sabato 6 febbraio 2010

6 Nations 2010: l'Italia non s'in-mischia

Ireland 29 - 11 Italy - Croke Park, Dublin

Ireland: R Kearney (Leinster); T Bowe (Ospreys), B O'Driscoll (Leinster capt), G D'Arcy (Leinster), A Trimble (Ulster); R O'Gara (Munster), T O'Leary (Munster); C Healy (Leinster), J Flannery (Munster), J Hayes (Munster); L Cullen (Leinster), P O'Connell (Munster), K McLaughlin (Leinster), D Wallace (Munster), J Heaslip (Leinster).

Replacements: R Best (Ulster), T Court (Ulster), D Ryan (Munster), S O'Brien (Leinster), E Reddan (Leinster), P Wallace (Ulster), K Earls (Munster).

Italy: L McLean (Benetton Treviso); K Robertson (Viadana), G Canale (Clermont-Aubergne), G Garcia (Benetton Treviso), Mirco Bergamasco (Stade Francais); C Gower (Bayonne), T Tebaldi (Gran Parma); S Perugini (Bayonne), L Ghiraldini (Benetton Treviso), M Castrogiovanni (Leicester Tigers), C Del Fava (Viadana), Q Geldenhuys (Viadana), J Sole (Viadana), Mauro Bergamasco (Stade Francais), A Zanni (Benetton Treviso)

Replacements: F Ongaro (Saracens), M Aguero (Saracens), M Bortolami (Gloucester), P Derbyshire (Petrarca Padova), S Picone (Treviso), R Bocchino (Rovigo), A Masi (Racing Metro Paris)

Referee: Romain Poite (France)

Una premessa: già si sente gente parlare di sconfitta onorevole, come se l’Italia del rugby fosse soltanto questo ed evidentemente non lo è. Sul piano opposto ma in fondo equivalente si alzano alti i lai di quelli che "facciamo pena"; forse erano convinti per davvero che al Croke Park s'andava a vincere. La realtà è che prima del 6 Nations 2010 non è andata come in teoria avrebbe potuto: se di per sé per questa Italia è dura battere l’Irlanda – anche quella conservativa che è scesa in campo oggi pomeriggio -, diventa ancora più difficile se il XV azzurro tradisce proprio nel reparto sul quale si poggia integralmente. La mischia d’altronde non è un modo per ricominciare il gioco.
Gli irlandesi avevano in un certo senso messo le mani avanti: consideravano il match contro l’Italia utile per testare la tenuta fisica in vista degli incontri con i pezzi grossi del torneo. Proprio per questo ci si aspettava una impostazione veloce, cavaliera, del tipo di quella messa in campo nel primo tempo da Muster a Treviso un mese fa. Se poi lo speaker della BBC, riferendosi all’Irlanda del secondo tempo, se ne esce con un “Oh my God!” in senso negativo, allora siamo confusi: chi ha deluso di più, noi o loro?

