lunedì 23 maggio 2011

Questo figliolo ha del talento

Non è facile indossare la maglia numero 10 dalle parti di Leinster. Perché c'è subito quell'altro, quello con lo stesso numero su sfondo rosso, colore Munster. Essere Jonathan Sexton dev'essere una faticaccia, quando all'opera c'è ancora Ronan O'Gara. Non occorre una grande intuizione, piuttosto basta prestare attenzione al clima che si respira quando in campo c'è l'Irlanda e alla piazzola si presenta il 25enne di Dublino: se l'ovale infila i pali bene, se no il pubblico comincia a pensare che se ci fosse stato O'Gara, sarebbe andata diversamente. D'altronde, uno se la va anche a cercare, inventarsi apertura nel regno di Ronan. Sexton ce l'ha fatta e si merita tutti gli elogi che, immancabilmente, andranno dimenticati in qualche cassetto non appena andrà a sbattere contro il palo.
Nel match di sabato con i Northampton Saints per la Heineken Cup, il ragazzo ha messo a referto 28 punti sui 33 totali dei suoi, andando a marcare nella ripresa le due mete che hanno cambiato il corso della storia. Un grande fiuto, bravo a esplorare due angoli sguarniti di maglie avversarie e a pestare sui piedi per assicurarsi velocità. Un numero 10 che ha indossato i panni di un centro aggiunto ed è tutto ciò che occorre nel rugby moderno: essere versatili. 
Sexton cominciò a far parlare di sé il 2 maggio 2009, quando sostituì Felipe Contepomi (chiaro, no? Contepomi, non uno qualsiasi) nella semifinale di Heineken vinta dal Leinster per 25-6 sul Munster. L'ascesa fu confermata due settimane dopo, nella finale di coppa contro il Leicester che significò, per il club di Dublino, la prima Heineken da mettere in bacheca. Con Contepomi out per infortunio, mise a segno 11 punti e nel conto compare un drop gol dalla metà campo. Il risultato finale diceva 19 Leinster 16 Leicester e chissà da dove arrivavano quei tre punti che hanno fatto la differenza. 
Due anni dopo, non ha mancato il secondo appuntamento. Pare che nell'intervallo lui e i compagni abbiano ricordato l'impresa del Liverpool nella finale di Champions League contro il Milan a Istanbul, anno 2005: rossoneri in vantaggio 3-0 dopo 45 minuti, recupero inglese e sorpasso decisivo ai rigori. "Dopo la terza meta dei Saints, avevamo bisogno dell'intervallo. Eravamo scossi e ci siamo ritrovati nuovamente in gruppo. Dovevamo crederci e ci siamo presi le nostre occasioni". Merito dei leader in squadra che hanno suonato la carica (Sean O'Brien, Leo Cullen, Richardt Strauss, Nathan Hines, Shane Horgan giusto per fare qualche nome) e, quindi, inevitabilmente nella lista ci finisce Jonathan Sexton, che per Brian O'Drsicoll sembrava "posseduto". Ha tenuto banco, ha radunato la truppa allo sbando, ha ricordato loro chi fossero.
"Hai bisogno che il tuo numero 10 sia esperto e leader e lui è stato molto di più per noi", ha raccontato sempre O'Driscoll. "Era indemoniato". 


1 commento:

Abr ha detto...

L'abbiamo detto nel commento al match: oltre che per la consacrazione di Leinster a miglior team d'Europa, la finale 2011 della Heineken Cup sarà ricordata come l'elevazione di Jonathan Sexton da eterno bel prospetto a campione decisivo, un vero match winner, un fuoriclasse nel senso vero del termine.
Addirittura un leader ci raccontano dagli spogliatoi; ma basta e avanza la prima che ho detto: la leadership è innanzitutto esempio ed effetto trascinamento, anche se agli anglosassoni effettivamente piacciono tanto i discorsi ispirati (come da noi fino a cinquant'anni fa; in effetti un po' primitivi lo sono).

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