L'ultimo Super14 ai Bulls
Orlando Stadium, Soweto, Super14 Finals:
Bulls 25 - 17 Stormers
(primo tempo: 16 -3)
Back-to-back nel Super14 per i Bulls dominatori del torneo, vincitori l'anno scorso e di tre edizioni su cinque della versione a 14 squadre del Super Rugby australe; le altre due sono andate ai Crusaders, i quali peraltro dominarono il Super12 vincendo 5 delle 10 edizioni. Come tutti sanno, dall'anno prossimo il Super Rugby si giocherà a 15 franchigie con l'aggiunta dei Melbourne Rebels e la "regionalizzazione" della stagione regolare.
Nella finale tutta sudafricana del 2010 i Bulls, miglior attacco del torneo, incontrano gli Stormers di Città del Capo, la miglior difesa e per la prima volta in finale; di fatto non c'erano precedenti nella stagione, dato che all'incontro di chiusura della regular season di quindici giorni fa i Bulls già qualificati primi avevano mandato a Città del Capo un team B.
Le risultanze sono poco equivocabili, anche se gli Stormers si sono "difesi" bene attaccando, due mete contro l'unica dei padroni di casa: i Bulls sono nettamente superiori. Non solo degli Stormers ma di tutte le squadre viste quest'anno.
E' da un po' che l'Università del Rugby di Pretoria ha superato in efficacia quella mitica del Canterbury dei tempi di Robbie Deans, ma quest'anno la Facoltà sudafricana specializzata in Punto di Contesa non ha rivali.
A maggior ragione in casa, dove il forzato abbandono del Loftus Versfeld per via dei Mondiali di calcio incombenti ha portato tutti, Bulls inclusi, alla scoperta delle atmosfere molto calde e coinvolgenti della township nera di Soweto nel conglomerato urbano di Johannesburg. Là dove le vuvuzelas impazzano, e mi sa che non ce ne libereremo più tanto facilmente, vista la voluttà con cui vigorosi farmers boeri con le corna di bue sul caschetto da minatore ci soffiavan dentro, dopo che smunti supporters dei Bafana Bafana glie le avevan fatte scoprire già in semifinale, in un ideale gemellaggio locale. Per dirla tutta, le trombette rompono un bel po' i... timpani, ma effettivamente va riconosciuto, regalano un colore e calore inconfondibili - a patto di abbassare gli effetti; sicuramente il rumore rende l'Orlando Stadium una nuova House of Pain, come si leggeva su un cartello tra i tifosi.
La cronaca - I Bulls partono tremendi: tutti gli avanti, i centri Pretorius e Olivier e l'ala Hougaard usano una fisicità da paura nel gioco aperto, mentre il pack esperto e cattivo domina subito le fasi statiche.
In mezzo giostrano due mediani così perfetti che meriterebbero il lancio dei reggiseni dalle groupies come per i Beatles: Mornè Steyn coi suoi calci nell'alto dei cieli o a un centimetro dalla linea laterale, per non dire in mezzo ai pali quand'è ora (cinque i suoi piazzati nella finale); e poi Fourie DuPreez, il libro di testo vivente del mediano: ma cos'è DuPreez? Sono rimasto incantato a seguire solo lui per alcuni minuti: sembra che sappia dove sarà il prossimo punto di contesa e ci arriva prima, studiando nel percorso le linee arretrate sue e avversarie per riciclare muy rapido, altro che soste a gambe larghe e indici puntati del classico mediano boreale (certo, lo aiuta il fatto che sanno tutti cosa fare e dove andare); idem in difesa, dove sovente va ad aiutare i backs nella copertura del territorio e sembra che calamiti l'ovale.
All'ottavo minuto arriva la prima punizione piazzabile procurata dalla mischia ordinata, saranno tre alla fine della gara: il pack Stormers è cresciuto ma non è all'altezza del Troll Gurthro Steenkamp con Werner Kruger e Gary Botha, più Matfield e Rossouw a spingere dalla seconda linea. Steyn non sbaglia, 3-0.
A proposito di seconda linea, l'uscita temporanea del lunghissimo Andries Bekker per ferita sanguinante provoca scompensi anche nella rimessa laterale degli Stormers, ma la risistemereranno al suo rientro qualche minuto dopo.
Anche gli up&under altissimi di Steyn provocano patemi nei reparti arretrati Stormers, soprattutto per l'estremo Joe Pietersen, nella prossima stagione a Bayonne. Steyn piazza una seconda punizione al quattrodicesimo dalla lunga distanza, 6-0: si mette male per i Capetonians, il cui punto di forza è stato concedere pochissime punizioni e zero cartellini gialli nella stagione regolare; regge solo la capacità di prevenire le mete. Il fatto è che ci vorrebbero otto Shalk Burger per reggere la fisicità degli avanti Bulls.
La difesa soffre? Beh gli Stormers rispondono attaccando ed è solo la furia a negare la meta a Shalk Burger, che attua un doppio movimento per raggiungere la linea da sotto una ruck. Decisione giusta ma è un peccato, il biondone che si sdraia senza paura in mezzo ai tacchetti meritava la meta e la partita ne avrebbe sicuramente guadagnato.
I Bulls non si scompongono e insistono: l'ala Gio Aplon perde palla sull'ennesimo calcio alto sotto la pressione dei trequarti montanti, fa 9 - 0 dopo il piazzato di Steyn.
