sabato 13 febbraio 2010

6 Nations: Galles 31 - 24 Scotland


Cardiff, Millennium Stadium
Wales: L Byrne (Ospreys); L Halfpenny (Cardiff Blues), J Hook (Ospreys), J Roberts (Cardiff Blues), S Williams (Ospreys); S Jones (Scarlets), G Cooper (Cardiff Blues); P James (Ospreys), G Williams (Cardiff Blues), A Jones (Ospreys), J Thomas (Ospreys), A-W Jones (Ospreys), A Powell (Cardiff Blues), M Williams (Cardiff Blues), R Jones (Ospreys, capt)
Replacements: H Bennett (Ospreys), G Jenkins (Cardiff Blues), B Davies (Cardiff Blues), S Warburton (Cardiff Blues), R Rees (Cardiff Blues), A Bishop (Ospreys), T Shanklin (Cardiff Blues)
Scotland: C Paterson (Edinburgh); T Evans (Glasgow), S Lamont (Scarlets), G Morrison (Glasgow), R Lamont (Toulon); D Parks (Glasgow), C Cusiter (Glasgow, capt); A Dickinson (Gloucester), R Ford (Edinburgh), E Murray (Northampton), J Hamilton (Edinburgh), A Kellock (Glasgow), K Brown (Glasgow), J Barclay (Glasgow), J Beattie (Glasgow).
Replacements: S Lawson (Gloucester), A Jacobsen (Edinburgh), R Gray (Glasgow), A MacDonald (Edinburgh), M Blair (Edinburgh), P Godman (Edinburgh), M Evans (Glasgow)
Referee: George Clancey (Ire)

