Sostanze dopanti
Sul Foglio di oggi c’è un’interessante lettera di Piercamillo Falasca, firma di Libertiamo.it, sito di area libertaria e che orbita attorno al neonato partito finiano Futuro e libertà. Una lettera che parla di doping – da qui il fatto che questo blog se ne occupi. Il Falasca, scrivendo che anche “Coppi e Bartali si dopavano, mica solo Contador”, ci riporta alla realtà dei fatti, che “nello sport professionistico il doping è ovunque, ma oggi si pretende di stravolgere i risultati sportivi con il giustizialismo a campione”. Avanza quindi una domanda: “Cosa è doping e cosa medicina sportiva?”. E conclude così: “Finalmente qualcuno, anche al Coni, rompe il fronte e propone la liberalizzazione del doping: chi di sport vive, a volte agiatamente, abbia sul proprio corpo i rischi delle sostanze che assume”.
I libertari, senza voler mancare di rispetto a nessuno, sono dei partigiani delle liberalizzazioni, ma questa volte forse esagerano. Perché se da una parte la liberalizzazione di sostanze dopanti porterebbe a piena luce il fenomeno, dall’altra non dimentichiamoci che questi prodotti sono, in quanto sostanze, assunti da essere umani come sono gli sportivi. A rischio della loro salute. È vero anche che, agendo nell’ombra, si corrono rischi più grossi e che di tanto in tanto la cronaca sportiva ci racconta storie strane, oscure e drammatiche di giocatori o ex atleti bloccati su un letto, con i muscoli morti e con le spalle cariche di segreti di spogliatoi. Ma basta come giustificazione?
Il metodo migliore per evitare spiacevoli sorprese che finirebbero con l’intaccare l’epopea o la leggenda di alcuni gesti sportivi sarebbe quello dei controlli. Che – va da sé – non devono presentarsi sotto forma di falce per cui “colpevole uno, presumibilmente colpevoli anche tutti gli altri”. Chi sbaglia, paghi: tutto qui. E veniamo allora al rugby, perché negli ultimi due anni alcune cose sono successe. Tralasciando il Bloodgate che ha scosso gli Harlequins (anche quello a conti fatti fu doping sportivo perché mirava a cambiare il risultato di una partita in modo irregolare), c’è il caso di Bath, dove nel 2009 tre giocatori come Micheal Lipman (foto), Alex Crockett e Andrew Higgins finirono sotto inchiesta in Inghilterra dopo essersi rifiutati di sottoporsi ai test. Nel gruppo dei tre – alcuni dei quali in odore di nazionale – può essere inserito il pilone Matt Stevens, beccato con della cocaina in corpo e di conseguenza squalificato per due anni della federazione. Un caso ci riguarda da vicino, quello di Fabio Staibano, trovato positivo a cocaina e cannabinoidi nel 2007, durante il ritiro pre Mondiale in Valle d’Aosta. Il ragazzo non venne colpito da alcuna sanzione ufficiale perché l’assunzione delle sostanze in questione fuori gara non è punita.
Non è solo il mondo a XV, anche quello a XIII ha degli scheletri nell’armadio. Pensiamo a Terry Newton, trovato morto lo scorso 26 settembre nella sua casa di Wigan dopo essere stato sospeso per due anni a febbraio dopo essere risultato positivo ad un ormone della crescita, finendo licenziato dal suo club, il Wakefield. Pare che quando ci sia di mezzo la palla ovale, il clamore sia più forte, alimentato da certi cliché che solo chi segue con superficialità questo sport può avere. Il rispetto dell’avversario, il sano agonismo e il terzo tempo: tutto vero e sacrosanto, ma pure i rugbisti sono uomini e così sbagliano. Pagandone le conseguenze. Da quando si è passati al professionismo “legalizzato”, i numeri di casi di doping sono aumentati nel rugby e diversamente non poteva essere. Non solo per i controlli più serrati, ma per un motivo – se è permesso – ben visibile. Il total rugby di oggi richiede continue sessioni in palestra, l’ostentazione del fisico è atteggiamento consolidato per alcuni. Muscoli su muscoli che in certi casi possono essere il frutto di una dedizione professionistica, in certi altri casi no. Ragion per cui bisognerebbe evitare di fare di tutta l’erba un fascio.
Una replica garbata alla proposta del Falasca arriva dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara: “Bè, lo spirito libertario è in genere buona cosa, ma ha davvero senso l’idea della pari opportunità di doping?”. E poi: Coppi e Bartali si saranno pure dopati ai loro tempi, ma mica ci siamo levati dalla memoria i loro scatti per mangiarsi le salite in un sol boccone, ricordandocele come "imprese sportive".
