risultati non vengono - o non vengno abbastanza.
Forse con questa mossa, come si sottolinea nel post, i club saranno COSTRETTI a federarsi. E magari club più grandi, saranno anche più solidi. Sia economicamente che dal punto di vista dell'oraganizzazione.
Ripeto, probabilmente parlo da uno che NON ha un club locale per cui "tifare", e che vorrebbe vedere del bel rugby italiano. Però concordo con l'affermazione che un "Dogi - Ospreys avrebe un appeal lievemente più alto di un Rovigo - Gran Parma"

Mi sorge però una domanda: ma la FIR non ha mai imposto un limite al numero di stranieri nei club? Oppure esiste ma si aggira tutto con gli equiparati?

Per quanto riguarda gli stadi, ovvio che se giocassero al Brianteo di Monza (stadio costruito per una squadra inutile di una città inutile! :)) che sta a 5 min da casa mia... ma vi concedo Padova, dai! ;-)

Abr ha detto...

ciao for those...,
mi fa piacere che cogli l'intento anti-campanilistico del club: lo strapaese non paga piu' nell'era del professionismo, indubbio.
Cio' detto, occorre vigilare per non fare il solito salto della quaglia e divenire piu' realisti del re, classico italiano.
Voglio dire, il rischio e' per come si fanno le cose da noi con la scusa (legittima) di tagliare tutti i lacci e lacciuoli degli scettici, e' di ammazzare le media societa' con i vivai e anche l'unica vera societa' seria italiana, la Benetton.

Quanto al campo, se ce ne fosse uno a Milano .. l'idea di Monza non e' male. Nel frattempo s'avanza l'idea Tessera dove e' l'eroposto di Venezia, futuro stadio.

Abr ha detto...

.. l'intentop anti campanile del post volevo dire

Anonimo ha detto...

Se intendi la Benetton com'è adesso, sì, la si ammazza. Nel senso che non sarà più l'ottima squadra/società di Treviso. Però, dovendo formare una franchigia del nord(est) la cosa più logica sarebbe partire proprio dalla Benetton che ha già un'ottima oragnizzazione. Diventerebbe una Benetton non più di Treviso ma allargata a tutto il nord. Capisco benissimo che per un Padovano o un Veneziano sarebbe una sorta di onta. Però non vedo proprio come si posa arrivare ad avere squadre che competono col resto d'europa se non si fa questo grande passo.
Nel post dici che le squadre che rimangono verrebbero ancor più impoverite, i vivai distrutti e rimpinzate di stranieri. Perché? Dovrebbe essere l'opposto. Dovrebbero essere rimpinzate di ragazzini italiani che facciano da vivaio e che puntino ad arrivare nelle 2 (o più?) franchigie "celtiche".
Dite che non ce la si fa a raggiungere 60 giocatori italiani di livello alto più qualche centinaio di ragazzini da far crescere anche con i soldi gudagnati dalla partecipazione alla celtic?
Ripeto, capisco e condivido le perplessità (soprattutto quella riguardante le decisioni che vengono dall'alto!) però ho l'impressione che si sia arrivati a un punto in cui non c'è più nulla da perdere. It's do or die!
E speriamo in bene!! :)

Abr ha detto...

Il post difatti sostiene che e' arrivato il momento di mettere da parte "onte" e campanilismi, come si fa dalla preistoria all'approssimarsi di qualche evento (invasioni, calamita' etc) superiore alle forze delle singole comunita'.

Cio' detto, bisognerebbe prestare attenzione a non gettare via in nome dle nuovismo quello che di buono da solo s'e' generato ed affermato sino ad oggi nel panorama asfittico del rugby italiano.
Aldila' delle "tradizioni", mi riferisco ad esempio alla Benetton, fenonemo peraltro relativamente recente (negli anni '70 e inizio '80 prima dell'ingresso massivo dello sponsor coi soldi ma soprattutto con le capacita' organizzative, erano anni luce indietro rispetto a Petrarca e Rovigo).

Il rischio e' quello del verticismo asettico: si ara sotto tutto in nome del "nuovo": "rugby nelle grandi citta'", Roma Torino etc.etc. (nulla contro, ma dove si gioca per davvero e ci sarebbe seguito vero?), e dopo un paio di stagioni ci si ritrova stiel baseball, con dieci argentini e tre anglosassoni equiparati su ventidue in nazionale e il deserto alle spalle in temini di movimento.

Non sostengo che questa sia conseguenza inevitabile della scelta Celtica (che definisco doverosa al punto in cui siamo): affermo con forza che molto pero' dipende da COME la scelta sara' implementata.

Lasciami essere scettico per come siamo fatti noi italiani, creativi e ricchi di idee "vincenti", pronti a cambiare (solo quando siamo con le spalle al muro) ma terribilmente poveri in quello che gli anglosassoni chiamano EXECUTION.
Hai presente l'otto settembre 1943? Idea brillante, manovra di cambio alleanze dovuta per risparmiare ulteriori distruzioni, solo che poi i comandi "si dimenticarono" di emanare disposizioni ai reparti, e fini' con un vergognoso e sanguinoso ognu per se' e due ulteriori inutili anni di guerra civile.

Le idee brillanti vanno bene, plaudo al coraggio di chi getta il cuore oltre la barricata, ma timeo l'incapacita' incombente di EXECUTION.

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