sabato 10 marzo 2012

L'Italia difende finché ne ha

Six Nations - Millennium Stadium
Wales 24 - 3 Italy

Da una parte una nazionale che guarda ora all'ultimo impegno che può dire titolo e Grand Slam, dall'altra una squadra che nel week-end di Cardiff testa la propria consistenza difensiva e rimane nel primo tempo a distanza di meta. Al Millennium Stadium finisce 24-3 tra Galles-Italia (niente score da "Invasione degli ultracorpi") nella quarta giornata di 6 Nations e gli Azzurri provano a difendere tutto ciò che c'è da difendere per cinquanta minuti, fino a quando durante un proprio attacco perdono palla e Jamie Roberts attraversa il campo per andare a marcare la prima delle due mete dell'incontro. A quel punto i padroni di casa si trovano avanti di tredici punti, si mettono a controllare, non forzano e iniziano a pensare alla Francia. Mentre la truppa di Jacques Brunel trova soldati sul campo tra infortuni e acciacchi: se nel cantiere era il momento di occuparsi delle fondamenta difensive - intese come caccia all'uomo, placcaggi, battaglia pura nel breakdown -, la giornata è arrivata. 

La cronaca
La partenza è di quelle preventivabili, con il Galles che tiene palla per tre minuti e trova due varchi in mezzo al campo prima con George North poi con Alex Cuthbert, mentre gli avanti italiani tentano di prendere le misure e ci riescono dal momento che nelle fasi seguenti di gioco, nella parte centrale della trincea, la porta è spesso chiusa. Dragoni all'assalto immediato con la tutto la fanteria, ma non arrivano a conclusione e così al 10' è il momento del piede di Leigh Halfpenny per sbloccare il punteggio, dopo che l'arbitro George Clancy fischia un fuorigioco a capitan Sergio Parisse dal calcio dalla base di Fabio Semenzato: l'estremo non sbaglia ed è 3-0. Il pareggio è dietro l'angolo, quando la mischia azzurra conquista un penalty in uno dei primi confronti diretti con la prima linea nemica e Mirco Bergamasco riprende a trovare la via dei pali da posizione centrale, facile. Resterà l'unico test di tutta la gara per la sua precisione.
L'inerzia - diversamente non potrebbe essere - è del Galles. La difesa italiana regge, è diligente, Simone Favaro si diverte a imbragare chi gli si para davanti, Alessandro Zanni va a caccia di ovali nelle ruck. I Rossi ci provano con le percussioni a guadagnar terreno dove non sono veementi ed efficaci come gli irlandesi, passando per il largo o, una volta provata l'inefficacia, provando a vedere che effetto ci fa col piede di Rhys Priestland. La cosa dà priorità al territorio rispetto al possesso, facendo sostanzialmente vendere metà campo.
Al 18', per mettere in chiaro le cose, invece di andare per i tre punti il Galles cerca la rimessa nei nostri 22: altro attacco a più fasi che non sfonda finché Andrea Masi non rotola via dopo il placcaggio e per Halfpenny non ci sono problemi a riportare avanti i suoi, da posizione centrale. Situazione simile quattro minuti più tardi, solo che stavolta la rimessa è rubata da Corniel van Zyl, ma Zanni non riesce a conservare il pallone e lo perde in avanti. 