Tant’è che, senza fare faville ma badando al sodo, l’Irlanda supera gli Azzurri nella prima giornata del 6 Nazioni 2010, di fronte agli 80.000 del Croke Park di Dublino. La squadra di Mallet ha mostrato la solita tenacia fisica sul punto di contatto, fondata stavolta sul collettivo e sulla attenzione e non più su singoli eroismi, quindi più continua, che troverà il suo culmine nella seconda frazione di gara. Difficile del resto trovar spiragli quando i padroni di casa schierano un O’Gara rispolverato e ritirato a lucido, geometra dai piedi precisi, oltre che a un furbesco Cullen in seconda linea incubo nelle rimesse laterali, e l’estro di O’Driscoll. Il tutto gestito da un arbitraggio lievemente insufficiente come da nostri pronostici: attento e presente ma con una palese differenza nei metri di giudizio applicati ai cartellini.
La cronaca -
Dopo i primi minuti spesi a studiarsi al ritmo cauto preferito dai nostri, O’Gara apre le segnature da calcio di punizione: 3-0 per l’Irlanda, il miglior marcatore di sempre nel Sei Nazioni supera quota 500.
La prima meta è quella di Heaslip che schiaccia l’ovale in meta al 14’. L’azione è la prima rottura della linea del vantaggio dell'intera partita, inaugurata da una fuga della giovane ala Trimble: difesa italiana montante a metà campo sugli irlandesi avanzanti alla mano, Robertson va a chiudere sul centro già coperto da Canale invece di stare ad occuparsi della sua ala, O'Gara coglie l'attimo e lancia con precisione millimetrica il lontano Trimble nel pertugio lungo l'out lasciato sguarnito: mezzo millimetro in più ed era in avanti. I nostri contrariamente al passato difendono scramble in modo efficace e si riassestano velocemente (non sarà l'unico recupero efficace dei nostri) ma da lì gli irlandesi trovano il soprannumero sul lato opposto, sfruttando una scelta errata di Canale che si lancia fuori dalla linea forse pensando di intercettare (10-0). La solita Italia, fremente e veemente ma infilabile regolarmente nelle smagliature? Per fortuna no: gli errori rimarranno molto limitati.

L’Italia accusa il colpo: il suo gioco si fa ancora più chiuso, parte sempre da raggruppamenti lenti e prevedibili rilanci a mini-unit vicine, per di più inficiati da imprecisioni di passaggio e affollamenti che non contribuisco a far chiarezza su chi debba ricevere. Oppure con grabber poco coperti che riconsegnano il possesso. l’Irlanda si copre le spalle senza affanni. Inoperosi in attacco Gower e i trequarti - tranne ch eper la copertura dei loro calci - che pure nel primo quarto d'ora qualche barlume l'avevano mostrato.
Gli Azzurri si schiodano al 26’ con un piazzato di Gower ma sulla ripresa del gioco risponde O’Gara, sfruttando una ingenuità di DelFava (era di là o s'eran tuffati gli irlandesi di qua? In ogni caso doveva rotolar via), punita dallo scrupoloso arbitro Poite: 13- 3, dal "dài forza che li prendiamo" al "non montatevi la testa".
Il momento topico della gara arriva poco dopo, propiziato dal cartellino giallo rifilato a Gonzalo Garcia reo di spear tackle su O'Driscoll, fallo sciocco quanto inutile ma privo di pericolosità; era sufficiente un richiamo secondo il metro arbitrale in vigore nella gara, altrimenti Poite avrebbe dovuto cacciar fuori anche Cullen per una chiara e molto più pericolosa spinta aerea su DelFava e O'Leary per un placcaggio al collo su McLean lanciato. Ma tant'è, siamo 16-6.
L’uomo in meno ovviamente si sente, ma in realtà pesa molto più lo sgretolamento della nostra touch: il micidiale duo O'Connell - Cullen ci prende le misure e inizia a rubarcele sistematicamente. Proprio da una di queste l’Irlanda organizza l’ennesimo attacco e va in meta al 35' con O’Leary che finta l'apertura da una ruck a due metri dalla meta e invece si fionda dentro sull'abbocco di Tebaldi, e grazie alla trasformazione di O’Gara si va sul pesante: 23-3.
Si potrebbe prefigurare l'ecatombe, anche perchè l'Irlanda comincia a mollare gli ormeggi alzando il ritmo a far decollare i suoi razzenti trequarti, provandoci tanto per cominciare con Kearney. Fortunatamente l'Italia li stronca subito: allo scadere del primo tempo Trimble gigioneggia su un calcio in profondità di Gower, Kaine Robertson con Canale e Mirco lo pressano, l'ala italo-neozelandese intercetta il rinvio di Kearney e li punisce segnando nell’angolo destro. Mirco Bergamasco è chiamato alla trasformazione e non si capisce perchè, visto il successo al piede precedente di Gower, difatti il calcio esce: 23-8 dopo la prima frazione.

