lunedì 16 maggio 2011

Bilanci celtici - 3 (e Nazionali)

Vittorio Munari, voce celebre delle telecronache Sky e direttore generale della Benetton Rugby, (nella foto coi vertici di proprietà e società) in una intervista rilasciata  a Ivan Malfatto de Il Gazzettino espone due serie di argomenti: un bilancio del primo anno di Celtic  e le prospettive per il prossimo.

- Il primo anno di Celtic League
«Siamo molto contenti del nostro primo anno » dichiara Munari.«Due i principali traguardi raggiunti: i risultati sul campo (le nove vittorie) e il coinvolgimento e la partecipazione di pubblico. Per la prima volta l'ho visto sostenere con cuore la squadra nei momenti difficili. Sentire il suo grido quando si è schiacciati in difesa equivale a un uomo in più. Non è retorica dirlo».
Riguardo alle nove vittorie: «Avevamo due target di premi per i giocatori: il primo a 5, l'altro a 8 vittorie». Giusto l'orgoglio del bravo organizzatore, vien da commmentare: potenza del saper definire obiettivi ambiziosi ma realistici e i corretti incentivi a raggiungerli.

- Le prospettive
«Ripetersi sarà più difficile che esordire bene», afferma Munari. «La prossima stagione per gli avversari non saremo più una sorpresa, i nostri comportamenti saranno più intellegibili e sarà più difficile fare risultato.».In effetti confermarsi è sempre operazione difficile, chiedere a Leeds, l'anno scorso "sorpresa" della Premiership e quest'anno retrocessa, piuttosto che agli Ospreys o a Perpignan; «Ma noi ci proveremo lo stesso», aggiunge Munari.
La  concomitanza di 8 partite di campionato coi Mondiali, con 16 convocati Azzurri e 3 infortunati complicherà ulteriormente la sfida: «Si tratterà di fare del proprio meglio secondo lo stato dell'arte»: quindi niente recriminazioni, è cosa buona e giusta dar priorità alla Nazionale. Va sottolineato, da Munari a Melegari, non c'è nessuno fuor di Federazione che pensi al solo bene dei club, mentre non è vero il viceversa, alcuni in Fir - e non solo - commettono l'errore di quello che per fare un dispetto alla moglie, se lo mazzuola da solo (alla Tafazzi).
In un percorso già complicato di suo, ci sono infatti anche le ferite auto-inflitte, i lacci e lacciuoli derivanti da male intesa "programmazione del futuro della Nazionale", nella realtà mero giochetto di potere (Jacques Brunel farà molto in fretta a comprenderlo, crediamo): ci riferiamo alla nuova limitazione tutta italiota del limite a cinque stranieri, uno per fasce di ruolo. «Preferisco non commentarla», chiosa Munari da signore.

In un contesto informativo sempre più "calcificato" noi invece abbiamo già detto in tempi non sospetti cosa pensiamo di tale direttiva: è pensiero debole. All'evidente tafazzismo di una norma miope, creata da chi abbia in testa una finta contrapposizione club/franchigie vs. Nazionale, si contrappone la dichiarazione ecumenica di Munari: «Tutti al Benetton lavorano per rendere più competitiva la squadra e la Nazionale, basta chiederlo ai giocatori, l'unica categoria di testimoni credibile in tal senso».
Se è vero che i club/franchigie "campioni nazionali" in Celtic sono gli incubatori per lo sviluppo  degli Azzurri, allora il loro bene coincide con quello della Nazionale: è il percorso di tutte le crescite, dal basso verso l'alto, è puro buonsenso applicato ovunque all'Estero. Il contrario, cioè una Nazionale che traini lo sviluppo del territorio coi suoi successi, è contro natura: è la storia del fallimento di un decennio di gestione Dondi post ingresso nel Sei Nazioni.
Corrobora il concetto l'esperienza della stagione Celtica: «È difficile trovare rugbisti italiani già pronti per la Celtic. Serve almeno un anno per la loro costruzione fisica, tecnica e mentale».
Frase che spiega l'altra di Munari, sibillina solo se letta senza la precedente:«Col passare degli anni i ricambi dei giocatori italiani non potranno reggere il livello della Celtic League e della Nazionale. Attingere a giocatori di formazione straniera sarà gioco forza».

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