Do the right thing
Interrompiamo le trasmissioni di coppa per un annuncio straordinario ... No, non è successo niente, non esageriamo. Però crediamo che una parte delle dichiarazioni di Jaques Brunel tra quelle riportate dall'Ansa venerdì scorso meriti di essere sottolineata: la troviamo rivoluzionaria nel suo piano buon senso.
Il ct. della nazionale italiana di rugby afferma:"Per quanto riguarda il Pro12 (la Celtic League n.d.r.), credo che per la nazionale sia importante che le squadre italiane siano competitive in questo torneo. I successi della Benetton sono importanti, è fondamentale che anche gli Aironi ottengano un maggior numero di risultati positivi. Vogliamo collaborare il più possibile con loro per far sì che questo accada".
Ripetiamo, dandoci dei pizzicotti per assicurarci che non stiamo sognando: alla Nazionale servono i successi della Benetton, non solo che gli tenga "caldi" gli Azzurri, così come è importante aiutare gli Aironi a vincere di più, non solo usare la franchigia padana come parking lot per stimati veterani a fine carriera e prospetti dalla maturazione un po' ritardata.
Si tratta di una autentica rivoluzione copernicana, un rovesciamento del riduttivo statement of a Mission pronunciato a inizio anno dal Presidente Dondi: "Le italiane in Celtic? Devono servire a sviluppare atleti per la Nazionale, sennò che le abbiamo mandate a fare?". Ne siamo quasi commossi: nel nostro piccolo da sempre ripetiamo che il successo dei club innesca quello della Nazionale, non il viceversa. Sulla scorta dell'evidenza di dodici anni di ultimi posti al Sei Nazioni.
Un paio di mesi spesi proficuamente in giro per spalti e spogliatoi, ora il nuovo ct enuncia questo netto cambio di approccio, che potrebbe inaugurare finalmente un nuovo corso tra Federazione/Nazionale e vertice del movimento più sensato, collaborativo, fecondo. Brunel non sta trascurando nemmeno l'altra "gamba" del movimento: son sintomatiche le visite del ct in lungo e in largo nell'Eccellenza, sfociate in alcune convocazioni. Basta compartimenti stagni, vòlti a tenere in piedi certe parrocchiette e portinerie, pare il messaggio che giunge dall'omino del SudOuest che tranquillo ma deciso, sulle strategie di sviluppo ha preso in parola il Dondi: "Farà lui, io non ci metterò (più) bocca" (parentesi nostra).
Un segnale certo di affermazione di questo nuovo clima sarebbe il rapido svaporare delle querelle tra Benetton e Federazione su stranieri e equiparati, come quelle sui contratti degli italiani di interesse nazionale. Basta rigidità stile "siete liberi di esser d'accordo con noi, sennò fuori".
Anche le altre risposte del coach trasudano solido buonsenso. Ad esempio informa di non attendere gran cambiamenti nel prossimo Sei Nazioni (anche per le antagoniste, "il tempo a disposizione dopo Nuova Zelanda 2011 è poco per apportare stravolgimenti"). Nè in termini di gioco nè tantomeno di protagonisti, capitano incluso: "Se Parisse avrà ancora voglia di farlo, resterà lo skipper della Nazionale". Bocce ferme, almeno per adesso.
Questo con buona pace dei tanti, dentro e fuori Fir, ansiosi di eliminare ogni traccia del vituperato Nick Mallett; in particolare quelli ancora offesi per quel suo aver osato dire la verità, riguardo alla competenza media degli addetti ai lavori italici.
Nonostante la conferma di continuità almeno momentanea, molti si sono concentrati a strologare sul nuovo corso Bruneliano, titolato "maggior equilibrio tra reparti". Brunel chiarisce: "Cercheremo di proporre un gioco maggiormente equilibrato tra avanti e trequarti. Il pack italiano resta un punto di forza importante, dobbiamo dare maggior peso anche al gioco della linea arretrata".
A noi non pare ciò riguardi specifiche fasi o tattiche d'attacco o difesa. Ci pare piuttosto un principio "soft", una linea guida generale, che diventa criterio di selezione. In sostanza il coach informa che è finito per i trequarti Azzurri la scusa del sentirsi "figli di un dio minore", in secondo piano rispetto al pack. Chi vorrà far parte del nuovo progetto nazionale, dovrà essere in grado di assumersi la responsabilità di salire al livello degli avanti, in termini di peso relativo nell'economia del gioco (indifferentemente d'attacco e difesa); in cambio, non ci sarà nessuna "sfiducia preventiva", nessun fucile puntato da parte del coaching team.
