Tutti a casa
Su Italia-Irlanda ha già detto tutto il Socio e in verità avevamo già detto tutto la notte prima, nell'attesa di Argentina-Georgia alle 2.00 am: gioco, punti forti e deboli, esito.
Vorrete allora scusare la auto-citazione: "Aldilà delle illusioni, siamo seri, (le probabilità di vittoria) sono talmente scarse da delineare una delle imprese di questo torneo. Siamo meno precisi al piede (85% di O'Gara vs. 63% di Mirco B. ai Mondiali prima di questa partita), con meno risorse d'attacco e una difesa nettamente peggiore (59 punti subiti contro 28 dell'Irlanda, otto mete subite contro tre); la vittoria dell'Italia è pagata più di 5:1, quella dell'Irlanda poco più del pari, l'handicap che ci danno i bookmaker è 12 punti. Speriamo non vinca il migliore, direbbe Nereo Rocco".
Nel rugby non si può far melina, in campo ogni team ottiene secondo quello che veramente ha da dare. Perché allora adesso si dovrebbe fare il processo a ragazzi e coach? E' andata come doveva andare, macchè errori macchè omissioni; chi s'era illuso, non ha che da piangere se stesso. E' andata ancora peggio, 30 punti di distacco anzichè i 12 previsti, ma il fatto resta: non è stato un crollo, tutto il contrario, sarebbe servita un'impresa che non è arrivata. E dire che c'è modo e modo di perdere, scusate lo troviamo barocco come modo di pensare: c'è un solo modo di perdere, arrivar secondi su due.
Vediamo piuttosto di offrire un contributo all'analisi oggettiva dei fatti in campo.
- L'illusione della "rupture italienne" dura un minuto: partiamo bene, guadagnamo metri, calcetto di Semenzato, loro allargano sulla sinistra, parte Rory Best che viene imbragato da Ghiraldini e Geldenhuys, tenuto in piedi e sbattuto indietro in un perfetto "choke tackle" con turnover guadagnato! Resterà l'unico nella partita, da una parte e dall'altra. Per via della mischia ordinata, su cui scopriremo immediatamente di non poter far pieno affidamento. Neppure loro ma già sapevano, difatti rinunciano al choke; sono gli Azzurri a ritrovarsi senza una delle (poche) armi - la mischia non il choke.
- La tanto vituperata "difesa attendista" regge bene nel primo tempo, pur con qualche brivido - e vorrei anche vedere! Davanti abbiamo un bel po' di Lions 2009, mica Ostrouskho o Emerick, con tutto il rispetto. Loro invece fiondano O'Brien e i centri addosso ai nostri portatori di palla oltre la linea del vantaggio. Ma è arma a doppio taglio: al 18' basta un passaggetto veloce a lato di Orquera che se ne avvede, O'Driscoll con O'Gara saliti in pressione sono tagliati fuori. La ferita è profonda e Masi guadagna la linea dei 22metri. Per il nostro livello meglio lasciar perdere: a parte che servirebbe una "solidità più solida" al centro e "spie" scafate ai lati, la difesa montante la si usi solo in casi particolari. Diverso sarà nel secondo tempo, quando gli Azzurri, in particolare la terza linea a questo deputata, perderanno tutte le battaglie nel breakdown: è la causa della perdita di metri e non l'effetto, così come la difesa attendista è vittima e non causa della perdita dello scontro nei punti di contatto.
- La rimessa laterale che tanto preoccupava regge bene, ovviamente su nostro lancio. Ancorandoci ad essa non siamo passivi, ogni rara volta che ci affacciamo nella loro metà campo portiamo a casa il macinato, finale del primo tempo a parte: due punizioni trasformate e un palo di Mirco Bergamasco, contro tre e un palo di Ronan O'Gara.
- La disciplina: i nostri non sono sereni, come sempre arrivano troppo carichi, lo si vedeva dalle facce durante gli inni. I falli che gli Azzurri concedono a ogni incursione sono evitabili: cadute in provocazioni, fuorigioco in una difesa attendista (quasi un controsenso), ostruzione. Perdiamo un sacco di metri per niente. Ma tutto sommato ci sta: c'è un certo equilibrio in campo, anche le provocazioni Irish sono viste dall'arbitro Kaplan che conosce quei polli.