L'Italia placca e si concede un attimo per respirare in trincea, andando a metà campo, dove gli avanti sul lancio di Leonardo Ghiraldini si organizzano in una maul che conquista terreno. Non è passato ancora la mezz'ora di gioco che i dati ufficiali parlano di 48 placcaggi sfornati dagli Azzurri: uno di questi è firmato Parisse che agguanta Halfpenny che prova ad aggirarlo all'altezza della linea dei 5 metri. Il pubblico del Millennium silenziosamente osserva, accenna a qualche canto, attende più che altro la marcatura grossa per allentare la tensione. Attorno al 30' Alberto Sgarbi e Gonzalo Canale, la coppia di centri, va su Jonathan Davies e lo obbliga al turnover. 
Per superare l'ultimo ostacolo, i gallesi devono accelerare il gioco: se ne incaricano Toby Faletau che fa il break e Roberts che giunge a ridosso della meta, ma Bergamasco contende il possesso e lo farebbe anche suo, senza commettere irregolarità, ma per Clancy non è così e allora, al 37', Halfpenny non punta più alla touch, va dritto per i pali ed è 9-3. 
Come mostrato nelle precedenti uscite, la reazione di Parisse e soci non tarda e per la prima volta le maglie azzurre vanno a mettere le tende dentro l'area dei 22 gallese, quando Kris Burton calcia in rimessa un penalty piazzabile: c'è da timbrare il cartellino alla voce "attacco". Il piano è semplice: assicurarsi l'ovale e da lì scalfire la trincea opposta, ma non appena si forma una ruck, l'arbitro riprende Andrea Lo Cicero e il momentum svanisce, così come il primo tempo. 

Secondo tempo
Il canovaccio della ripresa dovrebbe essere: Galles nuovamente con il piede sull'acceleratore, barra azzurra dei placcaggi che cresce continuamente nel grafico dei placcaggi ed invece l'Italia ha l'occasione della touch nei 22 avversari, imbastisce il gioco al largo e perde la palla. 
Corsi e ricorsi di un match: perché succede che il Galles ora in attacco venga rispedito indietro da una pedata su un ovale perso sul quale il ben represso George North si precipita per evitare guai. Si passa per una mischia d'introduzione nostra, si prosegue con altre fasi al largo, ma prima i gallesi recuperano terreno, poi il bottino viene servito a Roberts: c'è superiorità numerica, ci sono le gambe di chi attacca e il fiato corto di chi difende e al 50' è per l'appunto il 16-3 che spezza l'equilibrio e concede al pubblico di casa di intonare i versi della propria tradizione. 

Brunel avvia precipitosamente i cambi, con Fabio Staibano e Marco Bortolami rispettivamente per Lorenzo Cittadini e van Zyl. Alla lista si aggiunge immediatamente Ghiraldini, che ha guai alla pianta del piede ed è il momento allora di Tommaso D'Apice: i segni della trincea. Burton intanto si fionda su Cuthbert e afferra l'ala servita dal piede di Priestland per una gamba giusto in tempo per negargli la meta. Siamo ormai all'inizio dell'ultimo quarto quando arriva il 100° placcaggio azzurro: saranno 133 al fischio finale, solo 48 quelli del Galles. 
Fisici a confronto, anche al 61' con il giallo ad Halfpenny per un placcaggio su Parisse che salta per recuperarne l'up-and-under: l'estremo gli sbatte contro mentre cerca il pallone nel cielo (tetto aperto a Cardiff, c'era un bel sole dopotutto, con il parterre di fidanzati e mogli in tenuta decisamente primaverile) ma tocca l'italiano che tonfa per terra pericolosamente. Clancy giustamente punisce gli effetti non i buoni propositi e i padroni di casa sono con un uomo in meno. L'Italia, complice l'inserimento di un vispo Tobie Botes per Semenzato a mediano di mischia, prova ad approfittarne, ma quelli in campo dal primo minuto sono in riserva e ben presto lo stesso Botes si sdraia sull'erba per riprendersi da un colpo. 

La mischia già soffriva prima e ora lo fa palesemente e anche la touch diventa un affare complicato col cambio di tallonatore; il Galles si limita a non concedere falli e l'Italia muove palla ma non riesce a guadagnar campo. In più al 70' Priestland si incarica di piazzare e non sbaglia per il 19-3. L'ultima parte trascorre con Giulio Toniolatti che sostituisce Masi: l'estremo aquilano in questo 6N non gira granché e anche se stavolta l'ordine di scuderia è calciare e non caricare, subisce il trattamento che North aveva riservato a Owen Farrell contro gli inglesi, per poco non si lascia beffare dalla terza linea Justin Tipuric lanciato sull'ovale che Masi sta raccogliendo appena fuori dai 22. 
Il Galles cerca invece cerca con forza seconda meta: prima un velo del debuttante Rhys Webb (al posto di Mike Phillips) interrompe la corsa di Roberts, poi un tenuto sui 5 metri rimanda l'appuntamento che giunge al 78', quando l'ultimo calcio di punizione viene per i dragoni viene battuto velocemente, il capitano Gethin Jenkins serve Cuthbert che lascia sul posto Staibano e corre superando il ritorno di Luke McLean e Toniolatti per il 24-3 finale. 

