E per un punto i Quins vinsero la Challenge
Amlin Challenge Cup - Cardiff, 20 May 2011
Harlequins 19 - 18 Stade Français
Se è vero come è vero che le finali sono partite a sé, dove le emozioni respirate nei turni precedenti lasciano spazio al pragmatismo, a formazioni contratte e alla paura di perdere, è anche vero che quando sono destinate ad essere decise all'ultimo sussulto, regalano emozioni particolari. Tra Stade Francais e London Harlequins, in termini di coppe, è sempre stata una storia di punto a punto, con gli inglesi che per due volte in Heineken avevano superato i galletti con il piede fatato dell'apertura neozelandese Nick Evans. Al Cardiff City Stadium finisce 19-18 e i Quins si prendono la Challenge Cup, confermando il leit motiv degli episodi precedenti. Perché la svolta finale è arrivata al 76' con la meta dell'ala Gonzalo Camacho che se la merita tutta per quanto fatto vedere sia contro i Munster in semifinale che negli ottanta minuti di questa sera. Con i suoi compagni terribilmente in bambola per gran parte della ripresa, è stato uno dei pochi (gli altri sono il secondo centro George Lowe e il pilone samoano James Johnston, in foto) a tenere alta la testa e a crederci. Ci credevano quelli dello Stade, che si sono portati avanti nel punteggio per la prima volta solo al 50' dopo aver inseguito. Ha arbitrato l'irlandese George Clancy, conviene ricordalo per quanto accadrà.
Meglio andare con ordine allora. La truppa transalpina capitanata da Sergio Parisse comincia bene, provando a convogliare il match dalla sua e per un quarto d'ora si rimane a vedere due formazioni che chiudono tutti gli angoli e che hanno le gambe contratte in velocità. I piedi da una parte di Evans e dall'altra di Lionel Beauxis aprono le marcature al 5' e al 12', poi Maurie Fa'asavalu, il blindside flanker arlecchino, intercetta un ovale da rimessa laterale e naviga in mezzo al campo, conquistando un penalty al 15' che Evans non sbaglia. Sarà una costante della prima frazione, quella delle sgaloppate dei singoli ball carrier londinesi a trovare un varco più largo del dovuto in una difesa comunque organizzata come quella dello Stade che mette pressione e non permette ai Quins di dare aria e spazio alla loro manovra offensiva.
Gli inglesi ci provano al 20' con il pilone James Johnston, Beauxis ha tutte le misure del campo e spedisce gli avversari nei propri 22 con un gran calcio di liberazione. Harlequins che mettono poche volte il piede nella metà campo opposta alla propria, ma intanto allungano grazie all'indisciplina ravvisata da Clancy sul 9-3, dopo aver deciso di calciare in touche invece che andare comodamente per i pali all'interno dei 22 del club parigino. Al 31 è Lowe a muovere veloce le gambe e ad andare oltre, prima che il possesso torni francese. A questo punto, forse nel momento migliore dei Quins fino a quel momento, Parisse prende per mano i suoi e per poco non va a schiacciare in meta al 33', fermato all'ultimo dopo essersi bevuto un ubriacato Ugo Moyne, con la palla che rimane dello Stade e un calcio di punizione che Beauxis non può sbagliare vicino ai pali.
Al 37' Antoine Burban cede il posto in terza linea a Juan Manuel Leguizamon (ottimo impatto il suo) nell'unica sostituzione operata dal manager Michael Cheika. E si va negli spogliatoi sul 9-6, dopo un'altra scorrazzata di Lowe.
Secondo tempo che riprende con l'andazzo del primo, solo che stavolta lo Stade porta a casa i punti dalla piazzola. Intanto Mathieu Bastareaud entra in partita con tutto il suo peso e prova a servire il lanciato Martin Rodriguez, l'estremo, ma l'off load è in avanti. Danny Care, fino a quell'istante tranquillo e ordinato, si inventa un passaggio alla bella e meglio verso un povero Nick Easter tutto solo e per poco non ci scappa la meta in pure contropiede. Al 460 Beauxis finalmente pareggia i conti per i suoi e gli Harlequins sono alle corde mentalmente.