Anche la risposta di Brunel alle inevitabili domande sull'apertura (ah, gli eterni orfani di Diego Dominguez ) è utile per illuminare il concetto. Il coach non scuote la testa sconfortato: dopotutto è un francese, là il gioco si fa più in mediana che all'apertura. Non fa nomi, enuncia anche qui criteri di impostazione del gioco che diventano indicazioni per la selezione:
" E' un ruolo difficile, di grande responsabilità, dove la capacità di prendere la decisione giusta è fondamentale. Io ho avuto il privilegio nella mia carriera di allenare Dan Carter, il numero 10 più completo del panorama internazionale. Posso dire che un grande numero dieci deve essere in grado, su quaranta scelte di gioco possibili nel corso di una partita, di fare la scelta giusta per la squadra trentacinque volte".
Do the right thing, come diceva il vecchio saggio a Mookie nel film omonimo di Spike Lee. Non vale solo per l'apertura. Significa esser propositivi e confidenti, attenzione però, essendo pronti a pagare lo scotto di un maggior numero di errori (quantificato 5 su 40, cioè un tollerante 12%). E' diverso dal "do the things right" cioè primo non sbagliare, leit motif dell'era Mallettiana che ha fatto indubbiamente crescere gli Azzurri sul piano della concentrazione per ottanta minuti, ma che li ha anche ingessati. Staremo a vedere.
Il ct. della nazionale italiana di rugby afferma:"Per quanto riguarda il Pro12 (la Celtic League n.d.r.), credo che per la nazionale sia importante che le squadre italiane siano competitive in questo torneo. I successi della Benetton sono importanti, è fondamentale che anche gli Aironi ottengano un maggior numero di risultati positivi. Vogliamo collaborare il più possibile con loro per far sì che questo accada".
Ripetiamo, dandoci dei pizzicotti per assicurarci che non stiamo sognando: alla Nazionale servono i successi della Benetton, non solo che gli tenga "caldi" gli Azzurri, così come è importante aiutare gli Aironi a vincere di più, non solo usare la franchigia padana come parking lot per stimati veterani a fine carriera e prospetti dalla maturazione un po' ritardata.
Si tratta di una autentica rivoluzione copernicana, un rovesciamento del riduttivo statement of a Mission pronunciato a inizio anno dal Presidente Dondi: "Le italiane in Celtic? Devono servire a sviluppare atleti per la Nazionale, sennò che le abbiamo mandate a fare?". Ne siamo quasi commossi: nel nostro piccolo da sempre ripetiamo che il successo dei club innesca quello della Nazionale, non il viceversa. Sulla scorta dell'evidenza di dodici anni di ultimi posti al Sei Nazioni.
Un paio di mesi spesi proficuamente in giro per spalti e spogliatoi, ora il nuovo ct enuncia questo netto cambio di approccio, che potrebbe inaugurare finalmente un nuovo corso tra Federazione/Nazionale e vertice del movimento più sensato, collaborativo, fecondo. Brunel non sta trascurando nemmeno l'altra "gamba" del movimento: son sintomatiche le visite del ct in lungo e in largo nell'Eccellenza, sfociate in alcune convocazioni. Basta compartimenti stagni, vòlti a tenere in piedi certe parrocchiette e portinerie, pare il messaggio che giunge dall'omino del SudOuest che tranquillo ma deciso, sulle strategie di sviluppo ha preso in parola il Dondi: "Farà lui, io non ci metterò (più) bocca" (parentesi nostra).
Un segnale certo di affermazione di questo nuovo clima sarebbe il rapido svaporare delle querelle tra Benetton e Federazione su stranieri e equiparati, come quelle sui contratti degli italiani di interesse nazionale. Basta rigidità stile "siete liberi di esser d'accordo con noi, sennò fuori".
Anche le altre risposte del coach trasudano solido buonsenso. Ad esempio informa di non attendere gran cambiamenti nel prossimo Sei Nazioni (anche per le antagoniste, "il tempo a disposizione dopo Nuova Zelanda 2011 è poco per apportare stravolgimenti"). Nè in termini di gioco nè tantomeno di protagonisti, capitano incluso: "Se Parisse avrà ancora voglia di farlo, resterà lo skipper della Nazionale". Bocce ferme, almeno per adesso.
Questo con buona pace dei tanti, dentro e fuori Fir, ansiosi di eliminare ogni traccia del vituperato Nick Mallett; in particolare quelli ancora offesi per quel suo aver osato dire la verità, riguardo alla competenza media degli addetti ai lavori italici.