Il volto di Parisse a fine incontro riassume il pomeriggio: è stata dura. Quando si dice sport di contatto: contatto un corno, direbbe quell'allenatore di football americano, vale per il ballo, mentre qui era questione di duri colpi. "Mi è piaciuto il carattere mostrato dai ragazzi rispetto alla gara con l'Irlanda", ha dichiarato poi Brunel. "I gallesi sono veloci e potenti e noi siamo riusciti a tenere loro testa per tutta la partita. In attacco, purtroppo, non è stato così. Abbiamo commesso troppi errori, anche nelle touche. Io avevo chiesto alla squadra una grande prestazione in difesa, e c'è stata, mentre è mancato quello spirito che speravo in attacco, anche se bisogna tenere presente chi avevamo di fronte". 
Appunti in vista del sabato all'Olimpico contro la Scozia, perché se le premesse saranno mantenute, anche lì ci sarà da difendere come si deve per evitare quell'affare di legno.



Riflessioni fredde a caldo - by Abr
Alcune note a margine della cronaca, ovviamente più focalizzate sugli Azzurri che sulla partita dei gallesi, che pure offre qualche spunto. Anzi partiamo proprio da costoro.
Il Galles - Il loro Must era sbrigar la pratica il prima possibile, per minimizzare i rischi di infortunio e prepararsi anche mentalmente alla "finale" di settimana prossima (sempre che l'Inghilterra non gli tolga prima le castagne dal fuoco). Si son trovati davanti almeno inizialmente la solita Italia chiusa, "fisica" cui erano abituati nel quadriennio precedente, senza i tentativi di guizzo largo Bruneliani. Solo, l'Italia schierava dei protagonisti mediamente più tosti e scafati che nel passato - l'aver nelle gambe una stagione e mezzo di Celtic anche contro i loro club, serve e si vede. Porte sbattute in faccia ai Dragoni per 50 minuti, nell'affranto e sempre più perplesso silenzio del pubblico: chissà che finaccia per le unghie del nostro amico The CoalFace, così tronfio e sicuro della superiorità dei suoi Dragoni across the whole board e one-on-one. In quei 50 minuti la terza linea Azzurra - Simone Favaro su tutti, ma anche Zanni e il solito Parisse  - ha imposto la sua legge ai massicci ragazzi in rosso. Supportati da una seconda linea italiana molto più partecipe con la sua massa al gioco dinamico - ovviamente difensivo - non più solo focalizzata a tener magnificamente la rimessa laterale. Corniel Van Zyl si vede e si sente in campo, Geldenhuys è stimolato a imitarlo. In quei 50 minuti le percussioni degli avanti sono state contenute molto meglio che non le devastanti accelerazioni irlandesi.
Anche la celebrata linea arretrata gallese - centri, ali, Halfpenny: tutti - si sono schiantati sui nostri centri e ali come insetti sul parabrezza dell'auto. Canale attento, Sgarbi implacabile, Persino Burton s'è esibito in un paio di gran bei placcaggi. In fondo, sul gioco tattico, attento come sempre McLean, in supporto al Masi sempre in cerca di quel che fu un anno fa, e Mirco B., tornato a fermare quelle alone sopra i 100kg.
Alla fine il Galles passa, alla distanza. La vera cifra di questo Galles è la fredda pazienza, emersa in tutte le gare disputate sinora, mica solo con noi: un atteggiamento imperturbabile, tranquillo, sicuro, così poco "gallese". Non perdono la testa, non partono con le solite iniziative personali come una volta, aspettano senza mai fermarsi o scorarsi; così, Scozia a parte, han vinto tutte, tutte le partite nell'ultimo periodo. Alla fine, cioè quando conta. Solidità mentale oltre che fisica (solo Priestland e Halfpenny sono sotto il quintale, tra i loro titolari). Han rimosso l'ultimo ostacolo tra loro e il successo.