- Arriva il momento topico della partita: poco prima del ventesimo minuto gli Azzurri vanno in "quasi meta" due volte in fila, arrivando sulla linea con una maul e con Castrogiovanni. Dall'azione apparentemente guadagnano tre punti per il sei pari, nella realtà ne abbiam persi quattro e in più la cosa costa l'infortunio a Castrogiovanni, costretto ad uscire 10 minuti dopo. L'Italia sarà costretta dalla mezz'ora a schierare due loosehead, uno (Perugini) adattato tighthead. Inizierà la sofferenza.
- Eppure in un modo o nell'altro si regge fino alla fine del primo tempo. La partita da un punto di vista tattico è come s'era preventivato: loro sono bravi a tenerci confinati nella nostra metà campo - 64% di dominio territoriale irlandese; noi rispondiamo con un 57% di possesso, garantito non dalla mischia ordinata nè dall'aggressività sui punti di incontro, ma dal controllo in rimessa.
- Alla fine del tempo il secondo momento topico: uno stupido fallo di reazione di Mauro Bergamasco (e/o Perugini), spinge Kaplan a invertire la punizione guadagnata dall'ultima maul Azzurra perfetta. Era il nove pari in caso di calcio, forse qualcosina in più osando la rimessa laterale.
Il secondo tempo è disastroso, tanto da non avere alcun senso vedere le statistiche: basta la potente analogia con la gara contro l'Australia, un parziale di 26-0 allora, uno di 27-0 stavolta. La difesa attendista c'entra poco, così come "il carattere", punto dolente secondo Dondi e impressione comune sottotraccia a tutto il milieu dei commentatori alle vongole. Il punto è che nel secondo tempo la terza linea irlandese ci assale al breakdown: fosse pugilato, ci chiudono all'angolo, visto che Dondi ama le analogie di combattimento: lì hai poco da appellarti al carattere! E' una accelerazione visibile, poderosa, pianificata: all'attacco, basta gioco tattico. A quel punto giocoforza, qualsiasi difesa attendista si ritrova inchiodata. I nostri avversari han studiato e copincollato Italia-Australia, evidentemente quello lì è il limite invalicabile per questa generazione di giocatori in questa fase e momento di forma. Fiato e forza: se li hai finiti, le "palle" non aiutano più di tanto, Rocky esiste solo al cinema.
Dal nove pari potenziale è 12-6 al 42'; quel che è peggio, non riusciamo più ad affacciarci oltre metà campo, siamo noi a calciar via in affanno e dar loro le rimesse. Al 45' O'Gara prova il drop, sbagliandolo. Un minuto dopo c'è un classico taglio dell'ala chiusa su rimessa laterale propria: il mediano serve Tommy Bowe che sonda l'improponibile a questi livelli Bocchino, entrato al posto di Orquera concusso. L'ala in verde gira intorno al nostro, piantandolo manco avesse dieci anni e 50 kg in meno; Canale e Garcia guardano avanti e quando arriva Benvenuti in scramble al posto loro, Bowe scarica su O'Driscoll libero in sostegno centrale per una meta da Terzo Mondo, tipo un paio di quelle prese dall'Australia. E' la brusca sveglia che suona la fine del sogno. Ancora una volta terminato nel mezzo del campo ma nella realtà qualche minuto prima in terza linea.
Non per caso Mauro Bergamasco vien subito rimpiazzato (è fine carriera, almeno Azzurra) ma Derbyshire non può far l'olandesino, tamponando da solo tutte le falle aperte. La barca italiana è priva del suo porto sicuro mischia ordinata che si prende solo fischi contro, con LoCicero messo in girotondo da Ross. Il resto è solo pura sofferenza e non val la pena di andare oltre con l'analisi; non è resa come afferma qualcuno, è semplice fine delle munizioni.
Siamo stati nettamente outplayed da una squadra più attrezzata, che ha fatto meglio di noi; hanno saputo identificare bene le falle Azzurre (difesa in mezzo al campo nel secondo tempo), han lavorato per neutralizzare i nostri punti di forza (mischia) ed esaltare i propri (breakdown) col timing giusto, senza esagerare i ritmi all'inizio come pensava Mallett. Han azzeccato in pieno il game plan e avuto quel pizzico di fortuna che aiuta i sicuri di sè e fugge lontano dagli ipertesi.
