martedì 4 maggio 2010

Salary cap tra Premiership e Parmigiana


Dopo la questione per ora assopita sulla possibilità di allungare la lista delle squadre partecipanti, la Guinness Premiership affronta da oggi un tema molto più scottante ed interessante: le grandi del campionato inglese hanno infatti chiesto pubblicamente di aumentare il salary cap imposto dalla Premier Rugby, l'organismo che rappresenta i 12 club della massima serie, e fissato a 4 milioni di sterline.

Già nel 1999 la quota era passata da 2.2 milioni a quella attuale, stabilita nel corso della stagione 2008/2009. Negli ultimi mesi si era discusso sull'opportunità di apportare modifiche di fronte alla crisi economica e finanziaria che ha colpito la Gran Bretagna, ma ora ad alzare la voce sono state due delle società più grandi della Guinness: Northampton e Leicester. In particolare quest'ultima, tramite il suo Head of operations Simon Cohen. Alla base delle sue dichiarazioni trovano spazio anche le opache prestazioni dei club inglesi in Europa: guarda caso, in finale di Heineken ci sono due francesi (Tolosa e Biarritz), mentre in quella di Amlin si affronteranno Tolosa e Cardiff. E, riguarda caso, nel Tolosa gioca Johnny Wilkinson, uno degli idoli d'Albione che hanno optato per il campionato transalpino che piace perché competitivo e anche ricco.
Per Cohen i casi sono due: "O lavorare per rendere competitivo il campionato all'interno. O forse è più importante competere in Europa e attirare i migliori giocatori al mondo?". E' il quesito che pone alla Premier Rugby: perché se la risposta è la prima considerazione, allora il salary cap a 4 milioni di sterline è appropriato; al contrario, "devi spendere come le altre squadre e stiamo parlando di 12-14 milioni di pounds".
No, non è una giustificazione valida gli ha risposto Mark McCafferty, capo della Premier Rugby: "Alzare il cap non è un'opzione realistica quando non ci sono soldi e se questa è stata una stagione deludente per i nostri club in Europa, i francesi un anno fa non avevano squadre nelle semifinali di Heineken Cup". In compenso si sono riscattati prenotando tutti i posti per la finale di Parigi. Per McCafferty bisogna aspettare la prossima annata per capire se si è trattato di un caso isolato o se dietro c'è qualcosa di più serio.
Non tutte le società inglesi sembrerebbero intenzionate a sostenere la campagna dei Tigers. I London Wasps, da sempre "auto-austeri", hanno fatto capire che non ci stanno: il motivo, per l'appunto, sono i soldi. Leicester e Saints, dalla loro, hanno anche gli stadi che ospitano più tifosi ogni fine settimana. Il Welford Road arriva, ad esempio, a 24.000 posti. La guerra si spie però è già cominciata dal momento che il proprietario dei Wasps, Steve Hayes, si e' detto certo che qualche collega non rispetti il salary cap e si comporti come i Melbourne Storm, la franchigia NRL pescata con la doppia contabilita' paghe e penalizzata qualche settimana fa. La Premier Rugby si è rifiutata di prendere in considerazione le insinuazioni, ha chiesto le prove prima di mettersi a indagare: "Se ce l'hanno, alzino il telefono".
La strategia ad ampio respiro del Leicester è chiara: "Il problema è che il salary cap, combinato con la logorante natura del campionato, implica che raramente hai a disposizione la miglior compagine; il cap ti priva della tua vera forza e non puoi permetterti giocatori promettenti dell'emisfero sud".

Casupola Italia -
L'epoca del professionismo ormai ci ha abituati a certe discussioni che si rivelano comunque per quello che sono: interessanti. Perché interessante sarà capire se la Premier vorrà mantenere lo status quo o cedere alle richieste "concorrenziali" avanzate dai grandi club.
Inoltre la faccenda cade a fagiuolo:
settimana scorsa abbiamo appreso di come la Federazione italiana abbia intenzione di gestire i cosiddetti "giocatori di interesse nazionale", alcuni dei quali ancora all'estero; la strategia messa in atto si concretizzerebbe - per lo meno pare ci capire perché nulla di concretamente certo è stato ancora specificato - nella necessita' di mediazione costante tra Carlo Checchinato in qualità di Responsabile Alto Livello e le dirigenze di Benetton e Aironi. In nota al post linkato avevamo citato un caso a titolo di esempio: se un club italo-celtico avesse l'opportunita' di reclutare Castrogiovanni per dire, prima di chiamare Leicester dovrebbe concordare l'offerta di ingaggio con la Fir?
Alle due italiane ormai celtiche non è arrivato alcun chiarimento: non esiste alcun capitolato comportamentale che in inglese si traduce con un più esplicativo behavioral contract.
Sorge una curiosità: tra le intenzioni della Fir c'è quella di arrivare ad una specie di salary cap al'italiana, oltre che all'idea di dirigere tutto e tutti da un unico ufficio? Si tratterebbe in fondo di una ulteriore implementazione dell'ormai famoso payoff dondiano sulla Celtic League in salsa e parmigiano: "Metteremo bocca su tutto". Dopotutto i club vengono dopo "la Patria", qualunque cosa essa sia.

2 commenti:

Abr ha detto...

Una piccola aggiunta al tuo pertinentissimo "sasso in piccionaia" della casupola, Socio.
Solo per chiarire il link al mio intervento sulle "liste federali", proponendo il tuo arguto e intrigante parallelo con il salary cap, realizzato ovviamente "all'italiana".

ringo ha detto...

Perfect.

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