sabato 5 dicembre 2009

I giorni tristi di Bath


Sin dall'inizio ci siamo occupati dei guai che hanno accompagnato gli ultimi mesi di Bath, formazione della Guinness Premiership che solo un anno fa divertiva con un gioco totale, non propriamente diffuso Oltremanica. Un team giovane ed equilibrato nello stesso tempo, in grado di raggiungere le semifinali di campionato nelle ultime due stagioni. Pareva destinata a essere protagonista anche per gli anni a venire ed invece sulla cittadina britannica, tutta stile liberty e terme, si addensano nubi scure. Gli alti e bassi sono immancabili nello sport, ma per Bath si tratta di una eccezione: nel senso che tutto parte da uno scandalo di droga che ha anticipato il famigerato bloodgate degli Harlequins che ha riscaldato l'estate inglese.

Una settimana fa l'ennesima sconfitta tra le mura amiche (16-0 con i London Irish), un vertice d'urgenza del management per decretare la sorte di coach Steve Meehan, tanti infortuni e il pilone Duncan Bell sotto pressione per certe affermazioni fatte sulle pagine dei giornali locali. La classifica, come si dice in questi casi, piange. Ma la stagione è ancora lunga, quindi tutto è possibile.
Undici mesi terribili: due anni di squalifica per il pilone Matt Stevens per uso di cocaina a gennaio, poi gli addii di Justin Harrison, Michael Lipman, Alex Crockett e Andrew Higgins sempre per incidenti legati all'uso di droga. Nomi pesanti ed importanti, come quello di Lipman che orbitava attorno alla nazionale di Martin Johnson. E poi gli infortuni: Butch James e Olly Barkley, che nel frattempo ha una firma con Gloucester dove molto probabilmente dovrebbe passare dalla prossima stagione. E Lee Mears, il tallonatore che è tornato disponibile solo adesso dopo alcuni guai al ginocchio che lo hanno tenuto lontano dal club e dall'Inghilterra per cinque settimane.
"Abbiamo provato a nascondere lo sporco sotto il tappeto", racconta oggi Mears, "ma dobbiamo affrontare tutte queste cose e venire a patti con loro". "Abbiamo perso ottimi giocatori e grandi personaggi", ma va riconquistata la fiducia della gente. Il clima negli spogliatoi non è dei migliori, "ci sentiamo frustrati come lo sarebbe chiunque altro". La soluzione più valida rimane quella di vincere, ma senza smarrire "il nostro stile di rugby, quello del gioco alla mano".

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