Johnno lascia, Rob Andrew si divincola
La conferenza stampa si è tenuta, Martin Johnson non è più il manager dell'Inghilterra. La prestazione della sua squadra ai Mondiali dentro e fuori dal campo gli è costata cara: a marzo è arrivato il Six Nations, a novembre i saluti. Il suo contratto con la Rugby Football Union sarebbe scaduto tra un mese, ma coach Johnnon ha scelto di non rinnovarlo nell'interesse di tutte le parti coinvolte. "E' la decisione migliore per me e per la squadra", ha fatto sapere dopo aver sottolineato di averci pensato a lungo.
Le parole sono quelle solite in momenti come questi. Johnson ha ringraziato tutti per il sostegno avuto negli ultimi tre anni e mezzo e augura loro il meglio. Per l'Inghilterra prevede un bel futuro, alla luce dei talenti coltivati negli ultimi diciotto mesi. Qui si chiude un capitolo, in attesa di capire chi prenderà la redini della nazionale. Intanto, se Johnson si leva dalla scena, gli indici sono puntati su Rob Andrew, director of Elite Rugby, anche lui presente alla conferenza stampa.
Mentre i due tenevano le rispettiva dichiarazioni, i commenti apparsi nel corso delle dirette che hanno raccontato l'evento erano spiccatamente polemici: sia quelli dei cronisti che quelli dei tifosi. Il grande punto interrogativo riguarda il ruolo di Andrew: quanto c'è di suo nella scelta operata da Johnson?
Il pensiero comune è che Andrew sia come quel tale che riesce a schivare le gocce mentre fuori piove. "Vorrei far notare il mio personale apprezzamento per il lavoro svolto da Martin", ha dichiarato. "E' importante a questo punto rispettare la sua decisione. Ha deciso che è giunto il tempo di lasciare". E lei, Mr. Andrew? "No, assolutamente no. Il mio ruolo è quello di guidare il dipartimento, non soltanto l'aspetto giocato". Un'ipotesi, quella di lasciare, mai presa in considerazione.
Il tema caldo dell'ultima uscita di Martin Johnson non potevano che essere le scorribande notturne degli atleti in Nuova Zelanda, attorno ai quali lo stesso ex coach ha sempre fatto quadrato. "Nessuno può dire come abbiano inciso sul campo", ha aggiunto. "Quanto accade fuori dal campo non ha aiutato. Ha messo la squadra sotto una cattiva luce". Ha ammesso la frustrazione, ma ha di nuovo difeso i suoi giocatori.
Adesso tocca ad Andrew difendersi.
Le parole sono quelle solite in momenti come questi. Johnson ha ringraziato tutti per il sostegno avuto negli ultimi tre anni e mezzo e augura loro il meglio. Per l'Inghilterra prevede un bel futuro, alla luce dei talenti coltivati negli ultimi diciotto mesi. Qui si chiude un capitolo, in attesa di capire chi prenderà la redini della nazionale. Intanto, se Johnson si leva dalla scena, gli indici sono puntati su Rob Andrew, director of Elite Rugby, anche lui presente alla conferenza stampa.
Mentre i due tenevano le rispettiva dichiarazioni, i commenti apparsi nel corso delle dirette che hanno raccontato l'evento erano spiccatamente polemici: sia quelli dei cronisti che quelli dei tifosi. Il grande punto interrogativo riguarda il ruolo di Andrew: quanto c'è di suo nella scelta operata da Johnson?
Il pensiero comune è che Andrew sia come quel tale che riesce a schivare le gocce mentre fuori piove. "Vorrei far notare il mio personale apprezzamento per il lavoro svolto da Martin", ha dichiarato. "E' importante a questo punto rispettare la sua decisione. Ha deciso che è giunto il tempo di lasciare". E lei, Mr. Andrew? "No, assolutamente no. Il mio ruolo è quello di guidare il dipartimento, non soltanto l'aspetto giocato". Un'ipotesi, quella di lasciare, mai presa in considerazione.
Il tema caldo dell'ultima uscita di Martin Johnson non potevano che essere le scorribande notturne degli atleti in Nuova Zelanda, attorno ai quali lo stesso ex coach ha sempre fatto quadrato. "Nessuno può dire come abbiano inciso sul campo", ha aggiunto. "Quanto accade fuori dal campo non ha aiutato. Ha messo la squadra sotto una cattiva luce". Ha ammesso la frustrazione, ma ha di nuovo difeso i suoi giocatori.
Adesso tocca ad Andrew difendersi.
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