domenica 25 luglio 2010

Vince l'Australia, esploratori in paradiso

Tri Nations

Australia 30 - 13 South Africa

Duro mestiere quello di un esploratore: ore a sgambettare in barba alle condizione meteorologiche. Può fare caldo o piovere a dirotto, bisogna andare avanti per trovare ciò che si va cercando. In questo caso, si intendono i palloni ovali da contendere su un campo di rugby, quello di Brisbane in particolare, dove atterranno gli Springboks sbattuti dalla doppia trasferta neozelandese. E usciti ammaccati anche dal 30-13 contro l'Australia che oltre a mostrare un bel gioco, va a segno mettendo in risalto le carenze degli avversari. Inventarsi un Piano B non è facile per nessuno, nemmeno per i campioni del mondo in carica, ma qualcosa coach Peter De Villiers dovrà inventarsi per evitare che questo Tri Nations finisca male.

La cronaca - Tra le tante chiavi di lettura, tanto vale soffermarsi appunto su quella degli esploratori, nel confronto tra le terze linee: Elsom e Pocock vs. Schalk Burger - Spies - Kankowski. Mobili, veloci e ottime mani per le prime, con Poccock che veste i panni di McCaw e mette sotto il ciuffone biondo sudafricano, non disdegnando il faccia a faccia, rischiando un giallo in una delle tante esplorazioni nelle ruck degli Springboks che soffrono il confronto. C’è poi la questione disciplinare. Tre cartellini gialli: due al Sud Africa, uno all’Australia. L’arbitro George Clancy non fa sconti a Fourie pizzicato dopo solo due minuti per un placcaggio pericoloso nei confronti di Richard Brown.

I piani si complicano in meno di cinque minuti, anche se i Wallabies non riescono a massimizzare al meglio la superiorità numerica. Addirittura, Morné Steyn prova con un drop ad aprire le marcature: la direzione è quella giusta, la potenza no e arriva corto. Così Matt Giteau fissa il 3-0 al 14’ dalla piazzola quando ormai Fourie è appena rientrato in campo. Steyn rimedia tre minuti più tardi per il momentaneo pareggio, destinato a durare poco per la serie di falli concessi dai sudafricani: Giteau ne infila altri tre per il 12-3 che si legge sul tabellone al 31’. Quando ormai mancano pochi scampoli alla fine del primo tempo, arriva la meta australiana, dettata dalle percussioni in verticale di Nembo Kid Elsom, dall’estro palla in mano dell’Arcangelo e dall’abilità da giocoliere di Mitchell che acciuffa l’ovale sporcato da un disperato tentativo di difesa sudafricana a ridosso della meta. L’ala di coach Robbie Deans marca, a differenza di Giteau che non trova la conversione ed è 17-3 dopo i primi quaranta minuti.

Nella ripresa, il focus australiano rimane invariato con altri due piazzati (il solito Giteau e O’Connor) con il Sud Africa nuovamente in 14 per un fallo intenzionale del pilone BJ Botha in ruck. Al 54’ il giallo è per Quade Cooper (placcaggio pericoloso) e gli ospiti trovano il ritmo per rendersi davvero pericolosi, badando al sodo. Segnano Fourie e Steenkamp per il 23-13 che fa impallidire Deans nel salottino dello staff australiano. Il punto esclamativo lo mette però Genia che attacca la profondità quando i suoi hanno portato il campo base ad un passo dall’area di meta. O’Connor converte ed è il 30-13 finale.

Il commento – L’attesa c’era, eccome. Gli Springboks che arrivavano da una settimana di fuoco, con l’ultima postilla firmata De Villiers che ha ingaggiato un duello verbale con i giudici di gioco per il metro troppo severo adottato con i suoi. Dall’altra l’Australia che aveva perso con l’Inghilterra l’ultimo Test Match, con una mischia tutta da collaudare contro un reparto avversario fisicamente superiore. Ha vinto la formazione di casa perché ha imposto il gioco, non c’è molto da aggiungere. C’è un dato interessante a riguardo: il Sud Africa ha vinto 86 ruck su 94. Tra quelle perse si segnala l’istante del primo tempo in cui conquista un calcio libero sulla linea dei cinque metri: il capitano John Smit chiama la mischia, va da sé. La prima linea down under cede, altro calcio libero che i sudafricani stavolta giocano veloce. Peccato che il ball carrier di turno parta per l’arrembaggio senza un sostegno accanto. Sul punto di impatto c’è invece Pocock che porta l’ovale dalla sua parte. A ben vedere, in questo frangente si può prevedere il finale di partita.

L’unico Boks che prova a non rallentare il gioco quando è placcato è Kankowski: Burger non è al 100%, Spies gioca per conto suo, Danie Roussouw non gioca e basta.

L’Australia fisicamente sembra – attendiamo la prova con la Nuova Zelanda di Graham Henry che ieri era allo stadio a prendere appunti – in grande forma fisica. Nella seconda del secondo tempo, quando gli ospiti si gettano in avanti con furia e con l’orgoglio ferito, partecipa alla lotta con tutti i suoi uomini, passando di raggruppamento in raggruppamento con la mente sgombra e a viso aperto. Incassa, risponde e si prende gli interessi – la meta di Genia. Altra prova ne è l’azione imbastita dai propri 22 quando ormai ha preso le misure al toro: palla alla mano, arriva dall’altra parte del campo dove due uomini chiave come Elsom e Giteau si fanno trovare pronti. Il primo senza bussare entra in cantina, il secondo con una magia di polso-coordinazione-gambe serve l’accorrente O’Connor che nell’angolo destro non riesce a marcare solo per l’ultimo disperato tuffo di Habana che lo trascina fuori dal campo prima che l’ovale tocchi terra. E se Quade Cooper può dare estro, di sicuro Genia è uno di quei pochi mediano di mischia che a livello internazionale sa come e quando pungere le guardie nemiche schierate fuori dai raggruppamenti. Una carta importante da giocare contro gli All Blacks per costringerli a stare sull’attenti nel momento in cui si organizzano per partire in contropiede: con un furbetto del genere il contrappasso è da prendere in seria considerazione.

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