Il controllo territoriale è saldamente in mano Bulls, Joe Pietersen, Peter Grant e Duvenage non sanno rispondere tatticamente allo stesso livello. Infine da una ruck sui 40 metri DuPreez pesca l'ala (veramente) forte Francois Hougaard, nominato Man of theMatch per questo e altri break. Questi razzente s'infila tra i colossi Adriaan Fondse e Andries Bekker, per poi dribblare in velocità l'ultimo uomo Joe Pietersen, concludendo l'azione con un tuffo alla Habana in mezzo ai pali. Dopo la trasformazione siamo 16-0 al 25'.
Finisce impietosamente il primo tempo con una punizione per Peter Grant, 16-3.
Una nota sulle terze linee Bulls: Pierre Spies, Dewald Potgieter e Deon Stegmann sono impressionanti per come abbrancano la palla in fase di placcaggio stando in piedi; quando sopraggiunge il sostegno al placcato oooplà, la spinta li rovescia dalla loro parte ... assieme all'ovale che non mollano. Really impressive, pensavamo di aver visto tutto coi grillotalpa di Broussow nell'anno scorso, tali che han dovuto inventarsi una regola contro di lui, ma la creatività e la forza dei flanker delle Terre Alte oltre il fiume Vaal non ha limiti.
Tanto che l'indefesso Shalk Burger, cui nessuno evidentemente aveva detto niente, alla fine della partita si lamenterà che pareva vigesse un set di regole diverse per i Bulls in fase di contesa, avvallato dall'arbitro Craig Joubert effettivamente un po' di manica larga soprattutto nelle mischie ordinate, cosa che comunque non ha influenzato granchè la gara.
Un minimo di rilassamento alla ripresa del gioco offre agli Stormers la possibilità di guadagnare metri, ma Grant fallisce una facile opportunità di piazzare: non è giornata e contro i Bulls ogni lasciata è persa.
Steyn continua imperterrito il bombardamento areo seguito da ripartenze, fino a quando al 50' una sua apertura noncurante in linea sul lato destro trova l'ex Bryan Habana, per tutta la partita a far da "spia" sul largo: prova a prenderlo, è meta in mezzo ai pali, trasformata per il 16-10 che in altri contesti segnalerebbe la partita riaperta.
Non è la prima volta che i Bulls si rilassano e prendono qualche meta nella stagione; poco male sembrano dirsi, anzi peggio per gli avversari, il pack di casa (o meglio, il più vicino a casa) riprende a macinare il suo vigoroso gioco di maul, ruck e mischie ordinate.
Infatti Gurtrho e compagni guadagnano subito altri tre punti per il piede di Steyn e tre minuti dopo quest'ultimo si permette il raro lusso di fallire un piazzato; tanto la mischia ordinata gli ripresenta poco dopo la possibilità di rimediare e siamo 22-10.
Arriva alfine anche il 25-10, cosa che permette ai Bulls di non preoccuparsi più di tanto quando nel finale gli Stormers riescono a raggiungere la meta per la seconda volta, con il rincalzo Pieter Louw che raccoglie l'ovale e penetra ma resta corto rispetto alla meta, sopraggiunge l'altro rimpiazzo di lusso in mediana, Ricky Januarie entrato al posto di Duvenage che si allunga - per quanto può - fino alla linea. Più tardi la Saru ufficializzerà che il primo tentativo, quello di Louw, era già meta buona.
I Bulls han vinto non tanto la finale - quasi una formalità - quanto il Super Rugby intero, con una squadra dannatamente solida e compatta, basata su una serie di leader "responsabili di reparto", su skill individuali perfezionati in modo maniacale e su schemi di gioco semplici, mandati a memoria ed eseguiti mille all'ora.
Fossimo Peter de Villiers non ci faremmo troppi scrupoli: per la nazionale si vada con l'impianto base Bulls integrato da qualche singola individualità, magari coloured come d'obbligo da quelle parti. Vediamo tempi duri per chi troveranno sulla loro strada, anche se le prime linee boreali hanno tipicamente un altro peso rispetto a quella dei pur volonterosi Stormers.
Ai quali va fatto plauso pur in una gara in cui non sono mai riusciti a disputare la vittoria: è la loro prima finale, nell'anno in cui hanno perso Jean De Villiers e il leader del pack Watson, guadagnando comunque Jaque Fourie e Bryan Habana.
Bulls: Zane Kirchner, Gerhard van den Heever, Jaco Pretorius, Wynand Olivier, Francois Hougaard, Morné Steyn, Fourie du Preez, Pierre Spies, Dewald Potgieter, Deon Stegmann, Victor Matfield (capt), Danie Rossouw, Werner Kruger, Gary Botha, Gurthrö Steenkamp.
Replacements: Bandise Maku, Bees Roux, Flip van der Merwe, Derick Kuün, Jacques-Louis Potgieter, Jaco van der Westhuyzen, Pedrie Wannenburg.
Stormers:15 Joe Pietersen, 14 Gio Aplon, 13 Jaque Fourie, 12 Juan De Jongh, 11 Bryan Habana, 10 Peter Grant, 9 Dewaldt Duvenage, 8 Duane Vermeulen, 7 Francois Louw, 6 Schalk Burger (capt), 5 Andries Bekker, 4 Adriaan Fondse, 3 Brok Harris, 2 Tiaan Liebenberg, 1 Wicus Blaauw.
Replacements: 16 Deon Fourie, 17 JC Kritzinger, 18 Anton Van Zyl, 19 Pieter Louw, 20 Ricky Januarie, 21 Willem De Waal, 22 Tim Whitehead.
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