venerdì 15 maggio 2009

Gli inglesi prendono casa in Francia

Una Dunkerque al contrario: nel 1940 gli inglesi si aggrappavano a tutte le barche possibili per tornare in patria e salvarsi dell’arrivo dei tedeschi. Oggi i rugbisti britannici si presentano al porto di Dover per attraversare nuovamente la Manica e trasferirsi in Francia, con buona pace della Rugby Football Union. A Londra si respira una brutta aria e si capisce il perché dando una lettura alla lista degli addii: James Haskell, Riky Flutey, Andy Goode, Tom Palmer, Steve Thompson, Ian Balshaw, Magnus Lund, Shaun Perry, Olli Smith, Perry Freswater e Jamie Noon. Ma soprattutto Jonny Wilkinson, ormai prossimo a vestire la maglia del Tolone.
La scelta di Wilko di atterrare in Francia è arrivata poche ore dopo che il management della nazionale aveva fatto capire che contro l’esodo sarebbero state intraprese decisioni forti. Come quella di mettere a rischio la convocazione per la maglia inglese. E, come ha sottolineato Stephen Jones, columnist del Times, l’apertura icona del rugby inglese non ha prestato grande attenzione all’appello.
La vera questione risiede proprio nel rapporto tra la RFU e i giocatori, quindi i singoli club. All’inizio della scorsa stagione, la RFU e la Premier Rugby Limited aveva stipulato un accordo tale per cui Matrin Johnson ha la possibilità di convocare per due settimane (e non una sola) i giocatori in vista di un Test Match o del 6 Nazioni. Tra le altre cose, alcuni atleti papabili per la maglia della nazionale sono “costretti” a giocare un numero prefissato di incontri. Una quota di match all’anno, per intendersi. Con i club francesi, al momento, questi accordi non ci sono.
E non solo. Settimana scorsa Nathan Hines, tallonatore della Scozia, è stato duramente criticato dai suoi tifosi del Perpignan perché abbandonerà la squadra nel finale di stagione, in vista della sfida per il titolo transalpino, dal momento che sarà al servizio dei Lions.
I transfughi inglesi dalla loro hanno promesso che manterranno gli impegni con la nazionale e hanno cercato di far capire ai capi che vanno in Francia per provare nuove esperienze, non per non farsi trovare al telefono in vista di una chiamata da Johnson. Basta leggere le dichiarazioni di Noon, fedele compagno di squadra di Wilkinson ai Newcastle Falcons: “Ho ricevuto un’offerta per una nuova esperienza in Francia. Con mia moglie Rachel e i miei tre figli, ancora piccoli, abbiamo creduto che una opportunità così difficilmente potrà capitarci e per me e per loro c’è la possibilità di vivere una nuova esperienza culturale”. Flutey, dalla sua, non nega il peso del fattore soldi: “Non ho più 21 anni e potrei farmi male seriamente da un giorno con l’altro. E ho una famiglia da sfamare”. Haskell, per concludere ha confessato: “La decisione più facile sarebbe stata quella di restare ai Wasps. Io volevo andare da qualche altra parte, un cambiamento reale. Non appena in fondo alla strada, ma volevo apprendere una diversa cultura”.
Martin Johnson, paradossalmente, è quello più indifeso di tutti di fronte al nuovo scenario. Ha strappato da molti la promessa che “giocare per l’Inghilterra rimane la priorità”, poi però ha aggiunto: “Vogliamo ragazzi che anche di fronte ad un brutto match, abbiamo ben chiaro in testa che hanno preso la direzione giusta”, quella della nazionale. Johnson ha chiesto un “lavoro etico”, a costo anche di fare tanta strada per tornare a Twickenham.
Intanto il plotone inglese nel Top 14 è sempre più consistente: in poco tempo farà concorrenza a quello di argentini, sudafricani e australiani.

1 commento:

Abr ha detto...

Ri-ottimo pezzo Socio. Bentornato giornalista.

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