Nonostante la conferma di continuità almeno momentanea, molti si sono concentrati a strologare sul nuovo corso Bruneliano, titolato "maggior equilibrio tra reparti". Brunel chiarisce: "Cercheremo di proporre un gioco maggiormente equilibrato tra avanti e trequarti. Il pack italiano resta un punto di forza importante, dobbiamo dare maggior peso anche al gioco della linea arretrata".
A noi non pare ciò riguardi specifiche fasi o tattiche d'attacco o difesa. Ci pare piuttosto un principio "soft", una linea guida generale, che diventa criterio di selezione. In sostanza il coach informa che è finito per i trequarti Azzurri la scusa del sentirsi "figli di un dio minore", in secondo piano rispetto al pack. Chi vorrà far parte del nuovo progetto nazionale, dovrà essere in grado di assumersi la responsabilità di salire al livello degli avanti, in termini di peso relativo nell'economia del gioco (indifferentemente d'attacco e difesa); in cambio, non ci sarà nessuna "sfiducia preventiva", nessun fucile puntato da parte del coaching team.
Anche la risposta di Brunel alle inevitabili domande sull'apertura (ah, gli eterni orfani di Diego Dominguez ) è utile per illuminare il concetto. Il coach non scuote la testa sconfortato: dopotutto è un francese, là il gioco si fa più in mediana che all'apertura. Non fa nomi, enuncia anche qui criteri di impostazione del gioco che diventano indicazioni per la selezione:
" E' un ruolo difficile, di grande responsabilità, dove la capacità di prendere la decisione giusta è fondamentale. Io ho avuto il privilegio nella mia carriera di allenare Dan Carter, il numero 10 più completo del panorama internazionale. Posso dire che un grande numero dieci deve essere in grado, su quaranta scelte di gioco possibili nel corso di una partita, di fare la scelta giusta per la squadra trentacinque volte".
Do the right thing, come diceva il vecchio saggio a Mookie nel film omonimo di Spike Lee. Non vale solo per l'apertura. Significa esser propositivi e confidenti, attenzione però, essendo pronti a pagare lo scotto di un maggior numero di errori (quantificato 5 su 40, cioè un tollerante 12%). E' diverso dal "do the things right" cioè primo non sbagliare, leit motif dell'era Mallettiana che ha fatto indubbiamente crescere gli Azzurri sul piano della concentrazione per ottanta minuti, ma che li ha anche ingessati. Staremo a vedere.

9 commenti:
my 2 cents. se lo lasciano fare, con questo qui si potrebbe vedere qualcosa di buono e qualcosa di bello. lo dicevate anche voi mesi fa, in fin dei conti il suo perpignan non era proprio la migliore del lotto, eppure e' arrivato in fondo allo stressantissimo top 14 due volte, una con il bouclier di brennus in mano.
ed appena se n'e' andato guardate ora dove sono i sang et or (pur con l'arrivo di hook, uno che a me non ha mai convinto al 100%, pur non ritenendolo un brocco)
poi, a sottolineare come l'abitudine a vincere sia contagiosa, nella stagione della vittoria del campionato, i catalani nel loro roster annoveravano un certo dan carter, anche se rotto: se si andasse a rileggere le dichiarazioni di allora di porical & co si capisce come anche solo la mentalita' di DC fosse diventata importante. non a caso lo han voluto con loro dalle semifinali in poi!
abr, mi sa che mallet non si riveriva a vi :-D
Ottimo, davvero. Spero che da latino (tanto) abbia già pronte le contromisure necessarie ad affrontare una "nostra" provata abilità: quella di trasformare l'Amarone in aceto con un mix di lusinghe, piaggeria, ricattini e minaccine. Il tentativo sarà fatto, a giorni mi aspetto una velata replica da parte di uno dei professionisti "battezzati" da Mallet. Un Dondi che si permette, non ricordo più se prima o dopo il Mondiale, di dire che Mallet tecnicamente va un pò aiutato (giuro) figurarsi se tiene la bocca chiusa a lungo. Certo che l'uomo canta bene.
elpigna, penso che brunel abbia saputo e potuto uscirsene da Perpinyà al momento giusto, riconoscendo la fine di un ciclo. Questo contrariamente alla società, che ha acquisito solo un supercampione dalle Lampados e non è che abbia immesso granché dal vivaio. Tanto che han già segato il suo successore.
Che poi sia uno che, sia a bordo campo che nello spogliatoio sappia il fatto suo e sappia quel che dice, non ci sono dubbi.