16 commenti:
Tema controverso.
Nella realtà il problema è dove metti il confine tra doping e coadiuvanti leciti. E non è così chiaro come sembra. E i "controlli" richiamano le "rrregole", sovente messe in piedi solo per consentire ai "controllori" di prendere stipendio. In una terra di azzeccagarbugli come la nostra poi, figuriamoci.
Ma il tema è controverso.
Nel baseball Usa non s'erano mai fatti nessun problema (vuoi aumentare le tue prestazioni? Prendi quel che ti pare a tuo rischio e pericolo); la polemica è saltata fuori l'anno scorso "solo" perchè alcuni famosi dal collo e testa abnormi (Barry Bonds ad es.), hanno spergiurato davanti a un Giurì di non averne mai fatto uso.
Si eran liberi di fare, ma se uno nega allora ci dev'essere un problema: che abbia a che fare con l'esempio ai giovani, o con qualche disfunzione erettile?
Rischiava di più Coppi coi beveroni fatti in casa, o Bonds oggi coi prodotti perfetti di qualche laboratorio, visto che ha messo su 'na testa che par uno di Sturmtruppen?
Il ns. sport è molto a rischio, come il ciclismo: per sviluppare masse muscolari velocemente, i pesi non bastano ... e se non hai le masse giuste, FIR insegna, anche il giovane più promettente viene mandato a casa.
No non è un tema facilmente liquidabile.
Concordo sul fatto, Socio, che non sia un tema facilmente liquidabile. Però la legalizzazione del doping, realtà in altri ambienti - pensiamo agli Usa, per l'appunto -, personalmente non so quanto possa essere la soluzione. Diciamo che nel nostro caso, visto l'aumento dei casi nella palla ovale, io opterei per il metodo classico: controlli, senza eccedere nel "presumo, ergo ti dopi".
Ps: ovvio che il dibattito è interessante. Quindi, sotto ragazzi.
Il punto che confonde il dibattoto è che non esistono "sostanza dopanti" e "sostanze lecite": esiste un continuum di additivi chimico-biologici, dove porre un confine è arbitrario per definizione.
Che dire di quegli sportivi definiti "dopati" (che poi, mettici sopra la stampa ...) che poi si giustficano dicendo di aver preso lo sciroppo per la tosse o gli antibiotici? Magari è una balla, ma se le mitiche "ostanze dopant" soo nei notri normali medicinali, allora mi sto dopando anch'io senza saperlo?
Comprendo quanto sfumato - e sfumabile - sia il tema?
Quoto Abr.
Inoltre, come sempre tra guardie e ladri, i protocolli di controllo e la possibilità di rilevare determinate sostanze o tecniche di doping arrivano inevitabilmente dopo un po' di tempo.
Con la conseguenza che certi atleti non vengono mai beccati (Griffith-Joyner a Seul) o non sono perseguibili (gli atleti italiani ed altri ai tempi della autoemotrasfusione).
Il fatto che il doping tra pro abbia poi delle conseguenze (vedi Lyle Alzedo) fa parte del prezzo, che liberamente (anche no) viene da taluni accettato.
Nei primi anni del secolo scorso perfino allenarsi era vietato è perciò considerato doping (capitò anche al padre di Grace Kelly).
Resta che, anche liberalizzando l'uso del doping tra i pro, non si risolverebbe il problema del doping fai da tè a livello amatoriale (granfondo di ciclismo, campestre provinciale o palestra di bidy-body), né, peggio ancora, l'uso fatto tra i ragazzi e ragazzini di "belle speranze".
Forse proprio dalla palestra di "bidy-body", come la chiama Anonimo, viene una specie di soluzione. Nei concorsi infatti mi pare esistano 2 categorie: dopati (che ovviamente non si fanno chiamare così!) e non.
E' una liberalizzazione. Però, dal punto di vista sportivo, è più corretto. Perché se liberalizzi "a tuo rischio e pericolo" è difficile che uno che non vuole rischiare la vita e quindi non assume sostanze strane, riesca ad essere competitivo con uno che si dopa.
Poi, è chiaro, il confine tra sostanze lecite e non è insidioso, labile e molto mobile.
mah,l'argomento doping,forse abr ricorderà, ho provato a ventilarlo qualche volta pure qui.
