Sostiene Munari
Le dichiarazioni riportate dalla Tribuna di Treviso di Vittorio Munari (in foto; dietro, incombente, il profilo di Dondi) sono interessanti e non solo per l'enunciazione della strategia di mercato della Benetton in vista della prossima, impegnativa stagione.
Il manager del club di Treviso, profondo conoscitore del rugby mondiale e non per sentito dire, decreta la sostanziale chiusura del mercato della Benetton dopo gli arrivi di Joe Maddock e di selezionati prospetti italiani dal Super10: "La squadra è questa, vedremo che equilibrio saprà crearsi". Almeno per ora: "Più avanti forse si potrà fare un correttivo prendendo un altro straniero. Il mercato di qualità lo si fa a gennaio-febbraio, non adesso".
Tenuto presente che Benetton s'era mossa sulla base di una pianificazione strategica già all'inizio della scorsa stagione (Zanni, Rizzo, McLean), il problema attuale sono piuttosto gli esuberi che sono almeno quattro: "Abbiamo 46 giocatori - ha spiegato - ma la Federazione ce ne permette al massimo 42".
Dopodiche' Munari allarga la visione con la sua tipica torrenziale lucidità: "Il problema di fondo è che nessuno si sta rendendo conto a cosa stiamo andando incontro". Afferma il Vittorio nazionale: "nella Heineken ci attendono sei scalate da Cima Coppi. Con l’aggiunta della Celtic, un’altra valanga di gran premi della montagna. Come dice Franco Smith (il coach della Benetton, ndr), ci attendono 28 battaglie". Finiti, in primis per i giocatori di interesse nazionale, i bei tempi della decina di partite "serie" l'anno, tra buen retiro Super10 e Heineken magari presa sottogamba.
Munari porta un altro fatto incontrovertibile: "Con questa storia dei giocatori di formazione italiana, il 30% della rosa non sa nemmeno cosa sia la Heineken". Idem per la Celtic: andare a "far esperienza" a certi livelli può essere sanguinoso, vedi Lions di Johannesburg nel Super14 di quest'anno.
Come se non bastasse il problema dell' expertise on board, ci sono anche le implicazioni sulla gestione della rosa derivanti dal veto Fir alle cosiddette squadre satelliti. Munari fa il suo coming out: "Il problema saranno quei giocatori che restano fermi: non capisco perché altrove possono giocare in tornei minori e da noi no", dato che "la gestione dei giocatori sarà fondamentale". Rivela infatti: "Nella stagione appena terminata ci siamo impegnati su tre fronti - Supercoppa, scudetto, Coppa Italia - per tenere alto il livello competitivo e, di conseguenza, imparare a gestire bene riposi, infortuni, turnover".
Altrove non solo i giovani in sviluppo ma anche le star infortunate all'occorrenza possono "scaldarsi i muscoli" giocando nei campionati minori con squadre satelliti. Un po' come ha fatto Sergio Parisse recentemente, giocando una partita con la Nazionale A.
Da noi invece niet, con buona pace del piano di mettere la Celtic League "a sistema" col resto del rugby nazionale: niente commistioni e vasi comunicanti, vedi anche il fallimento dell'idea dei prestiti temporanei di atleti ai team celtici: la Fir ha di fatto incoraggiato il trasferimento dei talenti, svuotando il campionato domestico per ... intasare le panchine celtiche.
Quel "non capisco perchè" di Munari è retorico, tutti sanno dell'impegno della Fir coi club rimasti in Italia a preservare il nuovo circuito Semipro da "invasioni barbariche" di presunti ipercampioni Celtici, per non "falsare" il campionato domestico. Addio "sistema" quindi, in nome di una miope contendibilità che si poteva favorire in modo più appropriato; a volte vien da pensare che sia tutta una scusa, per togliersi di torno un club che ha monopolizzato il titolo e che fin dai tempi della Lire era su una lunghezza d'onda diversa sia rispetto a Fir che alle altre società.
In fondo basta intendersi sull'obiettivo: Munari parla come se le italiane andassero in Celtic e in Coppa per far bella figura e guadagnar rispetto. Ingenuo: il "Dondi Pensiero" da noi precedentemente esposto è difforme, riassumibile nella sua frase: "Si comprenda che queste due selezioni (sic) sono di sostegno alla Nazionale", altrimenti "non servono a niente".
Come a dire che per la Fir far bene in Celtic e in Coppa e' secondario, irrilevante; e' un problema eventualmente di chi ci ha messo gran parte delle risorse - soldi, tempo, professionalita', faccia - nella speranza dar lustro al marchio e ritorni agli sponsor. I benefici delle vittorie ricadrebbero anche all'intero movimento, generando rispetto, interesse, investimenti e praticanti? None, quello e' compito riservato alla Nazionale; peccato non funzioni assolutamente cosi', ma tant'e'.
Sara' un caso, ma nessuna Rete sta ritenendo interessante produrre le partite italiane in Celtic: del resto se lo dice il presidente della Fir che sono solo team "di sostegno", basta e avanza avere la Nazionale, no?