L'arbitraggio - L'arbitro Clancy  ha agevolato con spietata oggettività la volitiva e tutto sommato disciplinata, tosta pulizia della trincea Azzurra, punendo senza sconti "casalinghi" ogni infrazione del fronte d'attacco: tre volte han provato i Gallesi nel primo tempo a "provocare" avversari e pubblico calciando in rimessa laterale punizioni piazzabili, per tre volte la loro tracotanza è stata respinta dalla salda attenzione difensiva che li ha portati all'errore disciplinare. I gallesi non sono gli irlandesi, non sono particolarmente "sporchi", ma l'arbitro s'è concentrato sullo sdraiarsi del sostegno sopra il possessore di palla per proteggere il possesso dalle "attenzioni" dei grillotalpa: lo ha fatto mica solo coi gallesi anche contro gli italiani, in particolare in quel bel recupero difensivo  di Mirco Bergamasco sotto i nostri pali, in cui anche i commentatori televisivi si sono persi che il fallo era mica di Mirco ma del sopraggiunto Favaro, che "sigillava" il possesso. Tant'è che l'arbitro, fischiando lo stesso fallo agli italiani nell'attacco immediatamente successivo, spiegava a Parisse: "Same fault I called just before".
Quel che Clancy NON ha arbitrato lo chiarisce LoCicero a fine partita, quando senza peli sulla lingua dichiara:" Gli arbitri oramai hanno rinunciato ad arbitrare la mischia ordinata. E' un costante 50-50, il loro numero 3  (Adam Jones) entrava regolarmente storto". Tutto vero purtroppo. "Sta a noi adeguarci, imparando a fare come loro", è la chiosa perfetta, che rende "rugbistica" la lagnanza.

Gli Azzurri - Onore al merito di Brunel e degli Azzurri l'aver recuperato finalmente quella "straordineria umiltè" cui eravamo abituati fino a un paio d'anni fa, indispensabile quando si visita la tana di una squadra chiaramente superiore.
Uno straordinario pack coadiuvato dal sacrificio di tutto il resto della squadra: a partire dai compatti ed attenti loose five, - azzeccatissime le scelte del più guastatore Favaro al posto di Barbieri più ball carrier e del più fisico Van Zyl al posto di Bortolami. Non si è trattato solo di "recupero filologico" di approcci memorizzati nel quadriennio precedente: Brunel ha aggiunto del suo, tutti han notato la salita difensiva, il raddoppio regolare dei placcaggi e il disingaggio immediato per coprire al meglio le vicinanze del punto d'incontro.
Quel che pochi han notato, è che in questa partita l'Italia finalmente riesce a fare anche efficace scrambling difensivo: ho contato almeno 10 placcaggi mancati anche in questa gara, stavolta però la seconda linea difensiva ha saputo recuperare e chiudere (grandi McLean e Burton, benino anche Masi e Mirco).  Nella vulgata che si trova in giro, dalla Gazzetta in giù sino a Cecinelli e ai vari siti di cronaca rugbistica, impera ancora l'anelito nazional popolare ad eliminare tutti gli errori: "bisogna placcare". Vaste programme: ci sono anche gli avversari e quando sono armadi molto skillati come i gallesi (Faletau, Roberts, J.Davies, North, Cuthberth i più pericolosi), se non metti in conto un circa 7-10% di sfondamenti della linea sei solo presuntuoso. La vera soluzione è la capacità di tappare i buchi (scrambling), non lo "zero defect": il metodo Kaizen nel rugby non esiste. O meglio, non ai nostri livelli odierni: i gallesi, dei pochi placcaggi che han dovuto fare, effettivamente non ne han sbagliato uno ...

