domenica 28 novembre 2010

La disfatta delle prime della classe - I: Inghlterra


Le mettiamo nello stesso bunchstavolta Francia e Inghilterra: troviamo ci sia molto di comune nelle pesanti sconfitte che han subito da Australia e Sudafrica, inattese e devastanti come un uppercut d'incontro. Anche nelle premesse: andarono per menare e furono menate - la prima umiliata, la seconda messa sotto fisicamente; partirono per dare una storica scalata al podio del ranking Irb e finirono separate dalle prime tre australi da un fossato di punti più profondo che mai (i primi 5 posti del nuovo ranking dovrebbero essere: Nuova Zelanda 93,19 punti (invariato); Australia 87,45; Sudafrica 86,44; Inghilterra 82,48; Francia 81,66). Gran bei viatici, "statement" perfettamente esposti per il prossimo Mondiale dalle due Europee più ambiziose, non c'è che dire. Come s'è sviluppato tale disastro del tutto imprevisto? Analizziamo con ordine, partendo dalla sfida Anglo Boera.

A Twickenham, London England 11 - 21 Sudafrica (ht: 6-6)

Prima Guerra Mondiale a Twickenham: è una partita giocata in trincea, su equilibri sempre precari e con una sofferenza fisica immane, sforzo e dolore. La lanciatissima Inghilterra sfida il Sudafrica sul piano fisico, sulla difesa e sul punto di contatto, per cercare una supremazia "alla Martin Jonhson" anche sugli indiscussi maestri del genere. Presunzione o contavano sul momento dubbioso attraversato dagli Springboks? Chi può saperlo. Di fatto il primo tempo è di durissima trincea per entrambe e termina con uno stitico
6 pari, e la cosa alla lunga non può che favorire chi in tale tipo di gioco vi sguazza da sempre.
Impiegano cinque minuti gli inglesi a uscire dalla loro metà campo, con una fuga sulla sinistra di Tom Croft su palla recuperata da un tentativo di offload tra centri DeVilliers- Frans Steyn dentro ai 22 metri inglesi che se riusciva era da urlo. Il flanker in maglia bianca viene fermato fallosamente, Toby Flood intasca i tre punti. Inglesi inizialmente più concreti. Si riprende come prima, a sportellate nella metà campo inglese. Chi ci rimette è Chris Ashton al 7' minuto, si stampa addosso a Matfield tentando di interromperlo ma ne esce scosso: non abbandonerà il campo ma scomparirà dalla partita; quanto a Victor, rivelerà solo a fine gara di aver subito nell'impatto la frattura di una costola, senza manco una piega nè un minuto di sosta: oh captain my captain! Altri due importanti pedine inglesi subiranno la durezza fisica della gara e saranno forzati ad uscire nel corso del primo tempo: Croft stesso, e se Hendre Fourie lo sostituirà degnamente nelle fasi dinamiche, la sua assenza in rimessa laterale si farà sentire, poi Toby Flood sostituito dall'ordinato Charlie Hodgson. Ma mal che si vuole non duole, no?
Altro segnale significativo: il mediano Ben Youngs, Man of The Match nella partita con l'Australia, viene sistematicamente aggredito e perde spesso metri, esattamente come fece lui sui Wallabies.
Le mischie si equivalgono ma Mornè Steyn sigla al 10' il pareggio su una infrazione in scrum degli inglesi. I quali riescono a spostare il gioco più avanti, protagonisti Lawes e Cueto; rientrati nei 22metri sudafricani, capitalizzano una infrazione in ruck marcando al 18' con Flood il 6-3. Il resto del tempo veda il prevalere quasi totale dei Boks: quasi meta di Matfield evitata per un pelo da Youngs al 20', una punizione fallita da M.Steyn al 24', una punizione tentata da metà campo (più lungo di quello di Modena) di Frans Steyn che si stampa sul palo. Gli inglesi riescono a provarci solo un paio di volte, su recuperi palla e gioco rotto. Finalmente al 35' il pareggio di Mornè Steyn a punire una maul fatta crollare a pochi passi dalla meta, un esercizio che in altre parti della gara agli inglesi riuscirà pulito. Mornè fallisce anche un drop al 39'.
La supremazia Springboks si spiega sul possesso sequenziale, sulla spietata determinazione nel breakdown e sul controllo delle fasi statiche: ricetta classica, ai padroni di casa rimangono ben pochi appigli se non il guizzo nel gioco rotto, nonostante il prodigarsi della terza linea e di Lawes - forse il migliore dei suoi - sui punti di contatto.
Il secondo tempo ricomincia come s'era interrotto il primo, fasi statiche e testate sotto la regìa Boks, con Mornè Steyn a trovare subito il sorpasso 6-9. A quel punto lgi inglesi tentano di spaccare la gara: riescono ad arrivare nei pressi della linea di meta con azioni finalmente organizzate e larghe, si impegnano in 20 fasi sulla line adei 5 metri ma la leggendaria difesa Boks non li fa passare. Roba da battaglia della Somme. Gli inglesi provano a riconquistare la supremazia in mischia ordinata (risposta Boks: esce J.Du Plessis dentor CJ Van der Linde), provano a partire da lontano con Foden e Cueto, tutto inutile. Al 58' dopo sei fasi a testate sulla linea dei 5 metri inglese, Pienaar apre sulla destra a Pierre Spies che smarca, indovina chi, il neoentrato Willem Alberts, che marca all'angolino la sua terza meta in tre apparizioni: 6-14. Resa con Inglesi non fa mai rima: ci riprovano come avevano fatto in precedenza, stavolta con la regìa di Danny Care, per un'altra ventina di fasi; Tindall arriva vicino alla linea ma tutto si conclude come il precedente assalto. Al 70' i sudafricani fissano il punto sulla sinistra del loro attacco furoi dalla linea dei 22metri inglese; Ashton forse crede di esser più veloce di Lwazi Mvovo e gli lascia troppo spazio; l'ala nera riceve palla sul lato chiuso e lo "scherza" uno contro uno e si fionda in meta solitario. Mamma metti il caffè sul fuoco che veniamo a casa, la partita è finita. C'è ancora il tempo per la meta della bandiera inglese, segnata da Ben Foden con una discesa da ottanta metri su palla recuperata, con Tindall che per far presto calcia la trasformazione con un drop e centra la traversa.
Gli Springboks salvano gli equilibri interni con una prova di forza delle loro, senza fortune (anzi) e mostrando una netta superiorità; prove superbe di tutti, si disinguono per ferocia e determinazione Frans Steyn, Pierre Spies e Juan Smith, la leadership di Matfield e un Bismark Du Plessis re di tutte le fasi sia dinamiche che statiche e meritato Man of The Match. Solo perchè dev'esser dato a un singolo e non a tutto il pack.
Gli inglesi si schiantano addosso alla loro nemesi e tornano al punto di partenza: come contro gli All Blacks, vogliono a giocare la partita nel terreno preferito dagli avversari, senza che stavolta gli riesca il benchè minimo recupero. Il ritmo viene tenuto basso, la ferocia in campo alta, i trequarti sono messi fuori gioco. E pack contro pack, sostanza contro sostanza, senza diluvi e arbitraggi un po' così tra i piedi, la vince ancora il Sudafrica.

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