Verde opaco, difesa azzurra -
Un risultato di metà gara che mette l’Irlanda al sicuro dal punto di vista del risultato, ma i loro tentativi di "arieggiare" il gioco alzando il ritmo non sono proficui: non ci schiacciano col possesso e il gioco di qualità latita, però si installano nella nostra metà campo. Risultato del lavorìo al piede di O’Gara (costretto in seguito ad uscire per un infortunio); alla fine il pubblico si spazientirà per i suoi scambi a distanza con McLean, che peraltro il Munsteriano vince regolarmente, cercando regolarmente la touch dove i nostri continuano a trovar lungo .
Al 44’ Bergamirco trova i pali su una punizione per il suo insufficiente 50% di percentuale sui piazzati, ma è sempre il solito O’Gara due minuti più tardi a ristabilire le distanze: 26-11, trasformando il terzo penalty affibbiato a una mischia ordinata oggi decisamente appannata. Conservativi e prudenti i Trifogli: buona parte del merito va al XV di Mallet che si esprime benissimo nella fase difensiva, gli irlandesi si trovano regolarmente il muro sbarrato dagli Azzurri sul punto di contatto e, di placcaggio in placcaggio, li rispediscono al mittente. Il guaio italiano sta nelle ripartenze: troppi grabber di Tebaldi vanno direttamente in out o sono facili nelle mani avversarie, risultando estemporanei rispetto alla linea azzurra che dovrebbe partire a caccia. Giocare al piede richiede sostegno e un ottimo Gps, non si può improvvisare. E' come piazzare.
Anche il verde dei Trifogli d'Irlanda con il passare dei minuti diventa sempre più sbiadito, mentre vanno segnalati i ritorni in campo di Bortolami e Masi: il primo con l'aiuto di Ongaro subentrato a capitan Ghiraldini rappezza la rimessa (ma non la porta alla sufficienza, prova ne sia lo spreco di una nei 22m avversari), il secondo all'ala aperta tenta un paio di ripartenze palla in mano, dando un segnale comportamentale ai compagni. Resta solo una punizione in mezzo ai pali per Paddy Wallace entrato al posto di O'Gara, poi nel finale un grande break di Bergamirco che corre per 40 metri ma poi si pianta, privo di sostegni decenti.
Rimane il sapore amaro per la scarsa incisività in attacco e per l’atteggiamento opaco nelle fasi statiche: già sono statiche di loro, se poi ci si mettono imprecisione e scarsa forma è dura. Il pacchetto di mischia difatti ha faticato più del previsto: sarà che era la prima o che semplicemente non è sempre domenica come a San Siro o ad Ascoli, ma ha regalato sei/nove punti ad un lanciere come O’Gara. Per non parlare delle rimesse. Appunti da segnarsi in vista della partita di domenica contro l’Inghilterra al Flaminio.

Un commento by Abr - Partiamo dal positivo: la partita è finita due mete a una e il secondo tempo porta un parziale striminzito di sei a tre. La ragione: un grande display difensivo dei nostri, 98 placcaggi con 5 errori contro 4 errori su 54 placcaggi irlandesi. Non ci riferiamo solo al secondo tempo: certo, nel primo abbiamo commesso due errori difensivi costatici una meta (l'altra è causata dalla rimessa), ma è assurdo pensare che l'obiettivo dei nostri debba essere la perfezione, manco il Sudafrica ce la fa! Nel rugby alla fine vince chi ne segna uno di più.
Oltretutto se la prima meta ha come protagonisti Robertson e Trimble, quella italiana ha gli stessi rovesciati: a livello di costo degli errori siamo pari e patta. Per inciso, peccato che le mete degli altri valgano regolarmente sette punti mentre le nostre sempre e solo cinque.
No, i problemi grossi italiani nella prima gara del 2010 non stanno nel paio di errori individuali e nemmeno, udite udite, nella indisciplina; nascono principalmente dalle fasi statiche, assieme ovviamente alla cronica stitichezza in attacco. E' come in guerra: puoi schierare tutti gli eroi che vuoi ma non si vince mai senza rifornimenti, lanciando contro il nemico le stampelle.

