domenica 13 giugno 2010

La mischia inglese domina ma non basta con l'Australia

The Subiaco Oval, Perth: Australia 27 - 17 England
(primo tempo 14 -0)

L'Australia più inesperta da trent'anni a questa parte soprattutto nella prima linea , a giudicare dal numero di caps schierati - due in tutto (!) su tre giocatori, contro i 70 (!) della prima linea inglese - riesce a mettere in cascina il fieno di tre mete e reggere l'inverno provocato nel secondo tempo dalla mischia ordinata inglese, che procura due mete di punizione ma non riesce a girare completamente il risultato.

La gara parte con l'Australia a far la parte attiva: i Wallabies attuano la solita trazione posteriore usando la rimessa laterale come snodo fondamentale, mentre gli inglesi cominciano a chiarire dal secondo minuto che sono i padroni della mischia ordinata e da lì partono per affidarsi al solito pack bulldog.
Le due forze non sono però inizialmente equilibrate: preme di più l'Australia, aiutata anche dalla superiorità nel gioco territoriale, dove tra estremi O'Connor prevale per posizionamento e iniziative su un Foden un po' frenato.
Drew Mitchell all'ala chiusa è il percussore più pericoloso coi suoi tagli, mentre all'altra ala Digby Ioane è decisamente fuori ruolo e il centro al suo posto, Horne, fa lavoro oscuro di copertura; Quade Cooper all'apertura e Berrick Barnes al primo centro offrono un tasso elevatissimo di classe e imprevedibilità.
Al quinto minuto Cooper parte sul lungolinea sinistro aprendo a Barnes che guarda solo a sinistra attendendo l'inserimento di Ioane, mentre alla sua destra sopraggiungeva non visto Pocock con la strada alla meta tutta libera davanti a se. All'ottavo minuto le incursioni dei padroni di casa procurano una punizione da posizione piazzabile a O'Connor, che la sbaglia.
Poco male, i Wallabies ripartono con la pressione sugli avversari fatta da un pizzico di territorialità quando serve e tanto possesso multifase, interrotta regolarmente quando si passa dalla mischia ordinata.
Dalli e ridalli, inevitabilmente i Wallabies passano al 17' con Rocky Elsom in posizione di ala destra su un rovesciamento di fronte, dopo che trequarti e avanti in giallo avevano sondato il lato sinistro.
La pressione australiana non cessa, interrotta solo dalle mischie ordinate dove la supremazia del trio inglese Payne (Wasps), Thompson (ex Brive, ora Leeds) e Cole (Leicester) sui tre giovinotti Daley (Reds), Faingaa (Reds) e Ma'afu (Brumbies) inizia a diventare imbarazzante.
Ma quando la palla gira per le mani australiane, è lezione di rugby multifase e offload. Rispetto alla solita Australia, la precisione chirurgica al piede di Barnes non è nuova (la "solita" Australia ce l'ha con Giteau), lo è invece l'imprevedibilità e il doppio passo alla Campese di Quade Cooper che sempre più ci ricorda Carlos Spencer. L'estremo O'Connor è veloce, coraggioso e sufficientemente preciso ma gli manca ancora (ha 19 anni!) il judgement per selezionare l'opzione più conveniente che invece ha Ashley Cooper, not to mention il grande maestro del ruolo Chris Latham.
Al 31' minuto il metronomo Luke Burgess in partenza dopo una rimessa rubata si infila in un break e trova il sostegno vicino di Quade Cooper per una meta facile in mezzo ai pali e siamo al 14-0. A quel punto gli inglesi decidono di averne abbastanza e, complice un minimo di tirare il fiato avversario, si installano per quasi dieci minuti nei 22 avversari, provando a scardinare la difesa australe a suon di testate Boreali, senza cavare un ragno dal buco. Il primo tempo termina 14 -0.

Nel secondo tempo gli inglesi finalmente riescono a far leva sul loro punto di forza: dopo aver procurato una punizione piazzata da Flood (una l'aveva fallita al 25'), innescano una serie di mischie ordinate ai 5metri australiani. La prima linea Wallabies non regge più e dopo un paio di crolli l'arbitro Nigel Owens chiama la meta di punizione: non s'era più vista una superiorità in mischia così schiacciante dai tempi di San Siro.
Siamo 14-10, la partita è riaperta, solo che l'Inghilterra si rivela spaventosamente monodimensionale: una mischia dominante è sempre una leva decisiva ma come l'Italia ben sa, non può risolvere tutto da sola.
In più l'Australia non si lascia intimidire: al 56' Ioane lanciato da Cooper si invola lungo l'out sinistro, viene fermato in extremis ma riesce a effettuare l'offload da terra a Cooper che l'ha seguito e che realizza la sua seconda meta della giornata, trasformata come tutte le altre da O'Connor: 21-10, distanze ristabilite.
Il resto della gara scorre come già visto, con la mischia inglese che riesce a procurarsi una seconda meta di punizione al 69' - rara avis a questi livelli. A quel punto sul 21-17 entra Jonny Wilkinson quasi a minacciare un finale stile 2003, ma gli Aussie tengono gli avversari a distanza di sicurezza (meglio l'ancora più inesperto piloncino di rincalzo Slipper di Daley) e piazzano due punizioni, una di O'Connor e l'altra di Cooper - originale il suo stile di preparazione del calcio, alla "Superman sta per prendere il volo".

Alla fine coach Robbie Deans ha parole buone persino per la prima linea, probabilmente anche per rincuorarli dato che di recupero dei titolari veri non se ne parla: " They did pretty good, considering what was asked of them physically and the courage they had to show" ha detto, aggiungendo che nonostante tutto han continuato a giocare senza perdere mai la testa. Nemmeno lui l'ha persa aggiungiamo noi e ci sovviene il Graham Henry petulante post San Siro.
Lato inglese il pack è sempre il pack, dalla prima linea ai veterani Easter e Shaw, che pure dovrebbe lavorare un po' sulla rimessa laterale; i problemi sono ancora dietro però, dove tra freni a mano tirati e problemi di personalità, di nuovo non ci siamo.
Dimentichiamoci delle ali poverine, la palla là in fondo non arriva mai, Cueto e Ashton non sono stati coinvolti e Foden pare troppo frenato; ma anche al centro, mentre il vecchio Tindall s'è dato da fare, Hape all'esordio invece proprio non s'è visto. In mediana poi, con Care e Flood siamo all'ordinaria amministrazione e poco più.
Coach Martin Johnson tenta di buttarla sul kicking game ma riconosce la superiorità avversaria, sia pur mascherata da insufficienza dei suoi: "We started very poorly and gave them far too many shots at us" e aggiunge: "I said to the players they should be pretty angry with themselves".
Scopriremo come andrà a finire alla seconda puntata della miniserie.

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