Il game plan italiano - Era tutta e sola difesa quel che era pianificato l'Italia facesse? No, s'è visto - purtroppo - nei primi minuti del secondo tempo. Gli Azzurri han cominciato a far fasi di gioco, risolvendo loro il problema che iniziava ad imbarazzare i gallesi; lo si vedeva dal nervosismo crescente di Phillips, trait d'union con Halfpenny (cambiato di ruolo) tra il "vecchio" Galles splendido ma perdente e questa nouvelle vague di potenti giovanotti che giocano per vincere.
La meta di Jamie Roberts spacca la partita ed è un regalo: Mirco B. "sbaglia" i tempi dello scalare, McLean si allarga troppo, Ghiraldini non riesce a correre; non è solo somma di errori individuali, la squadra s'era sfilacciata in attacchi troppo prolungati per le nostre attuali forze. Il resto della partita è stato giocato con la bandiera mezza ammainata: onore al merito d'esser riusciti a limitare il passivo.
Ovviamente dovevamo provare a far qualcosa; in tale ottica va letto anche quel cercare la touch invece di piazzare a fine del primo tempo. L'opportunità era significativa ed è andata fallita per eccesso di precipitazione, per mancanza di pazienza: una mini unit era pronta per rilanciare la percussione più al centro del campo, ma uno dei nostri lock raccoglieva palla e si lanciava avanti isolandosi e forzando il "sealing off", fallo preferito da Clancy, rovinando tutto nell'irritazione di Ghiraldini (il vero capitano dell'Italia) e nella rassegnata impotenza di Semenzato (ultimamente un po' confuso, più mentalmente che fisicamente).
Tornando al tentativo auto lesionista Azzurro di alzare il ritmo tra 41' e 50', non lo contesto - andava fatto, magari insistendo meno a lungo con le fasi. Quel che appare discutibile è il timing: forse era il caso di attendere che i bachi in testa ai gallesi esasperati dall'assenza di mete, producessero qualche effetto. Forse nella scelta del momento ha giocato anche la consapevolezza che la NOSTRA birra stava per finire. Infatti, anche se stavolta s'è evitato di far troppe corse vendendo metà del campo per lunghi tratti, il dover reggere più di sette, otto round di pugilato solo con clinch, giri del ring e schivate non è certo riposante, soprattutto mentalmente.
Personalmente non mi appassiono neppure al dibattito corrente sulla preparazione atletica degli Azzurri: ribadisco il paragone col ring, il più pertinente a mio avviso (il rugby è pugilato a squadre, non a caso l'enfasi nei due sport è sulla disciplina interiore), non è facile reggere in trincea per quindici riprese. E quando becchi il colpo d'incontro, ti si piegano le gambe e ti crolla la testa.
In tale ottica si giustifica anche lo scarso apporto che regolarmente arriva dalla nostra panchina, anche quando ci son seduti dei titolari in pectore (Benvenuti, Barbieri, Bortolami): i singoli possono poco se la linea Maginot ha ceduto; a meno che non inventino individualmente, come ha provato a fare Botes.

Tant'è, fa bene capitan Parisse a fine partita a dischiararsi orgoglioso della prova Azzurra: l'aver tenuto lungamente milioni di gallesi in silenzio a mangiarsi le unghie, è una impresa che ben depone in previsione della prossima settimana di quaresima scozzese. Certo è che la coperta è sempre quella, e più la tiri da una parte più ne emergono i limiti di lunghezza: Brunel forse inizia a comprendere Mallett, quando si dichiarò fortunato di avere ancora mercato, dopo quattro anni spesi in Italia. 

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, vi leggo spesso, e lo dico subito, sono un profano del rugby, vedo giusto il 6 nazioni e la world cup al pub qui a Londra per stare in compagnia.
Detto questo non capisco una cosa: non capisco come degli atleti professionisti possano sempre crollare nel secondo tempo, insomma, dove sta il problema?

Abr ha detto...

