Nuova Zelanda secondo le previsioni
Dunque, il rugby neozelandese rispetta i pronostici: sia per quanto riguarda le semifinali della Air New Zealand Cup che per il quarto, inutile test di Bledisloe Cup contro l'Australia a Tokio pre tour europeo.
Canterbury 20 - 3 Hawke's Bay. I campioni in carica confermano il posto in finale casalingo e la rincorsa al settimo titolo NPC, tra l'altro sarebbe il primo team a vincere due volte in fila in 34 anni di storia del torneo. Nonostante la squadra di casa fosse depauperata di otto All Blacks, forse i due mancanti da Hawke's Bay (Guildford e Ellison) sono risultati più pesanti.
Gran parte del merito va alla solidità difensiva della squadra di Christchurch, contrapposta all'attacco martellante ma monodimensionale dei Magpies. Prese le misure ai ball carrier Waldrom e a Kennnedy e affidatisi al piede di Stephen Brett, i padroni di casa han saputo sfruttare le occasioni che si sono loro presentate, andando in meta tre volte con Whitelock, Isaac Ross dimenticato a casa da Graham Henry e Brett stesso.
Wellington 34 - 21 Southland. Anche la seconda semifinale finisce in replica a quella dell'anno scorso, risolta dal tallonatore di rincalzo dei Lions Dane Coles che nell'ultimo quarto va in meta due volte. Alla fine risultano tre mete per parte, ma sette sono i calci centrati da Piri Weepu schierato all'apertura (con 2 trasformazioni) e tre quelli per Robbie Robinson.
Prima meta per i visitatori col tallonatore Jason Ruthledge al 15', pareggiata dall'ala David Smith; quattro punizioni di Weepu concedono dodici punti di vantaggio ai padroni di casa alla fine del primo tempo.
Nella prima metà del secondo gli Stags si rifanno sotto con le mete del mediano Scott Cowan e del centro Kenny Lynn. Dopo una punizione di Weepu le due parti si fronteggiano sul 22-21 ed è il rimpiazzo Coles a sigillare il risultato, con due grandi sostegni alle penetrazioni di Hosea Gear e Victor Vito.
Quindi il prossimo 7 novembre sarà la finale classica e ampiamente prevista Canterbury - Wellington, sia pur messa in dubbio dalla chiamata degli All Blacks lontani dalle loro squadre.
Fusse che fusse la volta bona per Wellington alla sua quarta finale in fila? Aldilà del fattore campo (peraltro ampiamente compromesso dai lavori di ristrutturazione in corso alll'AMI Stadium), ci pare che l'esperienza presente lato Lions potrebbe essere superiore alla voglia di mettersi in mostra dei rimpiazzi rossoneri.
Già che li abbiamo nominati, cos'hanno combinato gli All Blacks lontano da casa, con l'Australia in quel di Tokio? Meritevole questa decisione di sottrarre i milgiori giocatori alla fase decisiva del campionato casalingo?
Beh, sono andati a farsi una sgambata senza nulla in palio - la Bledisloe Cup era già loro dopo la terza vittoria sull'Australia nel Tri Nations - ma dal grande senso "marketing". Qui i soliti romanticoni alzeranno grandi peana contro "l'avidità" delle Federazioni, ma dimenticano che non si fanno nozze coi coi fichi secchi.
I 45.000 presenti a Tokio hanno infatti sborsato una bella barcata di soldi ( i biglietti top costavano fino a 1000 dollari australiani), senza contare diritti televisivi e quant'altro. Una boccata d'ossigeno per le due Federazioni ,a non solo, una bella spinta propagandistica per l'Irb e il rugby tutto in quel ricco bacino in vista dei Mondiali 2019; molte altre partite di questo tipo vedremo nel prossimo futuro, dirottate vuoi in Giappone vuoi a Hong Kong o perchè no a Dubaii etc. (a proposito, è prossimo il mondiale Sevens). Non è solo il rugby signori, alziamo lo sguardo: Formula Uno docet, i baricentri sportivi mondiali si vanno virtualizzando grazie alla tv e spostando al miglior offerente.
Aldilà del business, cosa s'è visto a Tokio?
Non granchè direi: la solita Australia sprecona e poco "committed", che non capitalizza l'ottima pressione prodotta nel primo tempo, concluso col minimo vantaggio di 16-13.
Il tabellino segna una meta - falsa ma meritata- di Peter Hynes e una trasformazione più tre punizioni di Matt Giteau contro una meta di Sivivatu, con trasformazione e due punizioni di Dan Carter.
Gli All Blacks nella prima metà non sanno far altro che riproporre i soliti tentativi di sfondamento centrale utilizando tutti, Carter incluso all'occorrenza, come ball carrier. I Wallabies eseguono diligentemente e perbenino le loro cose: controruck, gioco tattico e ariose aperture ma capitalizzano troppo poco, tre soli punti di vantaggio a remunerare sei minuti contro tre nei ventidue avversari, maggior possesso e territorio e 4 sole palle perse contro le otto degli avversari. Oltretutto ci sarebbe anche l'espulsione temporanea di Sivivatu per il fallo in foto, ma gli Aussie usano la superiorità numerica solo per recuperare lo svantaggio, dopodichè pace, compitino svolto.
Dànno l'impressione di sottovalutare la pericolosità dell'avversario, al limite dle fregarsene proprio. Oltretutto i Wallabies iniziano a rivelare un paio di problemi che si dispiegheranno in tutta la loro gravità nel secondo tempo: le fonti di gioco, rimessa e mischia chiusa.
Nel secondo tempo la mancanza di "cuore" dei Wallabies emerge, assieme alla insufficienza piena nelel fonti di gioco; lato Kiwis, nulla di nuovo sotto il sole, se non la solita determinazione e una maggior attitudine al gioco bordeline, sia in fase di contesa (il solito McCaw che getta un po' troppe cose oltre l'ostacolo, non solo il cuore) ma adesso anche in attacco.
Al 45' la meta di Conrad Smith è chiaramente inficiata da una serie di veli dei giocatori in fuorigioco, che furbetti lemme lemme rientrando aprono un canale alla incursione dei compagni sul calcio di alleggerimento di Giteau dalla sua area di meta. Certo anche il mancato placcaggio da ultimo uomo di O'Connor su Smith depone malissimo: per un diciannovenne già oggetto di offerte milionarie, farebbe meglio a impegnarsi alla morte per difendere il suo posto in nazionale, ottenuto solo grazie alla forzata assenza di Berrick Barnes.
Gli sforzi dei Wallabies producono un paio di "quasi mete" e nulla di più, alla fine il risultato viene fissato sull'ennesimo impietoso 32 - 19 da quattro punizioni di Carter contro una per Giteau.
Partita invero bruttina per il morale Aussie e di coach Deans: non c'è bandolo della matassa, partono per il tour europeo esattamente nelle condizioni in cui si trovavano alla fine del Trinations e con in più degli infortuni pesanti come quello di Barnes.
Anche gli All Blacks però sbaglierebbero a gioire: Graham Henry vanta un record di otto a zero nei suoi test nell'emisfero boreale ma probabile debba scordarselo stavolta, se tutto quello che porterà su sarà solo un po' di tuning in rimessa laterale e giocate ai limiti del lecito, col solito focus nel rallentare le uscite avversarie dalle ruck.
2 commenti:
Aggiungerei che, tra l'altro, la meta del sorpasso nel primo tempo proprio è stata concessa per il TMO non si decideva a prendere una decisione. Mi dispiace per questa Australia.
Hanno "premiato l'azione" ....
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