Sbagliano tutto, non hanno una linea e pasticciano. Lo Stade opera per 12 fasi nella loro area dei 22, con l'apertura Beauxis che in due casi finta il drop del sorpasso. A metterlo a segno, alla fine è proprio Bastareaud, visto che un varco comunque non si trova: è il 50', il punteggio si ribalta sul 12-9 per i francesi. Gli occhi dei londinesi percepiscono che l'aria è cambiata, ora non solo devono inseguire, ma devono pure tornare a giocare a rugby come si deve per raddrizzare le cose. L'asfissiante difesa avversaria non glielo concede, tanto nelle fasi "statiche" quanto in quelle al largo, con il pack che scricchiola e arriva al 56' il calcio che Beauxis mette a segno per il +6. Solo al 62' mettono piede oltre la linea di metà campo, con una percussione di Camacho che si procura un penalty, ma Evans non infila i pali.
Ma l'aria è destinata a cambiare di nuovo nell'ultimo quarto d'ora. Lo Stade finisce la benzina. Evans accorcia al 66' dalla piazzola, Tom Palmer va di placcaggio alto, i Quins non hanno una grande strategia, ma hanno la carica, finché non perdono una rimessa sui 10 metri e innescando la controffensiva. Basterebbe poco ai francesi per chiudere i conti. Basterebbe quel gran bel drop dell'estremo Martin Rodriguez Gurruchaga che giunge al 73', da posizione defilata sulla trequarti dopo un calcio di liberazione di Evans dalla propria area di meta. E' il 18-12, a sette dalla fine e con le gambe dei londinesi che dovrebbe essere ancora di più tramortite.
E invece, al 77', il colpo di scena. Gli Harlequins mandano avanti gli avanti, il pilone Joe Marler avanza di qualche metro, Care raccoglie e scappa via, con alla sua destra Camacho tutto solo. Non lo serve di mano, ma di piede. L'ala spinge a tutta birra e arriva prima di tutti sull'ovale che è solo da schiacciare. E' la prima e unica meta in tutti gli ottanta minuti, è la meta che vorrà dire vittoria? Serve il calcio di Evans, dal lato. Il neozelandese non sbaglia, è +1 per gli inglesi. Sul drop di ripartenza c'è un avanti dei Quins e così si passa dalla mischia. E come ormai accade spesso, un altro arbitro la fa rifare più volte, dopo che le prima linee collassano. Clancy fischia una, due, tre volte. Cheika a bordo campo si lamenta, è nervoso. Il tempo è scaduto, un calcio da quella posizione non sarebbe una gran fatica per Beauxis e significherebbe vittoria. Però alla fine, sull'ultimo ingaggio dato per buono, as usual, la squadra con il possesso non sa gestirlo e l'ovale viene spedito in rimessa.
Finisce così, di un punto solo. Come nelle puntate precedenti. Solo che questo era il capitolo finale. La finale di Amlin Challenge Cup, la coppa che va nella bacheca dei London Harlequins.
Quins in meta, Stadistes no - by Abr
Un flash di sintesi su quanto visto al Cardiff Stadium: ha vinto chi ha segnato la meta, ha perso chi ha puntato tutto sui drop. Perchè cinque più due (punti) is mej che tre.
Il primo tempo è dei Quins perchè dominano la rimessa laterale, sono più reattivi sulle (tante) palle vaganti e punti di contesa e stanno più "composti" dei francesi. Il terzo quarto è dominato dallo Stade, che con una sostituzione azzeccatissima (il più alto Leguizamon al posto del più solido Burban) sistema la rimessa laterale, poi prende il sopravvento in mischia ordinata (grandi Attoub e Roncero) e soprattutto tiene i Quins indietro, lontani dai pali. Si mettono in evidenza Haskell, Palmer, Bastareaud, più di tutti Papè e Parisse in ottima giornata.
Superiorità da mandar in bambola i londinesi, già ben tamponati durante il primo tempo (Monye e Turner-Hall chi l'ha visti, Easter imballato, lo stesso Mike Brown ha commesso molti errori forzati, Care e Evans sono scomparsi dalla partita per larghi tratti); questi sbagliano lo sbagliabile, incluso un facilissimo piazzato di Nick Evans che ad altre latitudini sarebbe suonato da campana a morto.
