Un anno in Azzurro
Non è certo per snobismo - o per snobbare - che abbiamo lasciato buona ultima la prestazione dell'Italia a East London contro il Sudafrica. Non ha molto senso infatti dilungarsi sulla cronaca di un 55 -11, con un primo tempo già compromesso sul 27-6. Qui sotto comunque ci sono gli highlights.
Sette mete a una, con doppietta di Mornè Steyn e poi Pierre Spies, Jeannie du Plessis, Bryan Habana, Flip van der Merwe, BJ Botha, contro la prima meta di Michele Sepe in Nazionale maggiore, su calcetto di Craig Gower. Ah, va segnalato il due su tre al piede di Mirco Bergamasco, conferma del suo livello di affidabilità superiore al 75% nei piazzati: da "professionista". Altro discorso è che non ne generiamo abbastanza di calci da piazzare, ma pazienza.
A nostro avviso è stata una gara di per sè priva di senso: un tappabuchi in mancanza d'altro, per limiti di programmazione - madichessà, due sfide di seguito ai campioni del Mondo in casa loro?! Manco li avessimo nel nostro girone ai Mondiali. Oltretutto la seconda gara ha perso ogni residuo senso per i ben nove cambi italiani, come a dire: amici sudafricani basta così, solo prima partita conta, la seconda è garbage time. Hai voglia di parlare di "impegno" dei nostri, e ci mancherebbe pure che la prendessero sottogamba!
Un rischio più presente per gli Springboks, lievemente incavolati per la cosa e già irritati con loro stessi per l'andamento della gara uno, in cui l'Italia era riuscita a imbrigliarli. Han fatto buon viso a cattiva sorte, poteva girare in passerella e la doppietta di Steyn più la meta di Habana ha fatto intravvedere il rischio, invece per nostra fortuna l'han buttata in allenamento, un dry run focalizzato sugli avanti in vista del Tri Nations - vedi mete dei due piloni, di Flip VDM e di Spies.
C'è poco da commentare sulle prestazioni individuali dei Boks: la motivazione ... a non far cappelle c'era lo stesso, il giorno dopo in diretta televisiva alla Nazione, Peter de Villiers avrebbe diramato l'elenco degli Springboks per la prima del TriNations, la trasferta in Nuova Zelanda.
Lato Azzurro, sottolineato l'ovvio divario senza eccezioni uno-contro-uno e nel livello del gioco complessivo, c'è da sottolienare che comunque nessuno ha fatto figure pessime, nè nuovi nè titolari storici isolati. Qualcuno ha fatto giustamente notare che prima di Nick Mallett (in foto, rasato per scommessa dopo la sconfitta limitata a meno di venti punti di gara 1), una partita così la perdevamo subendo 100 punti, mentre oggi la sgamiamo all'incirca come la Francia di queste settimane con Springboks e Pumas.
Corretto: Mallett ha sicuramente "stretto i bulloni" difensivi e iniziato a far vedere qualche scampolo di gioco offensivo dai suoi, tenendo il campo in modo onorevole contro chiunque.
Nessuno è così folle da pretendere di giocar per vincere in Sudafrica, ma si rimane pur sempre nel film delle sconfitte onorevoli.
Il punto infatti non è battere gli Springboks, è se tutta 'sta "esperienza" accumulata coi Big sarà messa a frutto quando ci si troverà ad affrontare Nazionali inferiori sulla carta, come Romania, Georgia, o Usa e Russia ai Mondiali. E' una questione aperta: il rugby non è il ciclismo, dove se tieni i 20kmh di media sul Pordoi, allora certamente farai i 35kmh sul Poggio. Il punto è che la programmazione un po' "presenzialista" scelta (o che ci si è ritrovata addosso) evita da ben quattro anni agli Azzurri il confronto con squadre cruciali per le "belle figure" che diventino vittorie: unica eccezione, Samoa. E c'è qualche allarmante passo falso nei momenti cruciali, come quello recente della Nazionale A in Romania.
A livello individuale, ovviamente c'è chi la vuole cotta e chi cruda: il Paese dei Campanili (e a volte dei campanelli) si divide legittimamente tra fautori di Tizio (o Tito) e di Caio (o Simon) in mediana, tra chi considera insufficiente la prova di McLean e Canale alle prese rispettivamente col vento e con Jaque Fourie; chi esalti i soliti Perugini, Parisse e il buon nuovo Derbyshire, lamentando lo scarsissimo minutaggio riservato a Bocchino.
Troviamo il tutto un po' tifosereccio: non si valutano le qualità di una Mercedes di serie mentre fa la safety car in un circuito di Formula Uno. Forse il massimo che si può dire è che qualche buon ricambio oltre ai soliti c'è: ma il nostro potenziale d'attacco non migliora, mentre tra titolari e riserve rimane un gap di qualche decina di punti subiti.
Ci permettiamo una sola critica individuale, al capitan Sergio Parisse. Proprio perchè resta IL monumento: se un numero otto marca un drop al Sudafrica diventa un Zinzan Brooke, ma uno che ne tenti due sbagliandoli entrambe ci fa sovvenire il detto de Milàn: Offelèe fa el tu mestèe - il pasticciere faccia le paste.
