sabato 7 novembre 2009

Inghilterra di pedata, l'Australia di testa



Cook Cup at Twickenham, in London. England 9 - 18 Australia
England: U Monye (Harlequins); M Cueto (Sale Sharks), D Hipkiss (Leicester), S Geraghty (Northampton), M Banahan (Bath); J Wilkinson (Toulon), D Care (Harlequins); T Payne (Wasps), S Thompson (Brive), D Wilson (Bath), L Deacon (Leicester), S Borthwick (Saracens, capt), T Croft (Leicester), L Moody (Leicester), J Crane (Leicester).
Replacements: D Hartley (Northampton), D Bell (Bath), C Lawes (Northampton), J Haskell (Stade Francais), P Hodgson (London Irish), A Goode (Brive), A Erinle (Biarritz)
Australia: A Ashley-Cooper (Brumbies); P Hynes (Queensland Reds), D Ioane (Queensland Reds), Q Cooper (Queensland Reds), D Mitchell (NSW Waratahs); M Giteau (Brumbies), W Genia (Queensland Reds); B Robinson (NSW Waratahs), S Moore (Brumbies), B Alexander (Brumbies), J Horwill (Queensland Reds), M Chisholm (Brumbies), R Elsom (Brumbies, capt), G Smith (Brumbies), W Palu (NSW Waratahs).
Replacements: T Polota-Nau (NSW Waratahs), M Dunning (Western Force), D Mumm (NSW Waratahs), D Pocock (Western Force), L Burgess (NSW Waratahs), R Cross (Western Force), J O'Connor (Western Force).
Referee: Bryce Lawrence (NZ)

La strategia messa a punto dal management inglese è molto semplice: appena si può, andiamo a segno. Che, tradotto, significa: non appena Wilko arriva a zona punti, vediamo di usare i piedi. E così avviene immediatamente, con un drop - e la storia tra queste due squadre è destinata sempre a fare capolino - e un piazzato che garantiscono l'allungo iniziale: 6-0. I wallabies faticano in rimessa laterale, Steve Borthwick ne ruba due di fila agli aussie, mentre il gioco al piede la fa da padrone. E se i padroni di casa sono organizzati, gli ospiti di meno. Ashley-Cooper deve sdoppiarsi ed essere ovunque per ricevere l'ovale e far ripartire l'azione, Matt Giteau invece non ha palloni giocabili.