Il torto degli Stadiste è stato di puntare ai drop invece che al bersaglio grosso, anche se era una strategia coerente con certe lacune e il clima da finale sottolineato dal Socio. Rodriguez Gurruchaga ne prova due alla Frans Steyn dalla lunghissima distanza, Dupuy ne predispone almeno tre per Beauxis, che ne sbaglia uno e l'altro lo centra Bastareaud che passava di lì per caso.
Nel quarto finale della partita i Quins recuperano qualche iniziativa e appena si avvicinano alla zona rossa trovano che i francesi regrediscono al tasso di fallosità del primo tempo. Più di tutto, gli inglesi sfruttano al meglio la sola, fortunosa azione in profondità, approfittando con cinica disperazione - e fighting spirit - di un errore di piazzamento difensivo più che di scoppiamenti fisici. Un episodio. Un errore imputabile a tutto il triangolo allargato a partite dall'ala Djibril Camara, un bel prospetto oggi insufficiente, che ha pagato l'inesperienza.
Non si può non citare anche l'ennesima direzione di gara insufficiente dell'arbitro emergente più quotato dalle Erc, Irb, Rbs etc.etc,: il solito Clancy. Il quale non ha commesso errori marchiani, ha semplicemente diretto male, in modo inconsistente; ad esempio fischia una introduzione storta a Dupuy ma Care l'ha fatto impunito per tutta la gara. Nel finale Parisse, Cheika & Soci l'han circondato quasi alla calcistica, a chiedergli conto di quella maledetta mischia ordinata finale su cui avevan puntato tutto, ma dove Clancy non se l'è sentita di fischiare la punizione forse decisiva anti Albionica (forse è merito del clima post visita della Regina in Irlanda dopo cento anni). Ha sbagliato ma non è stato un errore clamoroso: in fondo è lo stesso atteggiamento che con Lawrence consentì all'Italia la storica vittoria con la Francia nell'ultimo Sei Nazioni.
Harlequins 19 - 18 Stade Français
Se è vero come è vero che le finali sono partite a sé, dove le emozioni respirate nei turni precedenti lasciano spazio al pragmatismo, a formazioni contratte e alla paura di perdere, è anche vero che quando sono destinate ad essere decise all'ultimo sussulto, regalano emozioni particolari. Tra Stade Francais e London Harlequins, in termini di coppe, è sempre stata una storia di punto a punto, con gli inglesi che per due volte in Heineken avevano superato i galletti con il piede fatato dell'apertura neozelandese Nick Evans. Al Cardiff City Stadium finisce 19-18 e i Quins si prendono la Challenge Cup, confermando il leit motiv degli episodi precedenti. Perché la svolta finale è arrivata al 76' con la meta dell'ala Gonzalo Camacho che se la merita tutta per quanto fatto vedere sia contro i Munster in semifinale che negli ottanta minuti di questa sera. Con i suoi compagni terribilmente in bambola per gran parte della ripresa, è stato uno dei pochi (gli altri sono il secondo centro George Lowe e il pilone samoano James Johnston, in foto) a tenere alta la testa e a crederci. Ci credevano quelli dello Stade, che si sono portati avanti nel punteggio per la prima volta solo al 50' dopo aver inseguito. Ha arbitrato l'irlandese George Clancy, conviene ricordalo per quanto accadrà.
Meglio andare con ordine allora. La truppa transalpina capitanata da Sergio Parisse comincia bene, provando a convogliare il match dalla sua e per un quarto d'ora si rimane a vedere due formazioni che chiudono tutti gli angoli e che hanno le gambe contratte in velocità. I piedi da una parte di Evans e dall'altra di Lionel Beauxis aprono le marcature al 5' e al 12', poi Maurie Fa'asavalu, il blindside flanker arlecchino, intercetta un ovale da rimessa laterale e naviga in mezzo al campo, conquistando un penalty al 15' che Evans non sbaglia. Sarà una costante della prima frazione, quella delle sgaloppate dei singoli ball carrier londinesi a trovare un varco più largo del dovuto in una difesa comunque organizzata come quella dello Stade che mette pressione e non permette ai Quins di dare aria e spazio alla loro manovra offensiva.