Se la sono vinta con ampio merito e sfoggio di superiorità - del resto tra noi e loro c'è lo stesso scarto in termini di ranking Irb che vantiamo nei confronti degli Usa. Tanto di cappello agli irlandesi arrivati al Mondiale sull'onda di pronostici negativi (nostro incluso), che invece han saputo mettere nel sacco i favoriti Australiani e surclassare senza troppi sforzi gli Azzurri - son bastati concentrazione per ottanta minuti, con quaranta di attrito e venti di accelerazione poderosa.
Quanto ai nostri, a compromettere un instabilissimo equilibrio è bastato un solo protagonista forzato ad estraniarsi dalla lotta (Castro.), ma anche fosse rimasto, l'esperienza fatta di secondi tempi con squadre forti non depone a nostro favore. Smettiamola quindi con le fanfaluche da pensionati della mancanza di spirito combattivo: l'Enrico Toti che poveretto tira addosso al nemico la sua stampella non vince lo stesso.
Possiamo solo recriminare sulle opportunità del primo tempo: una meta o due sfiorate al 20' e 40', entrambe con la maul (uguale rimessa laterale: grazie Van Zyl), che ci avrebbero esaltato, fatto stringere i denti e forse arrivare all'ultimo quarto con lo scarto di un break a sfavore. E' il più sfrenato dei sogni che riusciamo ad immaginare, date le forze in campo.
Errori dei giocatori italiani? Han dato quel che potevano, da Mauro a Andrea passando per Martin, secondo capacità e stato di forma: Masi in particolare, unica variante imprevedibile nel nostro gioco d'attacco, non è certo stato quello ammirato dall'Europa nel Sei Nazioni.
Errori di Mallet nella preparazione della partita? Dalle mie parti si dice, chi non fa non sbaglia. Ha preso la sua scelta, cioè schierare quelli che avevano la pendenza coi Trifogli dai tempi del Flaminio.
Barbieri e Sgarbi in campo avrebbero cambiato la partita? Forse avrebbero venduto più cara la pelle, forse avrebbero avvicinato la previsione degli esperti utilizzati dai bookmaker, che definivano in 12 punti a favore irlandese il divario tra le due Nazionali. McLean? Come sopra, far più del Masi odierno non era francamente difficile.
I veri errori di Mallett partono da lontanissimo: l'aver perso i primi due anni prima di delineare ed eseguire un progetto credibile, l'aver scartato tempo addietro Carlos Nieto, il titolare dei Saracens campioni di Premiership, unica alternativa di livello a Castro a destra in prima linea; non aver coltivato e inglobato nel progetto quel poco di aperture che eran da sbozzare anni fa (Marcato, McLean) e fino a ier l'altro (Burton), puntando tutto su Craig Gower ma rimanendo troppo buono quando la Fir e non gli Aironi l'ha mollato (indimenticabile Dondi: "Meglio così"), avallando miopi politichette accademico- federali sulle SUE convocazioni, sulla SUA pelle.
E' stato tutto sommato un modo molto signorile e sottile di esporre, a chi sa leggere le situazioni in campo, a che livelli di ridicolaggine possa portare la prosopopea di quelli che, come disse Mallett in uno sfogo molto veritiero, "di rugby non capiscono un biiip". Dispiace solo ci sia di mezzo l'umiliazione di un bravo fiol che passava di lì per caso, schierato all'apertura.
Tant'è, ora è finita, la Nazionale e il suo coach se ne tornano alle rispettive case, tra le dodici che non ce la fanno ma anche avendo riguadagnato un posto tra le sedici che non dovranno sudarsi l'accesso al prossimo Mondiale di Londra 2015. Eì il minimo direte, ma per quel che passa il convento va bene così. Tornano a testa alta - non ascoltate i "lievremont de'noantri" che li accusano di non aver palle - col cuore infranto e l'animo svuotato dopo averlo ipercaricato. Siam sempre lì da anni, knock knock knocking on Heaven's Doors ma privi della forze e della credibilità per farci aprire.
Se la nazionale va a casa, i vertici federali ovviamente nemmen ci pensano: dopotutto non si son mai mossi di qui - un bel segnale di fede!
Anche noi, per quanto ci concerne, a casa c'eravamo già, quindi rimarremo sul pezzo Mondiale con lo stesso entusiasmo e curiosità di prima: dopotutto nel popolo degli appassionati del rugby, ammaestrato da anni annorum di vacche magre, quasi tutti hanno un pezzettino di cuore riservato a una "nazionale B" tra quelle Grandi da tifare ...
