Sono manager e non caporali
Storie parallele, di rugby e calcio perché non è detto che debbano essere tirate in ballo solo per rimarcare la differenza dell'uno dall'altro. Soprattutto se certe cose capitano al di là della Manica, dove due manager sono sotto i riflettori: Martin Johnson e Fabio Capello. Che poi già il fatto che in Inghilterra li chiamino manager e non certamente commissari tecnici lascia intendere come gli affari si facciano seri. Il primo ha fatto un buon lavoro, ha costruito una nazionale che in meno di un anno ha rialzato spalle e testa, andando vicino al Grand Slam nel Six Nations appena concluso e inevitabilmente in queste settimane deve fare i conti con le critiche. Il secondo è al centro delle discussioni dalla scorsa estate ormai, da quando la sua nazionale è uscita agli ottavi della Coppa del Mondo in Sud Africa senza brillare nel gioco, pur presentandosi al torneo nella categoria "favorite". Ci si è messo anche José Mourinho che nelle scorse ore ha rivelato che era lui il candidato della Football Association per succedere a Steve McLaren nel 2007, ma si sa che se fosse per il portoghese, lui sarebbe stato il candidato ideale per tutte le panchine. Strano non abbia ancora svelato il segreto sulle trattative tra lui e San Marino.
Poi dicono che in Albione si lavora con meno pressione addosso. La cosa è relativamente vera, perché dopotutto basterebbe dare un'occhiata alle pagine sportive dei quotidiani popolari per rendersi conto che una certa attenzione è sempre riservata ai protagonisti dello sport, soprattutto se stanno ai piani alti. I cronisti britannici non si perdono nelle polemiche sugli arbitraggi e nella trama dei sospetti, ma riscaldano ogni giorno il calciomercato e possono contare sui paparazzi appostati fuori dai locali più "in" che al cospetto la movida milanese sembra Riccione in bassa stagione.
A proposito, l'estremo Ben Foden è finito in manette attorno alle 3.30 di notte di lunedì per un battibecco con un tassista londinese,
Non è facile fare il manager. Nel frattempo la Rugby Football Union sta cambiando volto e struttura. Rob Andrew ad esempio ormai non è più elite rugby director della federazione, gli spetterà la poltrona di director of rugby operations e, job description ufficiale a parte (riportata sui "Post it" qui a lato), una volta all'opera sarà interessante capire che tipo di contenuti sarà in grado di apportare al nuovo ruolo. Per ora Johnson rimane in silenzio e non si espone: lavorare tranquillo senza dover troppo riferire a qualche responsabile appointed gli va più che bene, ma una uscita l'ha fatta, dichiarando che nel futuro non gli dispiacerebbe assumere, sempre in Rfu (la Federazione inglese), un ruolo più di "gestione". O come si direbbe noi in Italia, più "manageriale". Perché dopo tutto qui stiamo parlando di manager, non di caporali.
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