Ciao Nick, grazie di seguirci. Il paragone col pugilato che il Socio fa, forse è quello più adatto per comprendere cosa succede a degli atleti professionisti che paiono non reggere il fiato.
Il rugby è pugilato a squadre: quando ti trovi davanti una squadra fisica come te ma anche molto, molto più dinamica, per quanta preparazione tu abbia, dall'ottavo-decimo round in poi hai gambe e mente invasa dall'acido lattico - e dal dolore. In più aggiungi cambi che danno l'impressione di non essere all'altezza, anche se si tratta anche di ex titolari: in realtà non è questione di "fiato" dei singoli, è discorso di affanno mentale di squadra.
Un esempio per capirci: se il "comandante" della linea difensiva sale più lento o reagisce con una frazione di secondo in più, tutta la linea apparirà più macchinosa.

Gsp ha detto...

Non ho avuto la sensazione che la mischia soffrisse poi cosi' tanto. Mi e' sembrata una partita equilibrata, con davanti la prima linea dei lions.

Sull'attacco il problema e' che i nostri playmakers sono quelli che sono. Puoi anche dirgli di andare in campo e creare, ma non ce l'hanno nelle corde. Quindi o gli dai schemi e uso tattico del piede, o devi trovare un altro modo di avanzare. Mi dispiace aver perso rispetto all'anno scorso la capacita' quasi di segnare quasi da lontano. Ma e' una squadra nuova e bisogna lavorarci con calma.

Contro la scozia sara' un grattacapo. Magari burton/botes per vincere, pero' burton non e' detto che basti. Forse con gori, botes e benvenuti avremo piu' gambe ma poi ne risentira' la difesa.

Abr ha detto...

Riguardo alla mischia, è stato un 50-50, lo chiarisce Lo Cicero (leggi la mia addition appena aggiunta): per noi è un dramma, perchè ci porta via l'ancoraggio classico nostro, la coperta di Linus. Fortuatament abbiam (ri-)trovato la rimessa laterale, almeno fino al 50'.
Cosa peraltro già successa nel corso di questo 6nazioni: con l'Inghilterra era il nr. 1 Corbisiero a incaricarsi di spingere laterale sulle costole di Castrogiovanni (che alla fine han ceduto...).

Concordo, lo sviluppo dell'attacco è una questione di tempo, perchè è "mentale" oltre che schemi da digerire.

Con la Scozia? Sono moderatametne fiducioso, nella misura in cui saremo in grado di ripetere questa prova difensiva (soprattutto I RECUPERI DIFENSIVI) e GLI LASCEREMO FARE LA PARTITA (altro modo di giocare apparentemente non conoscono, loro).

Gsp ha detto...

Orquera o burton? Orquera scommessa e rischio in quanto ad inserimento ed intesa. Burton al secondo 6n, l'ha presa una sufficienza?

Abr ha detto...

Bah, se Orquera fosse O'Gara e Burton pià giovane, allora ci s'ingegnerebbe per trovargli un posto e farlo giocare con Sexton ... pardon Burton.

Essendo la prossima partita da vincere ad ogni costo, scommetto piuttosto nella sospensione degli esperimenti: verrà schierata la coppia Botes - Burton già provata nel finale (notato quanto elettrico era il Tobias? Quasi ci tenesse ...).

Gsp ha detto...

Secondo me ci sono due approcci.

Il primo. Botes da piu' verve di gori ed in questo momento gli e' superiore. Gioca tobie con burton.

Il secondo. Analizza il ticket 9+10. Io non sono cosi' sicuro che botes/burton rendono necessariamente di piu' di gori/botes.

Certo il primo scenario ti mette psicologicamente al riparo come allenatore e ti libera dalle critiche sugli esperimenti. Paradossale per una nazione cardine del progresso scientifico. Cmq vada partita da vincere, non per le balle del cucchiaio di legno, ma perche' vincere e' importante.

Abr ha detto...

