martedì 30 giugno 2009

Effetti Celtici

Avete presente le marce o la maratona? Si parte tutti in gruppo, alla pari; poi pian piano chi non ce la fa deve impietosamente staccarsi e viene lasciato indietro, indipendentemente dalla fama o dai risultati precedenti.
La prima vittima della improvvida maratonina celtica che la Fir ha deciso di infliggere a un movimento nazionale già di cagionevole salute di suo è il Rugby Calvisano: due anni fa lo scudetto, quest'anno la candidatura ufficiale alla Celtic, poi la sconfitta in semifinale Super10, la fiacca e demotivata prova in casa coi Dragons per entrare in Heineken Cup e il campanello d'allarme finale della cessione di Luke McLean alla Benetton.
Oggi il comunicato della resa definititva: "La società Rugby Calvisano ha deciso di non iscriversi al prossimo campionato Super 10. Verrà chiesta alla Federazione la possibilità di ripartire dalla Serie A".

Si potrebbe sostenere che è "saltata" l'espressione più evidente del rugby di club italiano dell'era Dondi, quelli che "equipariamo a prescindere" (dai vivai) al fine di bruciare le tappe e arrivare al Sei Nazioni prima e alla Celtic League poi. Ci sarebbe un qualche fondamento di verità, peccato che tale fase coincidente con l'affermarsi del professionismo abbia significato anche lo sradicamento dello sport dalle sue aree elettive, dove sarebbe praticato quasi a livello di massa; ma non è solo questo purtroppo.
Per far capire quanto il segnale sia preoccupante, anche presso un club da sempre molto attento al vivaio più che al recruiting di stranieri (i risultati anche recentissimi parlano chiaro), al Petrarca Padova, si parla apertamente di "ridimensionamento" della prima squadra. Largo ai giovani, almeno qui come a Rovigo si può dire e attuare.
In effetti si farebbe prima a dire chi tra i club "d'eccellenza" NON sia in quella lunghezza d'onda: solo due, Treviso e Viadana. Sono le candidate principali alla Celtic League (la prima senza infingimenti e ipocrisie finto-aggregazioniste, la seconda più ligia ai desiderata Fir) , se non le uniche se la prossima decisione fosse fondata su criteri oggettivi e trasparenti.

Ridimensionamento inevitabile?
Va ben che ce sta 'a crisi, ma è indubbio che a fronte di generalizzati disimpegni di sponsor e società, l'iniziativa Celtica della Fir non può essere solo una scusa ma rappresenta piuttosto una causa: è evidentemente valutata dagli operatori, quelli che dovrebbero metterci il grano e l'organizzazione in questi tempi già grami, non come una opportunità che trascini e affermi il movimento in Italia, ma come una corazzata Potemkin, un Titanic.
Sono sempre portato a dar fede alla razionalità di chi ci mette il grano più che a quella delle anime belle a gratis, quelle che distinguono tra economia (cattiva) e non meglio identificati valori sportivi (buoni) nell'era del professionismo (uguale CLUB, non andrebbe dimenticato).
Vagheggiare modelli in cui lo sport viene gestito centralisticamente dalla Federazione nazionale stile Germania Est non si può più; si cade piuttosto nella nota trappola del tifoso calcistico, quello che vorrebbe sostenere i SUOI sogni coi soldi altrui, a prescindere dal ritorno dell'investimento.
Ridimensionamento salutare per il movimento rugbistico italiano?
Tesi difficile da sostenere razionalmente: ma se son proprio lor signori Fir ad aver puntato tutte le carte per l'intera era Dondi sull'effettto "trascinamento" top down - Sei Nazioni e poi Celtic docent? Perchè mai allora un Super10 in tono minore dovrebbe risultare funzionale alla crescita del rugby?
Si fa presto anche a sostenere che è solo finita la cuccagna per gli stranieri mediocri: qui assieme all'acqua sporca sta volando via anche il bimbo.
Il calcio al formicaio del rugby italiano, il sasso in piccionaia, per adesso sta solo minando le basi locali di questo sport, e non mi si dica che tale ridimensionamento dei club è tutto sommato ritenuto un prezzo sopportabile ai piani alti Fir (al limite, fosse toccato all'odiato Treviso....), altrimenti saremmo nelle mani di pazzi scatenati.

Tant'è, è più agevole pensare che la Fir abbia trascurato l'elementare principio secondo il quale ad ogni azione corrisponde una reazione; vieppiù valido in un corpicino minuto ed asfittico come quello del rugby italiano. Per eventuali benefici che sinora nessuno intravede - Dondi&Mallett ovviamente a parte, se ne riparla.
Per intanto, buon Super10 2009/10 e buona caccia ai club italiani e stranieri in grado di avventarsi sul parco nazionali (Ghiraldini, Zanni, Garcia, Pratichetti) giovani e internazionali lasciato a piedi nella Bassa.
Chissà poi chi ripescheranno stavolta (Challenge Cup inclusa).

2 commenti:

tagus ha detto...

ciao abr,l'analisi è a mio avviso corretta ma non può prescindere da considerazioni congiunturali,almeno x quanto concerne calvisano,padova non so ma immagino che la congiuntura in veneto sia simile a quella bresciana.
a brescia e provincia sono fallite le 2 principali piazze cestistiche,l'acqua paradiso volley da oltre 10 anni ai massimi livelli nazionali è in gravi,forse irreversibili,difficoltà ed il brescia calcio fallità di un soffio la promozione in serie a,ha già in corso un forte ridimensionamento.
in questo caso penso che la cleague c'entri poco:due dei principali sponsor calvini hanno fatto ricorso alla cassa integrazione e nella ex provincia più ricca d'italia siamo ad un clima da bamboli nun c'è 'na lira.
lungi da me volervi tediare con analisi del costo delle materie prime e delle demenziali linee di credito aperte(e poi precipitosamente richiuse) dalle banche fino a settembre 2008,ma cmq la situazione è difficile e lo sport passa in secondo piano rispetto al salvataggio delle aziende.
poi certo la gestione fir non brilla per avvedutezza ma questa non è certo una novità.
temo ,senza voler gufare nessuno,che presto vedremo comportamenti non analoghi ma simili anche in altre realtà,comprese treviso e viadana.
ma forse non è un male:il salary cap può anche non essere istituzionalizzato ma o uno accetta di giocare ad un costo annuo sostenibile oppure si accomodi fuori ed avanti coi ragazzi

Abr ha detto...

Non prescindo certo dalle considerazioni congiunturali che investono tutti gli sport cosiddetti minori, caro tagus: mi sembra piuttosto che sia la Fir a prescenderne.
Non si dà un tal calcio al formicaio già debole di suo, pensando che non ci saranno conseguenze.
Per portare avanti i ragazzi in modo efficace servono due cose: i ragazzi prima di tutto (cioè il rugby deve rendersi attrattivo) e le società capillarizzate sul territorio con allenatori competenti.
Invece abbiamo alcune accademie: dimmi un po' come si fa a portare un quattordicenen a cento o duecento km di distanza.
Ci sarebbe un terzo fattore indispensabile, ma lo taciamo per pudore: la scuola.

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