è un argomento delicato e sarei in linea teorica incline a consentire con falasca:come c'è chi fuma 3 pacchetti di nazionali senza filtro al dì,chi arriva da amburgo e si mette al sole di marzamemi alle 13 del 31 luglio e chi si spara 30 mojtos a notte può esserci chi si pera per correre di più o mettere su 20 kg di muscoli in un'estate,avvertito però che le sue possibilità di entrare da uomo sano negli anta si dimezzano.
oppure deve valere al contrario la linea dirigista(già il termine mi stomaca)per cui sei fuori anche solo se ti becco in borsa un fiore di bach.
mantenendo la linea grigia si rischia di ridurre il confronto ad una gara fra chi ha accesso alle migliori competenze mediche per nascondere le sostanze assunte.
provate a chiedere ad un preparatore di una squadra a caso quanti suoi atleti soffrano d'asma.sono certo che vi risponderanno più della metà.
poi non li sentirete tirare un colpo di tosse,ma all'atleta che soffre d'asma è consentito assumere cortisonici.
poi sarà pur vero che anche un tempo si bombavano,ma bartali,vado a memoria,dovrebbe aver scavallato gli 85 prima di tornare alla casa dei padri,e con lui magni,martini ecc.(è pur vero che sulla malaria di coppi qualcuno avanza dei dubbi).
poi,come richiama correttamente abr,se ci sono federazioni che fanno progetti giovani ispirati da un novantanovenne arzillo medico paraguaiano di sospette origini tedesche,allora mandiamo totò perugini dal parrucchiere chè deve diventare nibelungo
Bella quella del divieto di allenarsi di fine otto primi nove, non la sapevo. La dice lunga sul senso originale della parola "sport" ("Se desporter": divertirsi, distrarsi, far cose diverse).
... senza dimenticare il significato di "sfida", che forse è quello che s'è evoluto (si fa per dire) di più, è andato in mano alla comunicazione di massa e ci esalta e acchiappa, essendo diventato un surrogato (per fortuna) delle sfide sui campi di battaglia.
Aggiungo.
Non deve essere dimenticato poi che il fatto che i risultati e le classifiche tra 10 atleti non dopati non sono necessariamente (e di solito non lo sono proprio) le stesse che si avrebbero con gli stessi 10 atleti dopati, il che introduce anche una componente di ulteriore falsificazione del risultato e consente di dire che, in caso di liberalizzazione, non necessariamente vincerebbero le stesse persone.
Ancora, il divieto di allenarsi in modo accurato portava ad inizio '900 ad emarginare chi faceva l'allenatore pro (come raccontato anche in Momenti di gloria).
Fino agli anni '70 circa, il doping era una faccenda parecchio empirica, l'efficacia dipendeva da fattori totalmente fuori controllo, per cui magari la pillolina di stricnica (stricnina!) ti faceva collassare a pochi metri dal traguardo (Dorando Pietri) mentre forse Hayes collassava dopo in albergo.
Oppure morivi durante il Tour come Simpson.
In quei tempi il doping non era tutto sommato un fattore, il talento e la qualità degli atleti era ancora l'elemento predominante.
Da quando la faccenda è diventata più scientifica, con la DDR e con tutti gli altri dietro, la cosa è cambiata assai e i risultati sono stati sempre più condizionati da tali pratiche.
Ma se Ben Johnson non avesse subito un infortunio durante la preparazione alle Olimpiadi (con sconfitta da Lewis a Zurigo e conseguente fifa di perdere a Seul), con la necessità di modificare i cicli dopanti, col cavolo che lo beccavano, d'altra parte mica beccarono Lewis o la Griffith (e tantissimi altri dopo).
Oggi poi è ancora peggio, basta pensare all'uso "tattico" fatto dagli spagnoli col caso Puerto, con notizie e incriminazioni lasciate col contagocce, tutte contro stranieri, salvo poi chiudere tutto perché era troppo vasta la dimensione della cosa, quando restavano da colpire solo gli spagnoli, nel frattempo nel ciclismo hanno vinto tutto loro...
Per cui ha ragione tagus, o si decide che si "ammazza" la carriera di tutti coloro che vengono sfiorati anche solo dalla puzza del doping o si libera tutto.
Sempre restando consapevoli che il problema non si risolve, dato che la ricerca della scorciatoia è nella natura umana.
Ricordandosi anche che, tra non molto, la protesi diventeranno davvero propaggini "bioniche", per cui se oggi un amputato ancora perde da uno "intero" (come si dice dei cavalli), un domani non si può escludere che saltino fuori disperati pronti tutto pur di vincere.
