sabato 30 aprile 2011

Gli Harlequins fanno la festa al Munster

What a rugby match! Di solito funziona così con i commentatori britannici, quattro parole per riassumere al meglio ottanta minuti di gran partita sotto il sole del Thomond Park. E la vincono gli Harlequins, bravi a imporre il loro gioco offensivo per quasi tutto il primo tempo, altrettanto bravi a soffrire in difesa nell’ultimo quarto con Nick Easter che li abbandona per un opinabile cartellino rosso (doppio giallo) a dieci minuti dal fischio finale e che sarebbe costato caro, se i suoi compagni non avessero avuto ben impressa nella testa la missione della giornata: tenere duro, guadagnarsi la finale di Challenge Cup di Cardiff e la stima che spetta di diritto a chi riesce a imporsi nella tana del lupo, il Munster. Il quale fa la figura del lupo si, ma quello arruffato e poco lucido di Cappuccetto Rosso, confermando la tesi di chi afferma che lì un ciclo è finito.
Finisce 20-12, due mete per parte di cui una, quella decisiva a pochi minuti dalla fine, non trasformata dal 33enne Ronan O'Gara e soprattutto due punizioni a zero marcate dal ventenne Rory Clegg, entrato a freddo al posto diNick Evans, per l'osservatore attento c'è quasi tutto: O'Gara targettato come anello debole difensivo, la maggior freschezza degli inglesi, un game plan ben pensato ed eseguito con cuore e fede per gestire gli imprevisti, Munster più lento e falloso.

Gli Harlequins pianificano di mantenere costantemente l'inziativa, giocando veloci e più verticali possibili ma lungo tutta la larghezza del campo. Si prendono il rischio di finire la benzina nel proseguo ma evidentemente è calcolato. Munster fa la sorniona senza farsi venire il fiatone, difende con discreto ordine ma chiaramente subisce.
Prima al 6' Nick Easter, poi all’8’ Danny Care propongono iniziative d'attacco; nel secondo caso il veloce ala Gonzalo Camacho, incubo dei difensori nel primo tempo, si mette in evidenza superando di scatto tre placcaggi sulla fascia sinistra ed entra nei 22, poi l’ovale viene trasmesso velocemente verso l’altro lato finché giunge tra le mani della seconda linea George Robson che marca meta (nella foto). Evans trasforma per il 7-0 dei Quins. Choc al Thomond Park, non tanto per la recuperabilissima meta, quanto per lo schiacciamento totale della squadra di casa nella sua metà campo. Nelle fasi d'attacco oltre a Camacho si distinguono Monye, Turner-Hall, l'estremo Michael Brown con le sue incursioni, Maurie Fa'asavalu che dal pack recupera e ripropone.
A Munster rimane solo la mischia ordinata, anche in rimessa laterale fan fatica persino a tenere i loro lanci, per non dire della velocità delle terze linee inglesi; bisogna attendere il 17’ per la prima esplorazione dell'area dei 22 avversi, da una rimessa a metà campo con break centrale di James Coughlan.
La determinazione tanto offensiva quanto difensiva degli ospiti smorza la sfuriata e si riparte. AL 26' un calcio di punizione centrale per un placcaggio alto viene fallito da Nick Evans; stessa sorte tre minuti dopo per un piazzato forse ancora più facile: dev'essere il silenzio totale del pubblico cui Evans non è abituato, sono sei punti persi.
Poi l’estremo irlandese Felix Jones annulla per un soffio dopo un calcetto a scavalcare di Evans, dalla mischia che ne risulta nell’angolo destro, il pack inglese col prop Joe Marler in evidenza, mostra di aver preso le misure di quello avversario, apre e c'è il break di Mike Brown,  raggruppamento sotto i pali dove Danny Care trova lo spiraglio giusto con un guizzo, con approvazione del TMO Giulio De Santis. Lo stesso Care si fa la trasformazione, in quanto pochi minuti prima l' Evans già sfavato di suo era pure rimasto vittima di un ginocchio mal girato sotto un placcaggio e appare sofferente; arriva la conversione per il +14 al 35’

Due schiaffoni in pieno volto davanti al proprio pubblico sono abbastanza: back to basics per Munster, calcio di punizione giocato in rimessa sulla linea dei 5 metri, il lancio finalmente funziona, mani di Mick O’Driscoll, apertura al largo finché non si infila l’estremo Felix Jones in fondo al lato opposto a sfruttare il due contro uno. Tutto molto didattico, semplice e tremendamente efficace. Si va negli spogliatoi sul 14-7 per i londinesi, che avrebbero meritato di più ma che si ritrovano coll'inerzia dalla parte dei padroni di casa.