Vorrete allora scusare la auto-citazione: "Aldilà delle illusioni, siamo seri, (le probabilità di vittoria) sono talmente scarse da delineare una delle imprese di questo torneo. Siamo meno precisi al piede (85% di O'Gara vs. 63% di Mirco B. ai Mondiali prima di questa partita), con meno risorse d'attacco e una difesa nettamente peggiore (59 punti subiti contro 28 dell'Irlanda, otto mete subite contro tre); la vittoria dell'Italia è pagata più di 5:1, quella dell'Irlanda poco più del pari, l'handicap che ci danno i bookmaker è 12 punti. Speriamo non vinca il migliore, direbbe Nereo Rocco".
Nel rugby non si può far melina, in campo ogni team ottiene secondo quello che veramente ha da dare. Perché allora adesso si dovrebbe fare il processo a ragazzi e coach? E' andata come doveva andare, macchè errori macchè omissioni; chi s'era illuso, non ha che da piangere se stesso. E' andata ancora peggio, 30 punti di distacco anzichè i 12 previsti, ma il fatto resta: non è stato un crollo, tutto il contrario, sarebbe servita un'impresa che non è arrivata. E dire che c'è modo e modo di perdere, scusate lo troviamo barocco come modo di pensare: c'è un solo modo di perdere, arrivar secondi su due.
Vediamo piuttosto di offrire un contributo all'analisi oggettiva dei fatti in campo.
- L'illusione della "rupture italienne" dura un minuto: partiamo bene, guadagnamo metri, calcetto di Semenzato, loro allargano sulla sinistra, parte Rory Best che viene imbragato da Ghiraldini e Geldenhuys, tenuto in piedi e sbattuto indietro in un perfetto "choke tackle" con turnover guadagnato! Resterà l'unico nella partita, da una parte e dall'altra. Per via della mischia ordinata, su cui scopriremo immediatamente di non poter far pieno affidamento. Neppure loro ma già sapevano, difatti rinunciano al choke; sono gli Azzurri a ritrovarsi senza una delle (poche) armi - la mischia non il choke.
- La tanto vituperata "difesa attendista" regge bene nel primo tempo, pur con qualche brivido - e vorrei anche vedere! Davanti abbiamo un bel po' di Lions 2009, mica Ostrouskho o Emerick, con tutto il rispetto. Loro invece fiondano O'Brien e i centri addosso ai nostri portatori di palla oltre la linea del vantaggio. Ma è arma a doppio taglio: al 18' basta un passaggetto veloce a lato di Orquera che se ne avvede, O'Driscoll con O'Gara saliti in pressione sono tagliati fuori. La ferita è profonda e Masi guadagna la linea dei 22metri. Per il nostro livello meglio lasciar perdere: a parte che servirebbe una "solidità più solida" al centro e "spie" scafate ai lati, la difesa montante la si usi solo in casi particolari. Diverso sarà nel secondo tempo, quando gli Azzurri, in particolare la terza linea a questo deputata, perderanno tutte le battaglie nel breakdown: è la causa della perdita di metri e non l'effetto, così come la difesa attendista è vittima e non causa della perdita dello scontro nei punti di contatto.
- La rimessa laterale che tanto preoccupava regge bene, ovviamente su nostro lancio. Ancorandoci ad essa non siamo passivi, ogni rara volta che ci affacciamo nella loro metà campo portiamo a casa il macinato, finale del primo tempo a parte: due punizioni trasformate e un palo di Mirco Bergamasco, contro tre e un palo di Ronan O'Gara.
- La disciplina: i nostri non sono sereni, come sempre arrivano troppo carichi, lo si vedeva dalle facce durante gli inni. I falli che gli Azzurri concedono a ogni incursione sono evitabili: cadute in provocazioni, fuorigioco in una difesa attendista (quasi un controsenso), ostruzione. Perdiamo un sacco di metri per niente. Ma tutto sommato ci sta: c'è un certo equilibrio in campo, anche le provocazioni Irish sono viste dall'arbitro Kaplan che conosce quei polli.