Infine che facciamo degli ermafroditi? Il loro vantaggio è innegabile, ma mica è colpa loro...
Molto interessante anonimo.
Ad aggiunta, andrebbe ricordato il caso Lance Armstrong, mille Tour vinti e la certezza si dopasse, ma mai uno straccio di prova - forse "grazie" (paradossalmente) alle cure per il suo cancro .
L'altro caso che evochi è quello del runner sudafricano con le protesi più elastiche dei muscoli alenati: è un handicappato (anche se oggi non si dice più così, ma per capirci), ma non lo hanno ammesso alle Olimpiadi "vere" (anche questo non si dice) perchè avrebbe probabilmente battuto tutti ....
Per contro, non sono convinto che una volta ai tempi dell'empirismo si rischiasse di più che in epoca di doping "scientifico": citi gli ermafroditi, che mi fan sovvenire la fine di certe nuotatrici della Ddr che oltre ai peli si ritrovavano qualcos'altro di cresciuto; per non dire dei casi di SLA nel mondo dello sport, o la riconoscibilità fisica degli addicted a steroidi (il testùn dei Barry Bonds ma anche di Ben Johnson).
Ecco, ora che avete tirato in ballo le nuotatrici della DDR - e ci aggiungo le atleti cinesi di tiro del peso et similia -, mi pento di aver messo on line questa roba...
Mmmh, no Pistorius non avrebbe battuto nessuno, forse non si sarebbe nemmeno qualificato per le semifinali, oggi.
Il fatto è che aprire oggi alle protesi renderebbe poi difficile escluderle domani, quando saranno sicuramente in grado di ottenere (fare ottenere) risultati migliori di quelli degli atleti sani.
In DDR, con certe atlete, erano arrivati a farle rimanere incinte in tempi prestabiliti (per cui aumento naturale di testosterone, quindi niente doping) per poi farle abortire verso il terzo mese...
Detto ciò, in passato non rischiavano per forza di più, ma se non conosci bene quello che fai, ti esponi comunque ad un rischio non calcolato.
Mentre oggi lo sai prima, almeno in teoria.
Aggiungiamo anche le nuotatrici cinesi e le fondiste, sempre cinesi, quelle che prendevano le erbe...
Ma non dimentichiamo gli americani, che ne hanno fatte peggio di Bertoldo e anche noi italiani, anche se, in alcuni casi, con metodi non ancora considerati doping.
Resta un problema non risolvibile, dato che esisteranno sempre individui disposti a scegliere strade più brevi o semplici per raggiungere determinati obiettivi, sia Sun Tzu che Machiavelli non sono nati dal nulla e passati senza lasciare traccia.
Al di là dei risultati truffaldini negli sport più noti, il vero problema resta l'uso scriteriato di certi prodotti e sostanze in ambito amatoriale, quando trovi certi beveroni o preparati anche al supermercato è ovvio che l'accesso a sostanze più "critiche" si è ormai diffuso a persone assolutamente impreparate.
Ancor peggiore è poi l'uso su atleti giovani o "poco" campioni, tanto per vedere l'effetto che fa, prima di usare il tutto là dove ci sono i soldi...
Beh, nella sua trattativa col Cio per andare alle Olimpiadi, a valle del primo esame indipendente che definì le sue protesi più performanti dei muscoli, Pistorius dichiarò di esser pronto ad autoridurne l'elasticità, ecco perchè sintetizzo con un "poteva vincere".
D'accordo sul resto.
In ogni caso rimango dell'opinione che il problema sia che poco è cambiato dai tempi di bartali: anche adesso si va avanti alla faccia della consapevolezza e del rischio informato. La scientificità infatti riguarda più i benefici (alle prestazioni) che non gli effetti collaterali.
Manca una base statistica e disponibilità di dati ufficiali per costruirla - come se una multinazionale fosse autorizzata a immettere un farmaco sul mercato senza test clinici - e anche in epoca iperscientifica si brancola tutti nel buio: campioni, giovani e sedicenti esperti inclusi.
E al giovane di belle speranze arriva un dirigente che dice, o prendi questo o sei fuori squadra, non certo prendi questo e vai tranquillo che è testato e non ti succede nulla. E' un prendere o lasciare, come ai vecchi tempi. Solo che adesso è generalizzato verso il basso.
Gli amatori in palestra o a correre? Mah, corrono gli stessi rischi di quando s'ubriacano in discoteca e poi guidano ...
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