Il tetto del Millennium Stadium ieri pomeriggio era aperto. Non tempestava quindi non c’era ragione di tenerlo al chiuso, in seguito alle proteste scozzesi. Il regolamento d’altronde prevede che entrambe le squadre debbano essere d’accordo. Dunque si poteva guardare dal cielo in direzione del campo perché anche in paradiso si divertano con il rugby. Si saranno certamente divertiti come i 70 e passa mila sulle tribune e tutti quelli davanti al televisore: merito anche delle cure masochistiche che Galles e Scozia si sono riservate a vicenda. Da una parte i padroni di casa che per almeno settanta minuti parevano in preda ai fumi dell’alcol: difesa generosa, sulle gambe, morbidissima, mai avanzante, sempre zoppicante. Poche idee e ben confuse. Dall’altra gli ospiti che hanno regalato un’ottima prestazione fino a sette minuti dalla fine: poi il capitombolo, la ridotta che non ha tenuto, due indiscipline pagate care e il volto di Andy Robinson che da sorridente che era si è trasformato nella maschera della disperazione. Per la sua Scozia sarebbe stata la vittoria più bella ed inaspettata. Alla fine lo è stata per il Galles.
A Cardiff la strategia di battaglia era chiara sin dall’inizio: montare, mettere pressione, schiacciare gli scozzesi all’angolo e chiudere as soon as possible il discorso. Col cavolo, perché tale determinazione è durata sì e no cinque minuti. Poi è montata in cattedra la Scozia guidata non solo dal solito Paterson (100 caps), costretto ad uscire nella prima frazione per problemi alla spalla, ma soprattutto da Dan Parks, l’eterno discusso, che ha preso per mano la regia della squadra e non ha sbagliato nulla. Anzi, ha pure rifilato un drop dalla lunghissima distanza, imbeccato dal pubblico che non apprezzava la sua lentezza nel far ripartire le azioni. Lavorare con lentezza: ecco quale può essere il motto degli highlanders. Obiettivo: rallentare il più possibile il gioco avversario e anche il proprio nelle fasi di raggruppamento. Aiutandosi con una difesa avanzante – ecco, per l’appunto – e con la propulsione della terza linea che ha rotto in due il match. Non è un caso che quando anche Parks ha dovuto lasciare il campo a Godman il Galles ha vinto l’incontro.
Le statistiche parlavano di zero mete nelle ultime tre partite e solo tre vittorie negli ultimi 25 impegni affrontati in 6 Nations per la Scozia: cifre da far pensare e riflettere. La striscia si è allungata, ma almeno si è resa protagonista di una storia che finirà negli annali.
La cronaca. La prima meta è opera di John Barclay, uno dei tre meravigliosi “B” che compongono la terza linea di Robinson con Brown e Beattie. È lui a rompere senza troppa fatica il placcaggio portato da James Hook e Gareth Cooper. Come Mosè, apre in due il Mar Rosso e vola sotto i pali con una facilità che fa impallidire un po’ tutti pestando sulle esplosive gambe. Sono trascorsi solo otto minuti. Paterson trasforma, la Scozia è in testa e intende restarci. Perché se Stephen Jones accorcia da un calcio di punizione per fallo in mischia (pessima la gestione dell’arbitro irlandese George Clancy), Parks tira fuori dal cilindro un drop al 17’ e sul 10-3 per gli ospiti si capisce che qualcosa sta accadendo.
Buco Galles, doppietta Scozia. Per la precisione avviene per opera di Max Evans, entrato a sostituire il fratello Thomas per infortunio, il quale in seguito sarà costretto a dare definitivamente forfait per un brutto contrasto con Lee Byrne mentre attacca le praterie gallesi. È lui, Evans Max, a schiacciare nell’angolo il bellissimo grabber con il quale Parks infila il Galles, colpevole di aver lasciato scoperto un quadrato grosso come una casa tra la linea dei 5 metri e quella di meta. La Scozia gioca semplice, placca, libera dei dobermann che danno la caccia a qualsiasi cosa sia vestito di rosso. Tutti placcano, Cusiter si renderà protagonista di sforzi fisici non da ridere (il ragazzo ha messo su muscoli, lo farebbe giocare anche Mallett). Tant’è che 15-3 al 21’.
Raccolta differenziata. Il XV di Gatland non c’è con la testa. Spreca per la frenesia un sacco di palloni buoni per potersi rimettere in sesto, Shane Williams e Leigh Halfpenny toccano palla solo perché la Scozia costringe gli avversari a passare dalle loro parti, mentre Jamie Roberts è assalito dalla paura di operare un off load, lui che non ha mai fatto nulla per nascondere la sua abilità con le mani. È tutto sintomatico della nebbia che appannava le menti dei red dragons. La Scozia invece preme sull’acceleratore e contesta ogni ovale a terra. Esplora nuovamente in un paio di occasioni il territorio nemico e tiene botta nel finale di primo tempo di fronte all’ultimo assalto rosso. I primi 40 minuti si chiudono sul 18-6.