Concordo su gran parte di quel che sostieni, mi riferivo a quel che ritengo accadrà, anche per spinta mediatico-popolare.
Il "tested vs. untested" ha il suo peso "scientifico", soprattutto quando DEVI vincere (poi non è detto che la scelta più provata ti faccia vincere: vedi Mauro B. schierato al posto di Barbieri o Derby. contro l'Irlanda al Mondiale).

Non ho solo ben compreso quel "nazione cardine del progresso scientifico": L'Italia? Forse ai tempi del calcio fiorentino ...

Massimo ha detto...

Abr quoto alla stragrande quello che hai scritto a freddo, mi hai fatto anche cambiare idea sugli errori, anche io dopo la partita con l'Inghilterra facevo parte del partito "zero errori" ho però un quesito da porre. La questione dell'attacco asfittico è solo la mancanza di qualità negli skills offensivi oppure gli schemi dettati dagli allenatori sono carenti, non vedo una linea di corsa dettata a creare problemi alle difese, si passano la palla di qua e di là sembra senza un costrutto. L'allenatore dei backs ha colpe secondo voi oppure no?

Abr ha detto...

Tnxs Massimo, solo le persone intelligenti cambiano idea.
Sullo zero difetti, intendiamoci: è possible. Se sei il Galles, cioè possoedi dskill individuali medi di altissimo livello, allora puoi permetterti un gioco tutto offensivo, con meno di 50-70 placcaggi a partita e non ne sbagli uno, anche perché l'avversario ti sfida chiuso e in mezzo, non va a cercar rogne al largo dove hai gente di 20 anni superiore ai 100kg e veloce come un fulmine.
Un po' impegnativo anche solo come target per noi , ora come ora.

La tua questione è quindi a quello collegata: più attacchi, meno devi difendere .... (anche se, Francia insegna, puoi prendere 3 mete anche sbagliando solo il 7% dei placcaggi, se i tuoi trequarti sono a farfalle e non c'è una seconda linea di difesa pronta al recupero).

A mio avviso ci sta un po' di tutto nei nostri problemi: di sicuro prima di tutto serve dar tempo al tempo: Mallett aveva appena iniziato, nell'ultimo suo 6N, a impostare un po' là dietro, dopo due anni spesi a insegnare ai ns. trequarti a difendere, tema molto più impegnativo di quel che appaia (i primi due anni francamente li ha persi da solo). Il mio sogno sarebbe stato che, da sudafricano, sui nuovi skill difensivi dei trequarti avesse innestato la capacità molto moderna di attaccare non "in linea" ma in controfase, sui palloni recuperati. Guarda caso come fa la Nuov Zelanda sistematicamente. Ma tant'è, noi dovremo invece sorbirci il fio degli attacchi multifase, degli offload, delle palle perse e di tutti gli orrori che han auto-segato la Francia in questo 6N.

Cosa ci manca, per percorrere subito quella strada (perdente a mio avviso, in quanto già oggi arretrata, con le difese fisiche che ci sono in giro?): beh, scarsa cultura di rugby "giocato" prima di tutto, nel senso anglosassone del termine.
Per cambiare una cultura ci vuol tempo.
La prima fase e mezza l'ha svolta la gestione Dondi: import-export di personaggi, in modo da innestare skills e andare a farseli all'estero, poi ingressi nel 6N e Celtic League per assimilare il ritmo.
Dopodiché siam fermi da anni lì, manca sempre il passo ulteriore: allenatori (non in nazionale, in giro per i campi d'Italia), una nuova generazione di giocatori (che forse inizia ad emergere), arbitri. Come programma strategico sul medio lungo termine.
Nel breve, serve qualche coach esperto che importi tricks e sappia insegnarli. A una nuova generazione di trequarti.

Abr ha detto...

Ah dimenticavo: è tutto molto difficile se non hai un campionato nazionale di livello e se non giochi il rugby nelle scuole.
Le Accademie in tal senso rischiano di diventare delle riserve indiane, se il rugby non lo incentivi e sviluppi nel territorio. A 15-16 anni già si vede cosa potresti diventare.

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