La prima mossa di Martin Johnson è azzeccata: non facciamoli giocare. Peccato che dovrebbe valere sia come piano offensivo che difensivo. Perché dopo venti minuti di assenza, gli aussie mettono in piedi un'azione vera: passaggi, pressione sulla linea difensiva piuttosto morbida degli inglesi, insomma, le cose che servono per andare in meta. E a firmarla ci pensa Genia. Giteau non trasforma, è 6-5 per i tuttibianchi, ma soprattutto un brutto risveglio dopo la "passeggiata" iniziale. La risposta non si fa attendere e anche l'Inghilterra decide di optare per la marcatura pesante. La difesa australiana tiene botta, l'Inghilterra prova a passare con due cross kick di Wilkinson: il primo non porta a nulla, il secondo ad un fallo dell'Australia. Nuovo piazzato dell'apertura che trasforma tutto ciò che calcia in oro: 9-5. In trenta minuti di partita, i Wallabies commettono ben sei penalties, mentre l'Inghilterra è immacolata come la sua maglietta.
Il possesso palla dei primi 40 minuti è quasi esclusivamente inglese: d'altra parte, la sensazione è che l'Australia può ribaltare le sorti del match da un momento all'altro, in particolare quando riesce a costruire più fasi. Una-due-tre e la difesa inglese già fa acqua, tanto che al 35' il pilone aussie Robinson si mette ad esplorare l'area dei 22 dei soldati di sua maestà. Uno corazzato che si aggira tutto solo come fosse una saetta della fanteria, perché il buco è trovato e nessuno presidia la zona. Altro pericolo sugli sviluppi dell'azione, con una mischia per i ragazzoni di Deans: Giteau - opaco, molto opaco - finisce placcato benissimo da Wilko. Palla trattenuta e l'Inghilterra si salva. Tutti ai box per riprendere fiato.
Se avesse quella costanza che ha dimostrato più volte di non avere, l'Australia potrebbe combinare molto di più, al contrario stenta a ripartire. E di questi tempi, affidarsi alle rimesse laterali non è proprio il massimo, soprattutto di fronte alla seconda linea inglese. Vivace la prestazione di Geraghty, mentre solido come sempre è Crane.
Secondo tempo - La costanza sembra fare capolino all'inizio della ripresa, quando finalmente l'Australia decide di riversarsi in massa in attacco. Questa volta la difesa inglese è ordinata e organizzata, i Wallabies martellano con le teste di ponte Elsom, Moore e Robinson. La manovra non riesce, ma nel frattempo non si è concretizzato un vantaggio concesso dall'arbitro neozelandese Lawrence: piazzato per l'arcangelo Gabriele/Matt Giteau e di nuovo meno uno: 9-8 al 45'.
I briganti dell'ex colonia sembrano aver sistemato anche il timing, sia in touche che negli incroci per tenere sotto pressione gli uomini di Johnson. Cominciano a pesare giocatori come Moody e Nembo Kid che perde sangue dal naso (segno che la partita si fa dura e i duri cominciano a giocare), mentre l'Inghilterra trascorre i primi dieci minuti del secondo tempo nei propri 22. Solo la fallosità dei Wallabies li grazia. Dall'altra parte, bravo l'estremo Hugo Moyne, chiamato a prendere il posto di Delon Armitage, uno dei tanti infortunati di casa, che con l'altro baldanzoso Geraghty prova a dare la scossa. Ma la scossa non arriva perché accade quello che ci si attendeva: se solo gli aussie mettono le cose in ordine, possono passare in qualsiasi momento. Gli inglesi cedono di tempra e commettono tutti i falli che non hanno commesso nei primi 40 minuti.
Giteau riporta in avanti i suoi, 9-11 al 60'.
Johnson e i suoi sono a corto di benzina e di idee se non si passa dal piede di Wilko, anche se c'è quel MonYe che prova a perforare la linea nemica con delle lunghe corse. Ma i reparti sono sfilacciati, non ci sono i presupposti per poter andare seriamente lontani. E così l'Australia si convince sempre di più, sa che una vittoria in quel di Londra sarebbe un toccasana per una stagione da dimenticare. Si gioca sul filo del rasoio: chi sbaglia, paga dazio.
Elsom trascina i suoi da capitano per l'assalto finale, finché a chiudere i conti ci pensa Ashley-Cooper che si infila tra Cueto e Monye e mette la firma della vittoria degli ex galeotti. Giteau trasforma e al 72' Twickenham piomba nel silenzio: 9-18.
Due mete a zero: se vogliamo, la partita passa per di qui. Con Wilkinson in campo, l'Inghilterra ha tutto e niente, se non c'è sostegno a questo tipo di gioco. Colpa delle assenze, ma non solo. Il black out è mentale. E allora, se così stanno le cose, non c'è cecchino che tenga.

1 commento:

Abr ha detto...

Lato inglese m'ha impressionato la fisicità assoluta schierata nel triangolo allargato - Monye estremo(!), Banahan, Cueto - e la "levità" dei centri Hipkiss (che pure rimane un gran ball carrier) e Geraghty (il nuovo Mike Catt affiancato a Wilko?). Nel secondo tempo, mentre gli avanti arginavano, sono stati e 3/4 a non rendere: troppi calci "bassi" senza salire.

Lato australiano, Genia ha in mano la squadra ma finalmente c'è un sostituto per Giteau! Quade Cooper al nr.12 si scambia con lui innumerevoli volte, garantendo quello che ai backs Aussie manca da mo', uno capace di riciclare e di essere imprevedibile.
Mitchell Hynes Ioane (un po' calato rispetto a Tokio) e soprattutto Ashley Coper ne hanno beneficiato.

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