- La rimessa laterale: si sapeva, avevamo davanti i leader europei del fondamentale, forse mondiali assieme ai sudafricani. Proprio per il fatto che lo si sapeva già, come di fronte a un docente incaponito su Manzoni era lecito aspettarsi una preparazione migliore sull'argomento. Invece il crollo: sette rimesse perse su diciannove (tantissime: la dice lunga sul loro cercarle per rigirarci il dito nella piaga). Un crollo bilaterale, sia sulle chiamate che sui lanci. E' stata una giornataccia per Ghiraldini e Del Fava, una minima pezza la mette Sole e parzialmente Bortolami. Forse la fascia di capitano ha distratto il nostro tallonatore. La rimessa è stato il tema più largamente deficitario di tutta la gara.
- La mischia chiusa: dovrebbe essere il fondamento del nostro gioco, l'unica struttura sulla quale sperare di costruire una supremazia. E' stata deludente, nel senso che non è mai stata dominante e per come è l'Italia questo è un tassello imprescindibile. S'è trovata addirittura penalizzata in un paio di casi e priva di rincalzi affidabili. Sia Castro. che Perugini non sono evidentemente al meglio, inutile dar qui colpe all'arbitro Poite pur non esente da errori. Dico, davanti avevano Hayes, centenario come cap ma anche d'età e tal Cian Haley!!! Privati dell'unica certezza disponibile, è stupefacente che il morale dei nostri abbia saputo reggere per tutta la gara.

Quanto all'attacco, si poteva far di più? Una marcatura d'intercetto da un trequarti, l'ingresso di Masi, l'ultima tardiva fuga di Mirco e certi multifase tentati nel primo quarto d'ora lo certificano. Il punto fondamentale rimane le fonti di gioco: di là si va col c'è chi crede ancora che la mischia o la rimessa siano difesa, mentre l'attacco dipenderebbe da non meglio identificati "schemi" e dall'estro dei trequarti. Purtroppo senza possessi di qualità in questo sport non si va lontano: ti restano per l'appunto gli intercetti.
Il piede: abbiamo calciato via circa il 50% dei possessi (35 volte), ma era nei piani e anche gli avversari l'han fatto nella media di questi tempi (oltre il 40% delle volte per 40 possessi). Il che ci dice che che anche loro, in difficoltà a trovare sbocchi d'attacco, han pensato bene di rimanere abbottonati. Sta di fatto che dopo un primo tempo territorialmente circa in equilibrio, nel secondo ci hanno schiacciato nella nostra metà campo (il doppio del tempo speso nella loro): significa che abbiamo perso la battaglia tattica.
Non solo McLean calcia ma anche Tebaldi: il quale è stato impreciso stavolta non solo al piede ma anche nei passaggi, causando diverse palle perse. A onor del vero è stato aiutato dallo schema "a mucchio selvaggio": come si fa ad allestire mini-unit, di solito doppie, senza chiarire chi deve ricever palla?
Aldilà del mediano, i nostri primi cinque sono stati insufficienti: male in rimessa, male in mischia chiusa rispetto alle aspettative e alle necessità, male nelle maul avanzanti. Bene solo nei punti di contatto dove tutti han dato un contributo significativo, mediano e rincalzi inclusi: bellissimo ad esempio un placcaggio scramble di Bocchino su Earls. Più che sufficienti le terze linee: Mauro ma in particolare Sole per il suo contributo in rimessa e Zanni, imperioso in copertura e nei contrattacchi, il migliore dei nostri.