Si riprende, la Scozia. Al rientro dagli spogliatoi la situazione non cambia. E allora sono in parecchi a pensare che sia finita per i paladini di casa. Non ci sono, non ci sono affatto. Non riescono a organizzarsi, i trequarti impattano sui loro stessi avanti e invece di penetrare, girano su se stessi. Le mani sono nervose, i palloni persi non si contano. Mentre in mischia continuano i richiamo del giudice di gioco che non si accorge che ci sono piloni troppo lunghi perché entrino a contatto da troppo lontano: prima o poi la baracca cade giù ed è un continuo rifare. Anche la rimessa finisce sotto pressione. Sono rintanati in un castello di sabbia che pare pronto per essere spazzato via dal vento.
I cacciatori scozzesi sono costantemente al lavoro. Poi capita che, sul 21-9, arrivi il guizzo di Shane Williams che aggira (55’) la linea nemica come mai prima di allora sono riusciti a fare gli altri, lo rincorrono i più lenti e così il gioco è facile, fissa il punto (e diamine, ci voleva quasi un’ora di gioco per farlo?) e scarica sull’accorrente Lee Byrne che va a schiacciare in meta: 14-21, la conversione di Jones non va a buon fine. E il volto di Andy Robinson è già un programma.
Alamo. I suoi sono ancora con la schiena dritta, ma a questo punto – ad esempio – avrebbe fatto comodo uno come Paterson ed invece Paterson non c’è. I suoi continuano a placcare come dannati, non mollano un centimetro di terra. Ci sarebbe anche l’occasione giusta per rovinare la festa sugli spalti, se non fosse che Parks, al 65’, decide di affidarsi quando è ormai nell’area dei 22 gallesi ad un cross kick in direzione di due stangoni posizionati sul lato destro del campo. Il pallone finisce invece nelle mani del folletto Williams che vola più in alto di tutti. E trova anche il tempo di chiamare un mark mentre è tenuto in braccio dai due scozzesi. Scene memorabili.
Un giro di lancetta e Parks si fa perdonare con il drop alla Frans Steyn dalla lunga distanza che dicevamo sopra, il secondo dell’incontro: 24-14. Lui calcia tra i pali, Jones rifiuta di fare lo stesso con un calcio di punizione e opta con il consenso della squadra, ovviamente, per una rimessa laterale che poi partorirà a fatica un’azione a metà. Ma da qui in poi sarà solo Galles, la benziana scozzese è finita.
73’: cartellino giallo per Scott Lawson e il Vallo di Adriano ha un guardiano di meno. Ecco il primo gesto di masochismo scozzese per un fallo evitabile, anche se rimane il dubbio sul metro di giudizio di Clancy che nel primo tempo aveva gestito in modo diametralmente opposto due ruck: nella prima un fallo per il Galles dopo che Cusiter aveva tacchettato Adam Jones che non si levava dalle scatole; nella seconda un fallo per il Galles dopo che Gareth Cooper aveva tacchettato Cusiter che non si levava dalle scatole, ma il fallo consisteva proprio nel fatto che non fosse rotolato via.
I gallesi allargano, hanno più spazio e volano di nuovo in meta con Halfpenny: al 77’ è 21-24.
79’: i red dragons sputano fiamme a più non posso, Byrne si invola in avanti e Godman, che nel frattempo ha preso il posto dell’eroe Parks acciaccato, lo stende con uno sgambetto. Altro giallo: stai a vedere che la sindrome Alun Wyn Jones fa il suo mestiere. Jones, Stephen, calcia in mezzo ai pali di tutta fretta e pareggia: 24-24. Ma al Galles il pareggio va stretto! Andy Robinson, intanto, non crede ai suoi occhi. Ma il bello deve ancora venire.
Il volo del folletto. Il Vallo di Adriano ormai ha ceduto nelle basi, il killer istinct è solo un lontano ricordo. Il Millennium è in piedi con i suoi quindici uomini in campo che lo prendono d’assalto per l’ultima volta. Stavolta gli occhi da assassini sono stampati sul volto dei padroni di casa: è casa mia, è casa mia. Butta giù questo muro. Lo fa Shane Williams, sempre lui, in mezzo ai pali. Jones piazza con la gente che è già con la mente alla lunga notte di bagordi: 31-24, Twickenham è dimenticata. Ma sempre ammesso che il masochismo scozzese non torni a far capolino, al Flaminio ci attende un altro Vallo di Adriano.