Gli inglesi ci provano al 20' con il pilone James Johnston, Beauxis ha tutte le misure del campo e spedisce gli avversari nei propri 22 con un gran calcio di liberazione. Harlequins che mettono poche volte il piede nella metà campo opposta alla propria, ma intanto allungano grazie all'indisciplina ravvisata da Clancy sul 9-3, dopo aver deciso di calciare in touche invece che andare comodamente per i pali all'interno dei 22 del club parigino. Al 31 è Lowe a muovere veloce le gambe e ad andare oltre, prima che il possesso torni francese. A questo punto, forse nel momento migliore dei Quins fino a quel momento, Parisse prende per mano i suoi e per poco non va a schiacciare in meta al 33', fermato all'ultimo dopo essersi bevuto un ubriacato Ugo Moyne, con la palla che rimane dello Stade e un calcio di punizione che Beauxis non può sbagliare vicino ai pali.
Al 37' Antoine Burban cede il posto in terza linea a Juan Manuel Leguizamon (ottimo impatto il suo) nell'unica sostituzione operata dal manager Michael Cheika. E si va negli spogliatoi sul 9-6, dopo un'altra scorrazzata di Lowe.
Secondo tempo che riprende con l'andazzo del primo, solo che stavolta lo Stade porta a casa i punti dalla piazzola. Intanto Mathieu Bastareaud entra in partita con tutto il suo peso e prova a servire il lanciato Martin Rodriguez, l'estremo, ma l'off load è in avanti. Danny Care, fino a quell'istante tranquillo e ordinato, si inventa un passaggio alla bella e meglio verso un povero Nick Easter tutto solo e per poco non ci scappa la meta in pure contropiede. Al 460 Beauxis finalmente pareggia i conti per i suoi e gli Harlequins sono alle corde mentalmente.
Sbagliano tutto, non hanno una linea e pasticciano. Lo Stade opera per 12 fasi nella loro area dei 22, con l'apertura Beauxis che in due casi finta il drop del sorpasso. A metterlo a segno, alla fine è proprio Bastareaud, visto che un varco comunque non si trova: è il 50', il punteggio si ribalta sul 12-9 per i francesi. Gli occhi dei londinesi percepiscono che l'aria è cambiata, ora non solo devono inseguire, ma devono pure tornare a giocare a rugby come si deve per raddrizzare le cose. L'asfissiante difesa avversaria non glielo concede, tanto nelle fasi "statiche" quanto in quelle al largo, con il pack che scricchiola e arriva al 56' il calcio che Beauxis mette a segno per il +6. Solo al 62' mettono piede oltre la linea di metà campo, con una percussione di Camacho che si procura un penalty, ma Evans non infila i pali.
Ma l'aria è destinata a cambiare di nuovo nell'ultimo quarto d'ora. Lo Stade finisce la benzina. Evans accorcia al 66' dalla piazzola, Tom Palmer va di placcaggio alto, i Quins non hanno una grande strategia, ma hanno la carica, finché non perdono una rimessa sui 10 metri e innescando la controffensiva. Basterebbe poco ai francesi per chiudere i conti. Basterebbe quel gran bel drop dell'estremo Martin Rodriguez Gurruchaga che giunge al 73', da posizione defilata sulla trequarti dopo un calcio di liberazione di Evans dalla propria area di meta. E' il 18-12, a sette dalla fine e con le gambe dei londinesi che dovrebbe essere ancora di più tramortite.