Due mete a una abbiamo detto: se guardiamo invece i piazzati abbiamo perso diciannove a sei. Problemi di disciplina? Aldilà del giallo abbiamo concesso dieci punizioni di cui 5 piazzate (marcate al 100%, più due trasformazioni). Il totale è entro i limiti accettabili, anche gli avversari ne han concesse otto, ma sono solo due quelle da noi piazzate (100%): loro sono stati più attenti nella loro metà campo, noi non abbiamo saputo pungerli dillà.
Si aprirebbe a questo punto la vexata quaestio del kicker, tema fondamentale per tutte le nazionali e a maggior ragione per una a trazione anteriore come la nostra. Fin però che non sapremo pungere, forse dobbiamo purtroppo dar ragione Mallet: ci basta un avventizio, una soluzione estemporanea e provvisoria per i due piazzati due e la trasformazione a partita che passa il convento.

Consoliamoci con la prestazione dei vincitori: conservativa è la definizione migliore nel suo eufemismo. Il giornalista cane titolerebbe, han vinto ma non convinto. Anche se vincere in un Sei Nazioni non è solo importante, è tutto.
Comunque, tutto qui dai detentori del titolo, dagli imbattuti del 2009, quelli che tremare il mondo fan? Pack a parte - stellari O'Connell e Cullen in rimessa, buoni i piloni in mischia e a propellerli in aria, ottime le terze linee a tener le nostre e tentare di aprire i reticolati italiani - certi nominativi dei trequarti, come ad esempio quello dello spauracchio Tommy Bowe, sono stati segnalati a "Chi l'ha visto" ...
Se non fosse per quell'autentico scoglio contro venti e maree chiamato O'Driscoll, per l'affidabilità di O'Gara e la praticità di O'Leary, verrebbe da dire, ma questi qui credono di rivincere il titolo? Ma veramente veramenteeee?
Il loro sfigurare potrebbe esser più merito della nostra difesa che di una loro regressione. Agli irlandesi converrebbe sostenerlo invece di parlar di "controllo della gara"; per quanto ci riguarda ci associamo al giudizio del commentatore BBC: Oh my God!

Gli highlights:

17 commenti:

ringo ha detto...

Un particolare: certo che ora seguire le partite dell'Italia in televisione... No, così, giusto per non fare nomi ;)

Abr ha detto...

Oh my God! ;)

Anonimo ha detto...

Allora, situazione tipica del gioco italiano: palla in ruck, esce (con calma) dalle mani di tebaldi per finire sui suoi piedi: calcio alto a scavalcare che, se va bene, viene preso dagli avversari, altrimenti va direttamente fuori e si riparte con la touche dal punto del calcio. Ora, è ormai chiaro che si tratta di una giocata dannosa, sulla quale però evidentemente mallet insiste... ma perché?
Stessa situazione da parte irlandese: palla a O'Leary, salto di uomo, passaggio a dieci metri per un centro, palla ad o'gara che calcia in profondità e va ad esplorare, quando va male costringendoci al calcio che spesso viene sbagliato, quando va bene palla in touche sui nostri 22.

Perché noi siamo così incapaci da non riuscirci?

L'aretino

PS: vero Dario?

ringo ha detto...

Allora hai comprato il registratore? Beh, diciamo che su questo blog non abbiamo mai mancanto di sottolineare alcune testardaggini del ct azzurro, sin da quando fece intendere che Marcato non rientrava nei suoi piani di gioco perché non era abbastanza muscoloso.
Poi non è nemmeno da solo nel prendere certe decisioni, ha degli assistenti. O sono lì solo per fare scena? Vedremo.

Abr ha detto...

Mah aretino, considerarsi "incapaci" perchè non si è al livello di O'Gara e O'Leary mi par grossa.

Se invece stai facendo del sarcasmo toscano sul commento, forse non hai focalizzato un aspetto: non è questoil blog di chi va al Croke park convinto che là si può vincere per davvero, dove poi ci s'incavola perchè si perde, non si gioca come O'Gara.
Nessuno sostiene che Tebaldi debba miracolosamente farsi messia e traghettarci oltre il Mar Rosso.
Solo, si sostiene, coplessivamente non ha saputo dare un contrbuto positivo, anche se l'accusato numeoruno stavolta è il pack, i primi cinque delel fasi statiche.