Per "purgarle" del fatto di esser club privati (la rovina del rugby in Italia, e' il mantra in vigore da un decennio), alle Italo-Celtiche viene quindi imposto il titolo-burqa nazional-popolare di "selezioni", pur avendo scientificamente reciso ogni loro possibile legame col territorio; non solo, viene anche loro richiesto di unirsi al coro: "Nicht fur uns, alles fur Deutschland". Quanto ai campioncini nazionali in erba, forse di spera che maturino come il whisky, respirando dalle panchine l'odore della torba celtica ...
9 commenti:
insomma, ma allora come si deve fare? Se non ci sono i limiti agli stranieri si dice che così il rugby italiano non cresce; se ci sono limiti non cresce il livello...
Cum grano salis, Massimo, ogni cosa richiede la giusta dose senza esagerare coi fondamentalismi, in nessuno dei sensi. I limiti avverso "stranieri" li hanno anche le altre, ma chi siamo noi per autoinfliggerci di peggiori di tutti? Lo trovo provinciale.
Per non dire poi del divieto alle squadre satelliti: lì gli stranieri non c'entrano, di che sa se non di "divide et impera"?
Eventuali rischi di distorsione di un campionato semipro (eccapirai il danno) potevano essere regolati in modo più smart, ad esempio proibendo proprio agli stranieri di scenderci, o limitandolo agli under qualcosa.
Concordo con l'analisi. Grazie al cerchiobottismo Dondiano restiamo una mezza creatura a metà tra un movimento serio e una farsa. Siamo nelle mani di dilettanti pressapochisti
Mah Alessandro, non li trovo proprio dei dilettanti: sono molto professionali nella "politica" federale, hanno disegni precisi ancorche' superati, sono ancorati a modelli rivelatisi perdenti ma sono molto abili nel consolidarsi e creare consenso.
Il "sorpasso" attuato sulle societa' che da anni si sparavano tra loro in Lire riguardo alla Celtic e il conseguente seppellimento della stessa abolendo ogni controparte, l'ho trovato "hitleriano" nella sua perfetta e spietata execution.
Il vero problema e' l'assenza totale di una opposizione qualunque a questa Fir. C'e' solo la barriera costituita dalla forza economica della Benetton, il resto e' prono e afono.
Si beh, da questo punto di vista, ovvero del mantenimento dello "status quo", son dei veri maestri.
Ma tutto il resto lo trattano con un pressapochismo imbarazzante. A tutto ciò che non interessa la nazionale maggiore sembra non dedichino più di 10 minuti.
Le due cose assieme - pressapochismo e difesa dei propri interessi - determinano situazioni paradossali come l'andare in Celtic svantaggiati rispetto alle altre nazioni (per i prestiti di giocatori) al fine di salvaguardare un campionato dopo averlo già affossato. O come giocatori italo-argentini che non sono considerabili italiani, ma poichè di Italiano hanno il passaporto son comunque comunitari: un sovrapporsi di regolamenti internazionali e fatti ad hoc da brividi!
Spero solo che la Magners dia abbastanza (quindi troppo, per i voleri federali) potere e visibilità a idee diverse quali quelle rappresentate dalla Benetton o chissà chi altro. Almeno sarebbe possibile un dialogo.
Concordo Alessandro: se la programmazione del tutto indipendente attuata dalla Benetton da due stagioni a questa parte in ottica Celtic portera' i frutti, sara' sempre piu' difficile per la dirigenza Fir continuare a ignorarli.
Magari accoppiando un eventuale (incrociamo le dita) "bella figura" in Celtic con le solite "onorevoli sconfitte" della nazionale.
Ah, e anche a una bella causa intentata a bella posta da un qualsiasi "Mister X giocatore Comunitario o Cotonou" che denunci Benetton e/o Aironi di violare le leggi sul lavoro vigenti in Europa, per aver applicato i regolamenti Fir sui giocatori "di formazione italiana".
La scelta del compartimento stagno fra ML e campionati italiani e' solo della dirigenza FIR ; le squadre sarebbero state più contente di prestare dei giocatori venendo retribuiti che perderli contro offerte molto più allettanti senza aver nulla...
Perché allora? Perché saltava il meccanismo previsto dalla FIR : accademia u18->Tirrenia -> Aironi o Benetton -> Nazionale ....
Già, le accademie: per un motivo anche questo economico perché la IRB le finanzia. O meglio, finanzia i progetti di accademie. Poi ci sarebbero storie interessanti, giovani che frequentando le accademie hanno messo su più chili che altro, ecco (sentito dire, occorrerebbe conferma).
Vero Giorgio, ce' una convenienza della Fir a ingessare il sistema. Le societa' non celtiche sono prese tra due fuochi: da un lato non sono piu' competitive coi talenti essendo semipro, dall'altro non possono manco sviluppare perche' ci stanno le Accademie ...
Il terzo lato del box (sul quarto c'e' il sorriso della dirigenza Fir) e' fatto dalle "collaborazioniste", certe societa' a cui sta bene tirare a campa' strappando una qualche prebendina tattica dalla Federazione, la fettina di salame che cade dalla tavola grande.
Posta un commento