- Arriva il momento topico della partita: poco prima del ventesimo minuto gli Azzurri vanno in "quasi meta" due volte in fila, arrivando sulla linea con una maul e con Castrogiovanni. Dall'azione apparentemente guadagnano tre punti per il sei pari, nella realtà ne abbiam persi quattro e in più la cosa costa l'infortunio a Castrogiovanni, costretto ad uscire 10 minuti dopo. L'Italia sarà costretta dalla mezz'ora a schierare due loosehead, uno (Perugini) adattato tighthead. Inizierà la sofferenza.
- Eppure in un modo o nell'altro si regge fino alla fine del primo tempo. La partita da un punto di vista tattico è come s'era preventivato: loro sono bravi a tenerci confinati nella nostra metà campo - 64% di dominio territoriale irlandese; noi rispondiamo con un 57% di possesso, garantito non dalla mischia ordinata nè dall'aggressività sui punti di incontro, ma dal controllo in rimessa.
- Alla fine del tempo il secondo momento topico: uno stupido fallo di reazione di Mauro Bergamasco (e/o Perugini), spinge Kaplan a invertire la punizione guadagnata dall'ultima maul Azzurra perfetta. Era il nove pari in caso di calcio, forse qualcosina in più osando la rimessa laterale.
Il secondo tempo è disastroso, tanto da non avere alcun senso vedere le statistiche: basta la potente analogia con la gara contro l'Australia, un parziale di 26-0 allora, uno di 27-0 stavolta. La difesa attendista c'entra poco, così come "il carattere", punto dolente secondo Dondi e impressione comune sottotraccia a tutto il milieu dei commentatori alle vongole. Il punto è che nel secondo tempo la terza linea irlandese ci assale al breakdown: fosse pugilato, ci chiudono all'angolo, visto che Dondi ama le analogie di combattimento: lì hai poco da appellarti al carattere! E' una accelerazione visibile, poderosa, pianificata: all'attacco, basta gioco tattico. A quel punto giocoforza, qualsiasi difesa attendista si ritrova inchiodata. I nostri avversari han studiato e copincollato Italia-Australia, evidentemente quello lì è il limite invalicabile per questa generazione di giocatori in questa fase e momento di forma. Fiato e forza: se li hai finiti, le "palle" non aiutano più di tanto, Rocky esiste solo al cinema.
Dal nove pari potenziale è 12-6 al 42'; quel che è peggio, non riusciamo più ad affacciarci oltre metà campo, siamo noi a calciar via in affanno e dar loro le rimesse. Al 45' O'Gara prova il drop, sbagliandolo. Un minuto dopo c'è un classico taglio dell'ala chiusa su rimessa laterale propria: il mediano serve Tommy Bowe che sonda l'improponibile a questi livelli Bocchino, entrato al posto di Orquera concusso. L'ala in verde gira intorno al nostro, piantandolo manco avesse dieci anni e 50 kg in meno; Canale e Garcia guardano avanti e quando arriva Benvenuti in scramble al posto loro, Bowe scarica su O'Driscoll libero in sostegno centrale per una meta da Terzo Mondo, tipo un paio di quelle prese dall'Australia. E' la brusca sveglia che suona la fine del sogno. Ancora una volta terminato nel mezzo del campo ma nella realtà qualche minuto prima in terza linea.
Non per caso Mauro Bergamasco vien subito rimpiazzato (è fine carriera, almeno Azzurra) ma Derbyshire non può far l'olandesino, tamponando da solo tutte le falle aperte. La barca italiana è priva del suo porto sicuro mischia ordinata che si prende solo fischi contro, con LoCicero messo in girotondo da Ross. Il resto è solo pura sofferenza e non val la pena di andare oltre con l'analisi; non è resa come afferma qualcuno, è semplice fine delle munizioni.
Siamo stati nettamente outplayed da una squadra più attrezzata, che ha fatto meglio di noi; hanno saputo identificare bene le falle Azzurre (difesa in mezzo al campo nel secondo tempo), han lavorato per neutralizzare i nostri punti di forza (mischia) ed esaltare i propri (breakdown) col timing giusto, senza esagerare i ritmi all'inizio come pensava Mallett. Han azzeccato in pieno il game plan e avuto quel pizzico di fortuna che aiuta i sicuri di sè e fugge lontano dagli ipertesi.
Se la sono vinta con ampio merito e sfoggio di superiorità - del resto tra noi e loro c'è lo stesso scarto in termini di ranking Irb che vantiamo nei confronti degli Usa. Tanto di cappello agli irlandesi arrivati al Mondiale sull'onda di pronostici negativi (nostro incluso), che invece han saputo mettere nel sacco i favoriti Australiani e surclassare senza troppi sforzi gli Azzurri - son bastati concentrazione per ottanta minuti, con quaranta di attrito e venti di accelerazione poderosa.