Non gli si chiede al Tebaldi cose trascendentali tipo passaggio a Trimble: solo pulizia e "giudizio" (in toscano, saper discernere) come si dice nelle piane del Nord.

E nemmeno ci si straccia le vesti, qui perchè l'Italia perde, dando a Mallett dell'incompetente dall'alto delle tre partite giocate all'Oratorio.
E' per noi solo uno che, a fianco di tante cose buone tipo l'attenzione in difesa, ha modelli sbagliati per le ns. caratteristiche. O meglio ancora, modelli che richiedono decine d'anni per essere calati nella nostra realtà.

tagus ha detto...

castro non c'è.perugini ha fatto il compitino e niente più.ghiraldini,che ha passato le giovanili in altre posizioni, non ha mai avuto nel lancio un punto di forza,ma è un lavoratore e sta lentamente migliorando anche in quel fondamentale come è migliorato in chiusa.munari ad un certo punto ha detto che con l'ingresso di bortolami non abbiamo più perso lanci;a me non è parso.ad ogni modo bortolo in touche resta imprescindibile.e se non ci fosse il problema del capitanato forse un giro di giostra ad ongaro lo farei fare.
tebaldi,e dirlo mi duole ,largamente insufficiente.dovrebbe passare la settimana a provare calci dal box e ,al di là del posizionamento enigmatico dei ricevitori vicini ai raggruppamenti,ha tirato 3 anatre ferite a gower costringendolo 2 volte al tuffo ed una alla carta moschicida con perdita di momentum in tutti e 3 i casi .
fra i reduci da infortunio il solo mauro mi è parso sul pezzo.
in vita mia non ho mai visto nessuno difendere come gower ed i 2 centri(se non in assoluto almeno relativamente al fuoco di fila cui sono stati sottoposti),ma tutti sono stati eccellenti in difesa :il placcaggio di unghie di mc lean su trimble dopo il buco lasciato da robertson mi è sembrato il paradigma di un nuovo atteggiamento,personale e di squadra.
il problema è che il rugby è uno sport bifronte:se non difendi non vinci,se difendi sotanto non vinci.e,concordo, la mischia e la touche sono(ancora e nonostante tutto) le fonti dell'attacco nell'union.
ritenevo che il benchmark fossero i 30\35 punti di gap che ci sono stati fra munster e treviso.
abbiamo fatto meglio,con una differenza però: che treviso ci ha provato,certamente pagandone il fio ma dando la sensazione per un tempo su quattro di poter fare l'impresa.
l'italia invece calcia a 30 metri per costruire una maginot 15\20 metri oltre il punto di calcio e così non si vince con l'irlanda ma nemmeno,temo,con gli altri,scozia inclusa.

Anonimo ha detto...

Abr, forse hai centrato il vero nocciolo della questione: mallett ci propone qualcosa di troppo lontano dalla nostra concezione dirugby. è un caso che il meglio lo abbiamo dato con tre allenatori francesi?

L'aretino

Abr ha detto...

Aretino, non e' per me un caso, e' una questione di mentalita'.
Pur essendo convinto, attenzione, che per come si gioca da noi e' il modello SUDAFRICANO quello che, da lontano, dovremmo cercare di imitare.
Ma il rugby e' sport di collettivo, e se ammorbi il collettivo con miti irraggiungibili di perfezione, a dei latini tutto estro e individualita' per giunta, non ci arrivi mai.

Da un po' mi sono convinto che ci serva un allenatore LATINO, uno in grado di far leva sui nostri plus e minuses, uno in grado prendere le tessere del mosaico e intergrarle tra loro costruendo un gruppo e indicandogli dove possono arrivare, non facendogli capire dove sbagliano. Il mio nome e' Loffreda, che francese non e'.

Abr ha detto...