E invece, al 77', il colpo di scena. Gli Harlequins mandano avanti gli avanti, il pilone Joe Marler avanza di qualche metro, Care raccoglie e scappa via, con alla sua destra Camacho tutto solo. Non lo serve di mano, ma di piede. L'ala spinge a tutta birra e arriva prima di tutti sull'ovale che è solo da schiacciare. E' la prima e unica meta in tutti gli ottanta minuti, è la meta che vorrà dire vittoria? Serve il calcio di Evans, dal lato. Il neozelandese non sbaglia, è +1 per gli inglesi. Sul drop di ripartenza c'è un avanti dei Quins e così si passa dalla mischia. E come ormai accade spesso, un altro arbitro la fa rifare più volte, dopo che le prima linee collassano. Clancy fischia una, due, tre volte. Cheika a bordo campo si lamenta, è nervoso. Il tempo è scaduto, un calcio da quella posizione non sarebbe una gran fatica per Beauxis e significherebbe vittoria. Però alla fine, sull'ultimo ingaggio dato per buono, as usual, la squadra con il possesso non sa gestirlo e l'ovale viene spedito in rimessa.
Finisce così, di un punto solo. Come nelle puntate precedenti. Solo che questo era il capitolo finale. La finale di Amlin Challenge Cup, la coppa che va nella bacheca dei London Harlequins.
Quins in meta, Stadistes no - by Abr
Un flash di sintesi su quanto visto al Cardiff Stadium: ha vinto chi ha segnato la meta, ha perso chi ha puntato tutto sui drop. Perchè cinque più due (punti) is mej che tre.
Il primo tempo è dei Quins perchè dominano la rimessa laterale, sono più reattivi sulle (tante) palle vaganti e punti di contesa e stanno più "composti" dei francesi. Il terzo quarto è dominato dallo Stade, che con una sostituzione azzeccatissima (il più alto Leguizamon al posto del più solido Burban) sistema la rimessa laterale, poi prende il sopravvento in mischia ordinata (grandi Attoub e Roncero) e soprattutto tiene i Quins indietro, lontani dai pali. Si mettono in evidenza Haskell, Palmer, Bastareaud, più di tutti Papè e Parisse in ottima giornata.
Superiorità da mandar in bambola i londinesi, già ben tamponati durante il primo tempo (Monye e Turner-Hall chi l'ha visti, Easter imballato, lo stesso Mike Brown ha commesso molti errori forzati, Care e Evans sono scomparsi dalla partita per larghi tratti); questi sbagliano lo sbagliabile, incluso un facilissimo piazzato di Nick Evans che ad altre latitudini sarebbe suonato da campana a morto.
Il torto degli Stadiste è stato di puntare ai drop invece che al bersaglio grosso, anche se era una strategia coerente con certe lacune e il clima da finale sottolineato dal Socio. Rodriguez Gurruchaga ne prova due alla Frans Steyn dalla lunghissima distanza, Dupuy ne predispone almeno tre per Beauxis, che ne sbaglia uno e l'altro lo centra Bastareaud che passava di lì per caso.
Nel quarto finale della partita i Quins recuperano qualche iniziativa e appena si avvicinano alla zona rossa trovano che i francesi regrediscono al tasso di fallosità del primo tempo. Più di tutto, gli inglesi sfruttano al meglio la sola, fortunosa azione in profondità, approfittando con cinica disperazione - e fighting spirit - di un errore di piazzamento difensivo più che di scoppiamenti fisici. Un episodio. Un errore imputabile a tutto il triangolo allargato a partite dall'ala Djibril Camara, un bel prospetto oggi insufficiente, che ha pagato l'inesperienza.
Non si può non citare anche l'ennesima direzione di gara insufficiente dell'arbitro emergente più quotato dalle Erc, Irb, Rbs etc.etc,: il solito Clancy. Il quale non ha commesso errori marchiani, ha semplicemente diretto male, in modo inconsistente; ad esempio fischia una introduzione storta a Dupuy ma Care l'ha fatto impunito per tutta la gara. Nel finale Parisse, Cheika & Soci l'han circondato quasi alla calcistica, a chiedergli conto di quella maledetta mischia ordinata finale su cui avevan puntato tutto, ma dove Clancy non se l'è sentita di fischiare la punizione forse decisiva anti Albionica (forse è merito del clima post visita della Regina in Irlanda dopo cento anni). Ha sbagliato ma non è stato un errore clamoroso: in fondo è lo stesso atteggiamento che con Lawrence consentì all'Italia la storica vittoria con la Francia nell'ultimo Sei Nazioni.
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