Quanto ai nostri, a compromettere un instabilissimo equilibrio è bastato un solo protagonista forzato ad estraniarsi dalla lotta (Castro.), ma anche fosse rimasto, l'esperienza fatta di secondi tempi con squadre forti non depone a nostro favore. Smettiamola quindi con le fanfaluche da pensionati della mancanza di spirito combattivo: l'Enrico Toti che poveretto tira addosso al nemico la sua stampella non vince lo stesso.
Possiamo solo recriminare sulle opportunità del primo tempo: una meta o due sfiorate al 20' e 40', entrambe con la maul (uguale rimessa laterale: grazie Van Zyl), che ci avrebbero esaltato, fatto stringere i denti e forse arrivare all'ultimo quarto con lo scarto di un break a sfavore. E' il più sfrenato dei sogni che riusciamo ad immaginare, date le forze in campo.
Errori dei giocatori italiani? Han dato quel che potevano, da Mauro a Andrea passando per Martin, secondo capacità e stato di forma: Masi in particolare, unica variante imprevedibile nel nostro gioco d'attacco, non è certo stato quello ammirato dall'Europa nel Sei Nazioni.
Errori di Mallet nella preparazione della partita? Dalle mie parti si dice, chi non fa non sbaglia. Ha preso la sua scelta, cioè schierare quelli che avevano la pendenza coi Trifogli dai tempi del Flaminio.
Barbieri e Sgarbi in campo avrebbero cambiato la partita? Forse avrebbero venduto più cara la pelle, forse avrebbero avvicinato la previsione degli esperti utilizzati dai bookmaker, che definivano in 12 punti a favore irlandese il divario tra le due Nazionali. McLean? Come sopra, far più del Masi odierno non era francamente difficile.
I veri errori di Mallett partono da lontanissimo: l'aver perso i primi due anni prima di delineare ed eseguire un progetto credibile, l'aver scartato tempo addietro Carlos Nieto, il titolare dei Saracens campioni di Premiership, unica alternativa di livello a Castro a destra in prima linea; non aver coltivato e inglobato nel progetto quel poco di aperture che eran da sbozzare anni fa (Marcato, McLean) e fino a ier l'altro (Burton), puntando tutto su Craig Gower ma rimanendo troppo buono quando la Fir e non gli Aironi l'ha mollato (indimenticabile Dondi: "Meglio così"), avallando miopi politichette accademico- federali sulle SUE convocazioni, sulla SUA pelle.
E' stato tutto sommato un modo molto signorile e sottile di esporre, a chi sa leggere le situazioni in campo, a che livelli di ridicolaggine possa portare la prosopopea di quelli che, come disse Mallett in uno sfogo molto veritiero, "di rugby non capiscono un biiip". Dispiace solo ci sia di mezzo l'umiliazione di un bravo fiol che passava di lì per caso, schierato all'apertura.
Tant'è, ora è finita, la Nazionale e il suo coach se ne tornano alle rispettive case, tra le dodici che non ce la fanno ma anche avendo riguadagnato un posto tra le sedici che non dovranno sudarsi l'accesso al prossimo Mondiale di Londra 2015. Eì il minimo direte, ma per quel che passa il convento va bene così. Tornano a testa alta - non ascoltate i "lievremont de'noantri" che li accusano di non aver palle - col cuore infranto e l'animo svuotato dopo averlo ipercaricato. Siam sempre lì da anni, knock knock knocking on Heaven's Doors ma privi della forze e della credibilità per farci aprire.
Se la nazionale va a casa, i vertici federali ovviamente nemmen ci pensano: dopotutto non si son mai mossi di qui - un bel segnale di fede!
Anche noi, per quanto ci concerne, a casa c'eravamo già, quindi rimarremo sul pezzo Mondiale con lo stesso entusiasmo e curiosità di prima: dopotutto nel popolo degli appassionati del rugby, ammaestrato da anni annorum di vacche magre, quasi tutti hanno un pezzettino di cuore riservato a una "nazionale B" tra quelle Grandi da tifare ...
4 commenti:
Analisi precisa al 100% ! Grazie.
Grazie a te!
Ottimo articolo !
Tnxs!
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