Oltre al coach, proseguo da solo e senza inviti, servono dei collaboratori. Un offensive e un defensive cooordinator: avanzati, studiati e italiani. Troncon non piace perche' parla tosto alla banda di incompetenti chiacchieroni che assillano il rugby italiano? Solo per questo lo terrei, forse anche come offensive coordinator.
Orlandi invece no, a casa: con tutta la simpatia, uno che da anni non riesce a metter in piedi una rimessa laterale pur avendo i Bortolami, uno che non riesce a garantire fonti di gioco certe pur avendo una mischia sulla carta dominante: per non parlare della maul; uno infine che accusa Paddy O'Brien invece di farsi furbo, uno che tenta di alimentare il classico vittimismo italico, non c'entra nulla con il progetto una nazionale vincente. Cavinaot capisce di mischia? Oppure DeCarli? O Cuttitta?

Poi pero', sappiamolo, anche scegliessimo il meglio del meglio abbiamo costruito il tetto, non le fondamenta (scuole, club, territorio etc.etc.). Discorsi vecchi.

Abr ha detto...

Molto d'accordo con Tagus, ma non e' una novita'. Ribadisco, se non hai i rifornimenti non c'e' esercito che tenga. Mi fanno ridere quelli che adesso bisogna attaccare: siamo semrpe alla retorica primo novecento. Attaccare con che, lanciando al nemico la stampella?
I migliori dell'army americana stanno nella logistica, da noi si chiama fureria e infatti in battaglia i risultati si vedono.

Le cose da fare:
a) portar giu' rimesse
b) mischia ordinata solidificata
c) imparare a far le maul
Il resto C'E' GIA'!

Anonimo ha detto...

Eh sì, discorsi che purtroppo tornanno di moda verso febbraio, giugno e novembre. Il nome Loffreda direi che è ottimo, ma ai capoccioni romani rimarrebbe un personaggio un tantino indigesto: ha le palle ed è competente. Un po' troppo. Non a caso, per non allontanarsi troppo dalla "zona", ci sarebbe un certo Diego che farebbe molto comodo: però ha troppe idee, sa cos'è il rugby e soprattutto conosce il Palazzo e se ne tiene giustamente alla larga.

L'Aretino

Ps

(che poi aretino non è)

Abr ha detto...

Beh se ne DOVRA' riparlare a fine 2011, finiti i mondiali: Mallett ha già fatto capire che dopo non saremo più cosa per un vincente nato come lui (subito dopo l'adolescenza ho imparato che vincente non è quello che vince sempre ma quello che sa vincere dopo aver perso, ma avrò capito male io).

Cambiare prima francamente non avrebbe nessun senso se non di peggiorare ancora. Con buona pace di quelli che applicano al rugby le categorie calcistiche "non funziona e allora paga l'allenatore" e i vuoti di senso tipo il "progggetto" da "portare avanti".

Quanto alle palle e competenza di Loffreda, anche Mallett aveva la storia non solo del vincente ma anche del cazzuto: ma quando subentra il "tengo famiglia", abbiamo tutti un cartellino del prezzo... e poi di qui non si scappa, se vogliono migliorare (e conviene anche ai boss) devono trovarne uno in gamba.
Ottimo nome quello di Diego, da inserire nell'ambito di un team esperto: minimo avrebbe il giusto focus sul calciatore.

Ps.: L'Aretino quello famoso, nacque ad Arezzo e si spense a Venexia ...

ringo ha detto...

Vediamo si porre ordine sulle origini dell'Aretino: fatto vuole che non sia di Arezzo, ma di una provincia vicina, per quanto ora dimori sopra Milano. Accadde però che venne così definito, Aretino, dal "Gazzaniga del 2000" (Magri scripsit) durante un dibattito nella redazione sportiva di un quotidiano nazionale.
Così, giusto per far intendere che su questo blog si fa anche della alta cultura.

Anonimo ha detto...

Or dipende a quale Aretino mi si vorrebbe associare, se a colui che codificò il
Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si

o a colui il quale candidamente ammise di non conoscere il Biondo...

fate voi...


L'Aretino

ringo ha detto...

O quello dantesco....

Anonimo ha detto...

quello del Biondo, è quello dantesco...

L'Aretino

ringo ha detto...

Si vede che sono ignorante.

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