Di peggio, al rientro manca l'ex All Blacks Evans, all'apertura va la giovane promessa Rory Clegg. Soprattutto entra Paul O’Connell, recuperato velocemente dall'infortunio alla caviglia, per riprendersi con la rimessa laterale sinora zoppicante anche la partita, come mostrato dalla meta nel finale del primo tempo.
Due rimesse e due ovali saldamente nelle mani dell’ex capitano dei Lions, Munster si riversa in attacco. Inerzia, campione più rappresentativo fuori, padroni di casa che paiono aver trovato il bandolo della matassa:  qualsiasi team sarebbe crollato ma non questi Quins, ancorati al loro game plan e al mantenimento della calma in difesa. Eh si, perchè iniziativa al Munster significa anche utilizzo sistematico di tutto il repertorio "standard" di quei vecchi marpioni - spinte, provocazioni, mani in faccia e sull'ovale a terra etc.etc. che l'arbitro Romain Poite ha qualche problema a gestire nella rumorosa ostilità del pubblico - gente che sta zitta quando l'avversario calcia, ma pur sempre molto "provinciale" (in senso lato) nella cecità del tifo. Al 47’, as a conseguence,  arriva il doppio giallo per O’Callaghan e Nick Easter sorpresi in zuffa. Subito dopo Clegg si dimostra ancoraggio efficace: dà fiato ai suoi infilando i pali per un fallo in touche. Lo stesso Clegg ispira una sfuriata con un off load per il centro Jordan Turner-Hall che viene fermato, ma è cruciale per i Quins l'essere oltre il break.

I falchi inglesi si gettano su tutti gli ovali, persino il testa calda (rimessa a posto anche come taglio) Marler risponde col sorriso alle provocazioni di Buckley. Appena le due squadre tornano in quindici, arrivano altri tre punti dal piede di Clegg per il 20-7, dopo una marcatura pesante sfiorata in seguito ad una mischia sui cinque metri. Al 59’ George Lowe non riesce a chiudere il contropiede su un altro pallone perso in mezzo al campo dai trequarti del Munster.

Emozioni da una parte e dall’altra e il pubblico s'infiamma contro l'arbitraggio che manco in un derby francese: non sono abituati a pedere in casa, si irritano per ogni chiamata avversa, come il passaggio in avanti a Doug Howlett di Mafi prima che l’ala schiacci in meta.  Si entra nell’ultimo quarto d’ora, con un altro errore di gestione dei reds da touche in attacco.
E al 70’ il colpo di scena, il secondo giallo uguale a rosso a Easter: secondo Poite -  e la folla  - il nr.8 inglese entra di lato in una ruck; in realtà un improvvisato mediano rosso (non Stringer subentrato a Conor Murray all'ora di gioco) aveva già le due mani sull'ovale, segnando la fine della ruck. Il fatto è che la folla del Thomond Park già ruggiva per questioni di millimetri dopo la rimessa portata a terra sui cinque metri, quindi la decisione di Poite - pure impeccabile dal punto di vista regolamentare: non aveva ancora alzato le mani per dire, palla libera - pare discutibile, interpretabile come "compensazione".

Il motto affisso nel campo: "To the Braves and Faithfull, nothing is impossible", stavolta si attaglia perfettamente agli ospiti in divisa Arlecchina, mentre i padroni di casa in superiorità numerica continuano a sbatter le teste in modo veemente ma poco lucido. Emblematici sono le icone O’Connell "perno" della squadra ingabbiato e O'Gara che si libera frettolosamente degli ovali, per evitare le dure attenzioni dei flanker e centri avversi: l'uno minaccia fermata, l'altro targettato come l'anello debole.
Rimangono solo i guizzi personali dei campioni: un lanciatissimo Doug Howlett inventa un attacco per i fatti suoi con un calcio a seguire, ma l'attento Brown annulla. Il neozelandese infine al 77’ non lo ferma nessuno, si tuffa in meta all'angolo e raggiunge il 12-20. O’Gara ha ai suoi piedi la possibile riapertura della gara: nothing is impossible per gli scafatissimi rossi in casa con due minuti ancora da giocare e in superiorità numerica. Del resto, quante gare han vinto quest'anno con uno, due, tre punti di margine nel finale!
Invece no, la campana del tempo che passa per tutti suona i suoi rintocchi proprio nel momento in cui il campione più rappresentativo è chiamato all'azione. Ben coscio della crucialità di quei due punti, Ronan si prende tutto il tempo per il tentativo angolato, ma lo sbaglia e gli irlandesi rimangono irreparabilmente corti. Munster deve cedere alla seconda sconfitta casalinga in 41 gare europee, la prima sconfitta del 2011 da quella subita a Treviso. Roba che brucia forte.

Gli Harlequins sono riusciti a incarnare lo spirito "English" nella sua accezione migliore: aggressivi bulldog in attacco e in difesa ma al contempo very cool, stick to their game plan e capaci di gestire anche gli imprevisti. Tipo Easter, uno dei pochi esperti quanto i Munsteriani in campo, fuori per ventun minuti complessivi, tipo il ventenne Rory Clegg al posto dell'All Blacks Nick Evans per metà gara.
"To the Braves and Faithfull, Nothing is Impossible", diventa così lo stendardo conquistato meritatamente dalle finaliste della Amlin Euro Challenge, Stade Francais e London Harlequins, runner-up della seconda fascia europea che han saputo imporsi alle più forti sulla carta, scese dalla Heineken Cup forse con un filo di tracotanza - o di puzza sotto il naso - di troppo.

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