Mallett? No, non si riferiva a noi, intesi come comunità scrittori/lettori intercambiabile qui riunita.
Facile del resto capire a chi si riferisse, le code di paglia si sono incendiate tutte, immediatamente, qualcuna non s'è ancora spenta :)
Speriamo bene Nick. Speriamo che dopo l'inizio con un 6N "standard" (cambierà poco) unito a una maggior percentuale di errori, incoraggiata al fine di ottenere maggior propositività, non aumenti la pressione e le critiche, da parte di quelli che: "ma come si fa a perdere con Francia e Inghilterra", che son tanti ...
Quanto alla corte dei miracoli, per ora sta zitta e "collabora", sperando di mantenere il posto.
Fin che il gran capo (rinsaldato dalla conferma di Lapasset) sta zitto e mantiene l'impegno di non metterci bocca, la cosa reggerà.
Ovviamente, conoscendoci, l'apertura di credito durerà solo se arriveranno presto risultati. Come con Mallett: primo SeiNazioni ok grazie al drop di Marcato che batte la Scozia; già dopo il secondo, scricchiolii (anche per oggettive cappelle di un coach evidentemente poco sereno, forse litigava con la moglie, vedi Bergamauro mediano); poi al terzo, inizio sfiducie e penultimatum.
Paradossalmente, nello stesso momento invece i giocatori, pardon i "senatori", decidevano di dar pieno credito e collaborazione all'anglo sudafricano, dopo due anni di loro grattate di testa.
Del resto, nelle lande prive di prospettive strategiche, o porti risultati subito o ti rassegni al polverone alzato dai pensionati che guardano i lavori del cantiere.
Sì sì, cappelle ne ha fatte, ci mancherebbe. Non devono esserci equivoci su questo, anche se poi parecchi ci hanno marciato per dare lezioncine dall'alto di... niente. Della serie, il fatto che LUI sbagli fa guadagnare punti a ME. Diciamo che allenarci non dev'essere un buon viatico per la serenità, quindi mi aspetto senza angosce che qualche macacata la faccia anche JB (suona bene, lo candido a nomignolo ufficiale ma deve meritarselo). Speriamo di essere in tanti a prenderla con flemma. Piuttosto, anch'io ho notato l'interesse del nostro per il campionato d'Eccellenza; molto buon segno, secondo me, perchè e parecchi dirigenti-allenatori-giocatori di quel giro stanno (non da oggi) tirando i remi in barca davanti a 300 spettatori. Se in mezzo ai 300 c'è (spesso) il ct della Nazionale il discorso, per molti, cambia.
Molto d'accordo: che fa sbaglia, chi non fa ci marcia. Vale per tutti, JB incluso.
Che io chiamerei Pippo Santonastaso: da cultori del trash movie italia anni '80 (Evige Fenech, Montagnani, Banfi, Pierino etc.), è identico!
Ah ah ah è vero ci assomiglia parecchio!
va anche aggiunto che il terzo anno di Mallett era stato colpito dalle nuove regole sperimentali.
su Brunel, anche il suo ultimo anno a perpignan era stato bruttino. nonostante una squadra molto forte sulla carta, sia avanti che dietro.
se la FIR voleva un allenatore francese, allora ha fatto bene a prendere Brunel, che dei francesi è quello meno champagne. anche se adesso Loffreda va ad allenare gli USA, un pò mi fa pensare che forse avremmo dovuto prenderlo noi.
però ora c'è Brunel, e lasciamolo lavorare in pace, per almeno due anni. se francia e galles possono permettersi un paio d'anni di tranquillità, non capisco perchè noi dobbiamo vincere tutto e subito, senza averne neanche la capacità.
dobbiamo anche tenere presente che le aperture rimangono burton, orquera e bocchino. l'ottimo burton di questo inizio di stagione, e che io stimo, cmq non farebbe neanche la panchina nelle nazionali A del 6n. figuariamoci gli altri. è un pò dura, ma dobbiamo essere realisti sui nostri limiti per capire come cercare di superarli, o almeno coprirli.
Ah, Loffreda, antico nostro pallino!
Quando Brunel firmò, era ancora ingaggiato nel progettone TriNations argentino, forse è per quello.
Ma non credo sarebbe mai stato preso seriamante in considerazione, forse non siamo sufficientemente maturi da poterci permettere un allenatore gaucho: abbiamo sempre in testa che serva qualcuno col "rispetto incorporato", un francese o un anglosassone.
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