Il commento di Abr
Partita folle e spettacolare, un vero spot per il rugby passionale, tutto sangue sudore lacrime e poco "partita a scacchi fisica".
Ciò detto, torniamo coi piedi per terra: tanto per cominciare l'infortunio a Thom Evans portato fuori in barella è alla schiena e pare grave, il ragazzo è stato raggiunto in ospedale dalla famiglia. Speriamo bene.
Riguardo agli episodi cruciali nel finale, se l'espulsione di Lawson è da considerare dovuta, quella di un Godman - cui mancava solo la stampella per sembrare Enrico Toti (come avranno fatto a ridurlo così male nei pochi minuti che ha giocato?), ha invece scatenato il coach Robinson, che s'è detto bitterly disappointed per la decisione: secondo lui Godman stava saltando dritto a caccia della palla e non ha sollevato la gamba per colpire l'avversario.
Un altro episodio cruciale è stata la ripresa del gioco sul 24 pari: il tempo era finito, perchè gli scozzesi non hanno calciato la palla fuori? Ingenuità? Volevano provare a vincere in inferiorità numerica? O temevano che Clancy (terrificante la sua conduzione delle mischie) facesse continuare lo stesso?
A proposito di episodi, la svolta della gara poteva essere quella fuga due contro uno di Rory Lamont sulla sinistra, conclusa con un passaggio in avanti: se avesse saputo controllarsi e passare un attimo prima, quello era il "colpo della domenica", la meta che chiudeva la partita.
Sul piano tattico, quelli che il Socio definisce giustamente " i fumi dell'alcool" gallesi, li imputerei al fatto che la Scozia gli ha scassato il game plan.
Il reparto arretrato dei Dragoni pensava di giocare sulle ripartenze al gioco tattico scozzese e di soffrire un po' le mischie. Invece Euan Murray non ha cavato un ragno dal buco anche grazie a un arbitraggio erratico del fondamentale, mentre i trequarti gallesi si son trovati attaccati da una delle migliori terze linee del torneo (vedi meta di Barkley rompendo il placcaggio di Hook) e sottoposti a una pressione asfissiante di tipo rush che li "imbutava" al centro. Iconico è stato Lee Byrne, di solito preciso e letale, nel primo tempo sconclusionato e depresso.
Gatland 'era messo in testa che gli avversari avrebbero giocato prevalentemente tattico, invece bastava guardasse la partita degli scozzesi contro la Francia. Di fatto nel primo tempo, altro che territorio, gli scozzesi han puntato sul possesso: 14 minuti contro i 10 dei padroni di casa.
Lo sconcerto s'è trasformato in smarrimento: ben sedici le palle perse dai gallesi, ben 10 placcaggi mancati dalle surclassate terze linee rosse di capitan Ryan Jones. Nel secondo tempo gli scozzesi han provato a controllare e la percentuale di calci s'è alzata, alla fine è arrivata al 50%. La confusione non è cessata nemmeno quando il Galles ha finalmente trovato il bandolo della matassa: la meta di Byrne, l'inizio della riscossa, nasce da un individualismo folle di Hook, che attraversa due volte tutto l'arco dell'attacco da destra a sinistra e poi da sinistra a destra, raddrizzata alla fine dalla visione e velocità di Shane Williams. Per non dire della lucidità: prima hanno tempo ma calciano in rimessa due punizioni trasformabili, poi il tempo sta per scadere e scelgono di piazzare per il pareggio.
In definitiva si tratta di una vittoria non per classe o per cu.... ma totalmente causa attributi: "carattere" come li chiama Gatland. Soprattutto dei trequarti, da sempre ma oggi più che mai croce e delizia dei supporters del leek (il porro, pianta simbolo del Galles): Byrne, Halfpenny, Hook, Roberts, Sth. Jones e davanti a tutti Shane Williams.
Quanto alla Scozia, ci han provato e quasi ci sono riusciti: Parks al suo rientro ha meritato il Man of the Match Award con una prestazione monumentale con tanto di drop.
Rispetto alla scorsa settimana con la Francia, gli Scots han smesso di portare la palla a spasso trasversalmente per il campo e han preso a puntare dritto con gli avanti sui trequarti avversari. Alla fine però han dovuto cedere ancora, stavolta per mancanza di "depth": Max Evans ha giocato estremo per 50 minuti, lo stesso Blair all'ala, il correr dietro a tutti i 227 passaggi avversari (!) dopo aver fatto l'autoscontro a duecento all'ora: a certi ritmi non si regge per 80 minuti.
Eroici si, ma anche un po' dissennati. Perchè il rugby è crudele proprio in quanto "giusto": è come il pugilato, il più debole può anche farcela se azzecca il "colpo della domenica" sull'avversario distratto o impreparato; ma alla lunga i veri rapporti di forza saltano inesorabilmente fuori.
Ok, forse era l'unica maniera per tentare di farcela. Robinson parla di suicidio, ma non per caso aggiunge: "The players have been truly outstanding. They are distraught and hurting but the Scottish nation should be proud.". C'è mancato un pelo insomma; ora 'sti qui vorranno trovarlo per forza al Flaminio. Speriamo di poter dire che è TUTTO il livello del Six Nations ad essersi alzato, dopo la partita conclusiva del weekend.

2 commenti:

ringo ha detto...

Nella notte avevo intitolato il post "Nella pazzia del Millennium la spunta il Galles". O forse l'ho solo sognato.
Non sapevo di Thomas Evans: speriamo bene davvero. In effetti il colpo che ha preso si è sentito, anche quando lo hanno portato via il ragazzo non ha mosso la mano come solitamente si fa per dire che "it's all right".

Abr ha detto...

Oggi s'e' saputo che Thom e' stato operato, ma muoverebbe mani e piedi. Il titolo perfetto sarebbe stato: nella pazzia del Millennium spuntano le ..lle gallesi.

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