E' tempo di mettere la roba in borsa e di lasciare per un po' le scarpe sulla ribaltina della scarpiera: con il secondo Test Match contro il Sud Africa a East London, si chiude la stagione 2009/2010 della nazionale italiana. Tra alti e bassi: prestazioni di carattere e limiti da livellare, gli 80.000 di San Siro contro la Nuova Zelanda e l'opaco Six Nations chiuso all'ultimo posto, nonostante l'unica vittoria sulla Scozia. La vigilia del Mondiale per gli Azzurri si fa interessante perché ci sarà da lavorare sodo se l'obiettivo rimarranno i quarti di finale - partendo da una pool che ospita Irlanda e Australia, ma senza dimenticare presuntuosamente i progressi compiuti dalle per i nostri sconosciute Usa e Russia: potrebbe risultarci fatale. Un passo alla volta.
Una stagione cominciata down under contro l'Australia e la Nuova Zelanda. Con i Wallabies, due sfide a Canberra e Melbourne (il 13 e 20 giugno 2009), finite rispettivamente 31-8 e 34-12 per i padroni di casa. Il 27 giugno, l'appuntamento a Christchurch contro gli All Blacks che si imposero 27-6.
Cosa se ne ricava? Ritornare al punto iniziale "esperienza accumulata coi Big vs. superiorità sulle squadre minori" accennato sopra: ci manca la "prova del nove".
D'altro verso, con le Nazionali europee maggiori siamo sempre lì: si vince - in casa - con la Scozia, si pareggia o si sfiora la vittoria con un'altra - stavolta è toccato all'Inghilterra. Manco a dirlo, per il rugby italiano la stagione 2010/11 risulterà decisiva, in un verso o nell'altro: vedi anche alla voce "Celt-Italia", o la va o ...
4 commenti:
Post a due mani, tra attualità, dati e proiezioni sul medio termine.
Grazie per aver inanellato in fila tutte le sconfitte dell'Italia da mesi e mesi a questa parte... Il mio morale ne ha guadagnato molto! A parte gli scherzi: anch'io non capisco che senso abbia incontrare sempre le più grandi del mondo. Ed ogni tanto la vorrei vedere, una vittoria! Incontriamo un po' l'Ucraina, la Spagna, che so! Eppure, sapete una cosa? Mio padre (che segue il rugby un po', ma solo per farmi piacere) sostiene che è giusto "farsela" con i migliori, perché così s'impara qualcosa. E devo dire che l'Italia che ho visto con gli Springboks, specie nella seconda partita, non mi è dispiaciuta affatto. Il Sud Africa ha giocato seriamente: non sono d'accordo che l'ha presa come fosse un allenamento. Se l'Italia giocasse così SEMPRE, di certo non prenderemmo il cucchiaio di legno al Sei Nazioni.
Massimo, sono convinto che giocare coi migliori sia indispensabile. Solo ogni tanto dovremmo ricordare "da dove veniamo" e tornare "dove apparteniamo": inutile fingere, se il nostro obiettivo da vent'anni continua ad essere quello di passare il primo turno ai mondiali.
Chiamalo bagno di umiltà se vuoi. Dal mio punto di vista giocare con Russia o Georgia non è la stessa cosa farlo coi Boks o Galles, quasi non è nemmeno lo stesso sport: a fronte di una minor concentrazione, devi essere pronto a incassare falletti e sgarbi senza innervosirti, anzi mantenendoti lucido e determinato.
Dì a tuo padre che dissento ... ;)
Quanto al Sudafrica, a me è piaciuta la ns. prima partita, meno la seconda; del resto, una media di una meta incassata quasi ogni 10 minuti ...
Cmq. come ho scritto, non ho visto cappelle indegne commesse da nessun italiano: han tutti giocato la loro partita.
L'unica cosa che non accetto è sentir tirare in ballo il concetto da amateur de "l'impegno" (non l'hai fatto tu): quello tra pro si dà per scontato, a maggior ragione se giochi coi campioni de mondo.
La differenza tra i nostri e i sudafricani è individuale, sta nel gioco che loro fanno da quando han dieci anni e nella mentalità meno fighetta della nostra: giusto per fare un esempio, loro non decelerano all'impatto.
Se hai i fondamentali individuali, allora puoi fare le cose semplici collettive perchè tutti sanno come e cosa fare secondo quello che fa il compagno: vedi ad es. Nba, dove si gioca praticamente solo di pick&roll (giochi a due); in mancanza di solidi fondamentali individuali, allora devi supplire con la tattica, gli schemi complicati ...
Ah Massimo, tornando al dissenso con tuo padre ;)
C'è un altor fattore: non sono tanto preoccupato dal "morale" dei nostri per la fila di ripetute sconfitte, quanto per il rischio "abitudine".
S'è visot a mio avviso con l'Inghilterra, l'occasione più ghiotta che abbiamo avuto quest'anno di cambiare la storia: sui 3 o 5 punti indietro, nessuno dei nostri ha accelerato, anzi: sembravano rassegnati.
Alle sconfitte "onorevoli" come ai sofà, ci si abitua molto facilmente, è troppo comodo; ogni tanto inveceva messa in campo una partita che non puoi assolutamente perdere. Ti assicuro, sonole peggiori sotto il profilo psicologico.
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